SDOGANATA LA PAROLACCIA? NO, SDOGANATA LA VOLGARITÀ

Parallelamente allo sbando, che ormai da tempo attraversa il Paese, in un declino senza via d’uscita, anche la lingua parlata, il linguaggio di tutti i giorni sta subendo un’involuzione irreversibile. Si discetta con sussiego di sdoganamento della parolaccia, ma il punto non è questo, non stiamo sdoganando le brutte parole, stiamo spalancando la bocca ad un profluvio di volgarità, stiamo limitando il vocabolario, in un corto circuito del cervello, all’uso ripetitivo di sconcezze buone a tutti gli usi ed in tutti i momenti. Ed in tutti gli strati della società. Lo fanno i politici, lo fanno i cantanti, lo fanno gli attori, lo fanno gli intellettuali, la tv, le radio … lo fanno persino i bambini. Un segnale di libertà, un segnale di emancipazione? No, solo un segnale di regressione, di ignoranza, di maleducazione debordante, che offendono anche la musicalità dell’italiano. Ormai a tutti sarà capitato di ascoltare colloqui di giovincelli che ogni tre parole, spesso sgrammaticate, si avvalgono di un vaffa …, di un cazz …, di uno stron … Se poi si aggiungono gli anglismi, le parole coniate ex novo (valga per tutte l’idiozia straripante sui media di “petaloso”), gli scritti delle chat e i balbettii di Twitter è facile pronosticare un de profundis per quella che è stata la lingua di Dante, dei poeti e dei santi. Allora l’italiano si risciacquava in Arno. Ora nell’inquinamento mentale (e non solo) imperante, un’operazione analoga appare impossibile, anche perché i fiumi sono cloache. Poiché l’inquinamento è ovunque, come la spazzatura, che dai cassonetti tracima sulle bocche e nelle menti. Occorrerebbe a questo punto un’operazione in stile “Salvate il soldato Ryan”. Un wwf come per le specie animali in via d’estinzione. Ma gli animali fanno sempre tenerezza. Persino più degli umani. Le parole no, anche se in principio fu il Verbo. Che tra un’oscenità e l’altra si bestemmia pure.

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