CARO CONTE NONOSTANTE TUTTO SIAMO CON-TE

Non avevo mai sentito parlare di Giuseppe Conte, quindi non posso esprimere un giudizio su di lui. Solo qualche sensazione sul suo discorso. A cominciare dal sorrisetto sghembo con cui si è presentato all’uscita dal lungo colloquio con Mattarella. Nervosismo o compiacimento? Certo l’emozione c’era come hanno dimostrato i frequenti errori di parola. Per il resto nulla di trascendentale.
Non conosco Conte, ma conosco i professori. Verso i quali in Italia c’è una forma di sottomissione culturale nemmeno fossero unti del Signore. Li si chiama al governo, li si chiama alla Rai, gli si genuflettono i media, li si chiama nei consigli di amministrazione, li si chiama dappertutto ed ovunque conferendogli patente di onniscienza nelle loro specifiche competenze e non solo. Li si sbandiera come fiori all’occhiello in una forma di sudditanza del pensiero. Come se fossero una particolare specie di non comuni mortali. Ma, ci si consenta, non è tutt’oro … In una forma mentis che spesso li accomuna. Anche se naturalmente non è il caso di fare di tutta un’erba un fascio.

1) Il professore in genere è fondamentalmente narciso. E la storia dei curriculum di Conte lo dimostra ancora una volta. I prof spesso sono affetti da un complesso di superiorità dovuto anche al fatto che hanno sempre a che fare con allievi apprendisti. E hanno nel dna l’insegnamento urbis et orbis.
2) I professori spesso si odiano fra loro ma reagiscono all’unisono come un branco se qualcuno osa attaccare la casta. Non a caso si parla di “baroni” per la loro altezzosità e per le vere e proprie dinastie familiari negli atenei.
3) I professori si valutano soprattutto sulla base della loro produzione scientifica con pubblicazioni seriali. Che sono il prodotto della ricerca e del lavoro nero di molti dei loro studenti. Quando non copiano senza citare. Senza contare che a quelle pubblicazioni hanno accesso solo loro.
4) I professori, fermo restando che sono eruditissimi, vivono per questo con una sorta di permanente paraocchi, che gli impedisce di confrontarsi con quello che contrasta con il loro specifico sapere. Per cui sono accaniti difensori dello status quo e non rischiano mai con la fantasia. Anche a dispetto dell’ evidenza.
5) I professori si riempiono la bocca di una presunta infallibile scientificità. Così che tutto ciò che di nuovo si affaccia a mettere in dubbio le loro convinzioni viene rigettato come fantasie di visionari o tacciato di falso.
6) I professori da scienziati dovrebbero essere figli del dubbio, ma sono aggrediti solo da certezze.

Credo che l’elenco, per quanto approssimativo, sia sufficiente a dimostrare che un professore (basta ricordare Monti) non sia la scelta più felice per guidare un Paese, che ha bisogno di una mano quanto mai elastica e di un surplus di creatività per riportare l’ Italia sulla retta via. Se poi Conte dovesse riuscirci i suoi meriti sarebbero ancora maggiori proprio in quanto professore. Per cui, nonostante tutto, nonostante abbia indossato le penne del pavone, nonostante abbia debuttato con qualche bugia, poiché l’ Italia sta scherzando con il fuoco non possiamo dire che: siamo Con-te.

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