GENOVA CUSTODISCE ANCHE IL SACRO GRAAL

Il culto delle reliquie nel medioevo aveva una profonda importanza spirituale e politica. Ai resti sacri dei santi o agli oggetti che in qualche modo furono protagonisti delle vicende del Cristo (il Graal o la lancia di Longino) venivano attribuiti poteri sovrannaturali e salvifici. Con le crociate, la ricerca di questi oggetti diventa un vera e propria caccia al tesoro.
Non mancava poi un mercato relativo ai resti di animali fantastici come l’unicorno, l’arpia, l’araba fenice e altri ancora. Il bestiario medievale forniva ai soldati mille e più occasioni per accreditare il ritrovamento di reperti che venivano poi rivenduti nei mercati occidentali.
Certo è che per alcuni oggetti, come nel caso del Graal, la coppa in cui bevve Gesù nell’ultima cena e dove Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue del Cristo ancora crocefisso, la leggenda diventò un culto che nel tempo si propagò arricchendo l’oggetto di plurimi significati si simbolici.
La storia, però, racconta che una delle prime reliquie che venne riconosciuta come il Graal, fu trovata proprio dai genovesi dopo la conquista di Cesarea. Si trattava di un piatto esagonale di color smeraldo poi denominato Sacro Catino. Secondo la tradizione si trattava di un piatto che, insieme al Graal, addobbò la tavola dell’ultima cena, contenendo l’agnello arrosto, piatto tipico della festa ebraica condito da erbe amare per ricordare la schiavitù in Egitto. Strano che il cittadino genovese Cristoforo Colombo, così’ intriso di misticismo e di fede cristiana non ne faccia mai un accenno.
Ma le vicende del sacro catino secondo le leggende risalivano ad ancora prima dell’ultima cena. Il materiale, ritenuto a lungo smeraldo, è in realtà pasta vetrosa ma per tutta l’antichità questo oggetto attrasse oltre che la venerazione del popolo anche quella egli illustri visitatori della Superba che non volevano perdersi la vista della sacra reliquia. La storia della sua consistenza di smeraldo ci permette di raccontare una leggenda ancora più antica. Lo smeraldo con cui sarebbe stato fabbricato il catino proverrebbe addirittura dalla corona di Lucifero. Caduto dal diadema del diavolo, un angelo lo avrebbe cesellato in catino e poi donato ad Adamo nel Paradiso Terrestre. Durante il “trasloco” il primo uomo con altre preoccupazioni per la testa, perde il vaso che però viene recuperato un migliaio di anni dopo da suo figlio Seth che ha la straordinaria possibilità di ritornare a vivere nel Paradiso Terrestre. Dopo diverse peripezie il catino verrebbe in possesso della regina di Saba che in seguito lo avrebbe poi donato a re Salomone.
Quest’ultimo lo avrebbe utilizzato soltanto alla ricorrenza della Pasqua per mangiarvi l’agnello e da qui si deducono le diverse simbologie che lo portano infine sul tavolo di Gesù per l’ultima cena. Il Sacro Catino entra così nella simbologia genovese anche se non appare direttamente. Il simbolo di Genova risalirebbe al 1139 e i due animali mitici metà leoni e metà aquile, ovvero i grifoni, comparirebbero a quel punto perché, secondo la tradizione, i fantastici animali avrebbero una predilezioni per questa pietra preziosa che custodirebbero con gelosia e attenzione.
Nel 1812 non bastarono i grifoni per evitare che la reliquia finisse nel bottino di Napoleone che lo volle esposto a Parigi. Negli anni successivi, con l’annessione di Genova al Regno di Sardegna, il Sacro Catino ritornò in patria, ma durante un viaggio andò in frantumi. La restaurazione comportò una prima analisi scientifica della reliquia, così si stabilì che la sua consistenza non era di smeraldo, ma di pasta vetrosa e le sue origini, comunque, erano antichissime. Un frammento del Sacro Catino è rimasto al Louvre, Francia.

decorazione

NEL MUSEO DEL DUOMO INTITOLATO A SAN LORENZO

Manifattura romana (I –V sec. d. C.) o araba (IX-X sec. d. C.), Sacro Catino, vetro verde. Emblema del museo, opera d’incerta datazione, ritenuto per tradizione il Santo Graal, ovvero il piatto
usato per consumare l’agnello pasquale durante l’Ultima Cena.
Considerato per secoli di smeraldo, si tratta invece di vetro verde soffiato in uno stampo, di forma esagonale, dotato di due manici laterali.
Secondo la maggior parte delle fonti il Catino è stato portato a Genova da Guglielmo Embriaco in seguito alla conquista di Cesarea nel 1101. Fu Jacopo da Varagine, arcivescovo di Genova nel XIII secolo e autore della Leggenda Aurea, che per primo gli attribuì una valenza religiosa, proponendo un parallelo fra il Catino e il Santo Graal, usato da Nicodemo per raccogliere il sangue di Cristo nel momento della morte. Nei secoli il Sacro Catino acquistò sempre più valore ed un alone di mistero lo avvolse, infatti non era possibile vederlo da vicino, prerogativa esclusiva di personaggi illustri. Tra questi ultimi vi fu Francesco Petrarca. Nel 1319 venne dato in pegno per far fronte alle necessità economiche del Governo Progettato da Franco Albini nel 1956, il Museo del Tesoro conserva inoltre nei suggestivi ambienti sotterranei in pietra grigia le opere più significative legate alla storia dell’Arcidiocesi e alle liturgie solenni della Cattedrale. La sistemazione conduce il visitatore a conoscere la storia di San Giovanni Battista (al quale dedicò il suo pontificato il cittadino genovese Giovanni Battista Cybo, Innocenzo VIII il papa “sponsor” e probabile padre di Colombo) attraverso una cappella contenente oggetti collegati al suo martirio (Piatto di Calcedonio di epoca imperiale romana nella foto) e la sua venerazione (Cassa processionale in oro, argento e smalti del XV secolo).

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