LE CONCHIGLIE SULLA TOMBA DI INNOCENZO VIII ALLUDONO ALL’OCEANO

Il simbolo della conchiglia è molto diffuso, fin dall’antichità, ma si moltiplica nelle immagini e nelle sculture al tempo di Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo (1484-1492). Al punto che compare ripetuta nella sua bellissima tomba del Pollaiolo in San Pietro. Un simbolo che conserveranno anche i suoi discendenti, come appare sulle finestre del Palazzo ducale di Massa dei Cybo Malaspina.

Nel pieno del Rinascimento anche il Botticelli la utilizzava per il capolavoro “La nascita di Venere”. La coquille Saint Jacques o capesante era inoltre il talismano e l’emblema dei pellegrini che si recavano a Compostela per la devozione ai resti di San Giacomo, lungo il cammino di Santiago. Oltre a comparire spesso nelle chiese, dove era usato come contenitore dell’acqua benedetta, l’acquasantiera. La conchiglia è evidente richiama il mare, forse meglio l’oceano, il pellegrinaggio lungo il campo delle stelle si concludeva alla finisterrae, l’ultima propaggine dell’Europa prima di precipitare nell’Atlantico. Per Innocenzo VIII, il pontefice che il Pastor, il massimo storico del papato, definisce “il papa marinaro” e visto che siamo ai tempi della partenza di Cristoforo Colombo, probabilmente la conchiglia nascondeva molti significati sottesi.

Ruggero Marino firma

conchiglia     Antonio del Pollaiolo Innocenzo VIII     Sandro Botticelli la nascita di venere

Compostela      Acquasantiera      Camino de Santiago 1769

Capesante

 

capesanteIl Pecten jacobaeus, comunemente chiamato capasanta, cappasanta, conchiglia di San Giacomo (coquille Saint Jacques in francese), conchiglia del pellegrino, o "scallop" in inglese, è un mollusco bivalve appartenente alla famiglia delle Pectinidae. Le due valve della capasanta hanno una struttura differente: quella inferiore, con cui l'animale si appoggia al fondo, è molto convessa e di colore chiaro, mentre quella superiore è più piana e di colore rosso-bruno. Sono unite tra di loro da una cerniera mobile provvista di 14 o 16 costole striate. Una curiosa particolarità delle capesante è che possiedono un paio di occhi catadiottrici, che funzionano cioè per riflessione, caratteristica molto rara in tutto il mondo animale. Mentre i giovani esemplari rimangono ancorati al fondo, le capesante adulte sanno muoversi a grandi velocità compiendo anche lunghi tratti attraverso una rapida apertura e chiusura delle valve. La capasanta raggiunge le dimensioni di 12-14 cm circa e i 18 anni d'età.

Origini del nome

Il nome capasanta risale al Medioevo, quando i sacerdoti la usavano per versare l'acqua santa sul capo di chi stava ricevendo il battesimo. Il suo secondo nome, conchiglia di San Giacomo o conchiglia del pellegrino, deriva dal fatto che, sempre in età medievale, i pellegrini che compivano il cammino di Santiago, una volta arrivati alla meta, il santuario di San Giacomo, appunto, legavano la conchiglia concava della capasanta al collo o al bastone.

Zone di diffusione della capasanta

Le capesante sono diffuse in tutto il Mar Mediterraneo ed anche nel Mar del Nord e nell'Atlantico orientale dove però si trova la specie Pecten maximus, leggermente più grande della Pecten jacobaeus, fino a 15 cm di diametro e con qualche costola in più. In Italia le capesante si trovano in tutti i mari a condizioni che i fondali siano arenosi o sabbiosi tra i 25 e i 200 metri di profondità.

Pesca ed allevamento della capasanta

La pesca delle capesante avviene principalmente nei mesi estivi con reti a strascico. Nel mar del Nord dove questo tipo di pesca potrebbe danneggiare i fondali, invece, sono i sommozzatori a pescare le capesante manualmente.

 

La conchiglia, storia di un simbolo anche cristiano

di Ilaria Sabbatini - Medievista.it

conchiglieSpesso capita nelle nostre chiese di vedere il simbolo della conchiglia riprodotto in varie situazioni pittoriche e decorative ma in modo del tutto particolare nelle acquasantiere. Queste occorrenza simbolica non è affatto casuale poiché la conchiglia ha rivestito per tutto il medioevo un significato proprio legato all’acqua ma anche alla resurrezione e quindi alla tomba. La polisemia della parola arca, termine derivato da arcēre, proteggere, è particolarmente adatta a spiegare la densità di significati che si raccoglie intorno alla figura-simbolo della conchiglia. Arca, infatti, è un semantema pertinente al sarcofago, alla cassa dove si ripongono gli oggetti preziosi (si pensi all’arca dell’alleanza) e all’imbarcazione biblica per eccellenza. Curiosamente, ma non troppo, arca è anche un genere di bivalvi comune in tutto il Mediterraneo catalogato con questo nome da Linneo (1758) per la sua forma che collega così l’immagine del sepolcro alla simbologia della conchiglia. La duplice valenza della conchiglia, emblema di fertilità e al contempo simbolo della tomba, trova spiegazione nel fatto che in entrambi i casi si tratta di un occultamento che prelude a un disvelamento secondo un punto di vista precedente anche all’avvento del pensiero cristiano. pescatori di perleSu tale substrato, come sempre avviene nei casi di tessiture simboliche così ricche e cangianti, il cristianesimo ha posto il suo impianto interpretativo facendo diventare il binomio conchiglia-sepolcro un emblema non solo di vita ma anche di redenzione. È evidente che il primo e più perfetto frutto della conchiglia-sepolcro, in un’ottica squisitamente cristiana, non può essere che il Cristo il quale è dunque perla di perfezione. Anche Giovanni, il figlio che aveva sussultato nel ventre materno al saluto di Maria, gode di un’iconografia che gli attribuisce la valva della conchiglia quale strumento di identificazione del suo ruolo di battista, ossia di precursore del Cristo-perla. Il Physiologus, primo bestiario cristiano a cui si ispireranno gli altri testi a venire, descrive il rapporto tra Giovanni e Cristo come simile a quello tra la perla e l’agata che, per la sue proprietà intrinseche, era utilizzata nella pesca delle conchiglie: ostrica che riceve i raggi del sole«Vi è una pietra che è chiamata agata: i cercatori di perle le trovano per mezzo della pietra d’agata; i pescatori infatti legano l’agata con un filo solidissimo e lo lasciano affondare in mare; e l’agata va verso la perla e non si muove più; allora i pescatori possono così seguire la fune e recuperare la perla»(Physiologus latinus, VIII sec., par. XXII). L’agata sta alla perla come Giovanni sta Gesù poiché come l’una pietra mostra l’altra, così il Battista rivela agli uomini il Salvatore.

Un passo del Tesoro di Brunetto Latini, peraltro ripreso dal suddetto Physiologus, descrive il comportamento della conchiglia: «Cochilla è un pesce di mare, lo quale sta chiuso con due ossa grosse, ed apre e chiude, e sta in fondo di mare, e la mattina e la sera viene a sommo, e toglie la rugiada. E poi sta al sole, e indurano alquanto queste gocciole della rugiada (…); poi quando sono cavate di queste cochille elle indurano e queste sono quelle che l’uomo chiama perle, le quali sono pietre di grande nobiltà, e specialmente in medicina; e come la rugiada è pura e netta, così sono le perle bianche e nette».

Ecco dunque che il simbolo che così spesso troviamo negli edifici sacri cristiani, ma non solo, prende senso alla luce della storia che ci ha preceduti e della sua interpretazione della natura. Anche se troppo spesso non ce ne rendiamo nemmeno conto.

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