COME UNO SCIAMANO COLOMBO FA ARRETRARE LA TROMBA D'ARIA

“Mai prima occhi avevano visto mari così grossi, arrabbiati e coperti di schiuma. Fummo costretti a rimanere al largo, in questo mare assetato di sangue, che ribolliva come una pentola posta su un fuoco assai caldo. Mai prima il cielo mi era parso più terrificante, e per un giorno e una notte interi si mostrò fiammeggiante come in una fornace. I lampi si susseguivano con tale furia e in modo così spaventoso che noi tutti pensammo che le navi sarebbero esplose. E durante tutto questo tempo l’acqua non cessò mai di cadere dal cielo”

Era il 16 luglio 1494 una spaventosa tromba d’aria stava per investire le navi di Colombo. La prosa è quella di un grande scrittore, altro che Amerigo Vespucci che si dice abbia avuto più fortuna proprio per le sue capacità letterarie.
Pregato dai marinai il navigatore, salito sulla prua, fra lo scrosciare dei lampi e della pioggia, prese la spada ed iniziò a “tagliare” la tempesta; con l’altra mano, impugnava un crocifisso mentre recitava le prime righe del Vangelo di San Giovanni. Pochi istanti e la tromba d’ aria arretrò per poi scomparire nel nulla.
Questa cronaca, che può risultare assurda anche al lettore desideroso di mistero, riproduce un rituale molto praticato sin dall’antichità. Il taglio delle trombe d’aria, che al Sud Italia prendono il nome, in dialetto, di “Cur’i Zifune” (letteralmente Code di Zifone-tifone), è una vera e propria tradizione antropologica, molto diffusa tra i pescatori e tra le cosiddette “magare” di campagna, quasi sempre contadine anziane, che ereditavano dalle loro madri la formula e la tecnica per domare i cicloni.
La leggenda delle “cur’i zifune” si tramanda ancor oggi in molte zone d’ Italia, in particolare in Sicilia, luogo storicamente legato alla gente di mare e alle sue leggende. La formula religiosa adoperata durante il taglio dei vortici, che, a seconda delle aree geografiche di riferimento, può essere dedicata a diversi santi o madonne, si tramanda rigorosamente durante la notte di Natale e solitamente è sempre una nonna a raccontare ai suoi nipoti ed eredi la preghiera. Questi, poi, la imparano a memoria, senza mai avere il permesso di trascriverla.
Nelle Isole Eolie, in particolare, la tradizione vuole che i coltelli da adoperare per tagliare le trombe siano di ossidiana nera, la tipica roccia vulcanica che l’Etna produce. Su You Tube è possibile trovare qualche video amatoriale di donne e anziani pescatori che narrano le proprie esperienze di fronte all’imminenza dell’uragano e all’uso strategico dei coltelli scaccia-coda.
Questione di fede o di scienza? In ogni caso, se in America, ancora oggi, esistono i cacciatori di tornado e i più noti siti meteorologici hanno dedicato intere pagine web alla storia di Cristoforo Colombo e delle tempeste, potrebbe esserci davvero un fondamento di realtà.

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