SIPARIO A SANREMO: I NUMERI VINCONO LO SPETTACOLO MENO

I numeri danno ragione ad un Festival straripante di luccichii, ma non di buona musica. Tanto meno di un intrattenimento dove spesso si annaspava nella noia, se non peggio. D’altronde il logo del Festival ricordava vagamente il covid 19. Amadeus per le cifre ha vinto ancora. E’ indubbiamente un bravo presentatore, preparato e buon dicitore. Le riserve nascono come direttore artistico. O c’è o ci fa. O è compagnone e veramente buonista di suo ad un livello inconsciamente sempre ruffiano o è una faina, che calcola la minima mossa per contrabbandare spesso un politicamente corretto stucchevole e stantio pur di dimostrarsi attento ai problemi e al sociale. Con in più l’insalata russa delle generazioni canore a vantaggio di un giovanilismo deludente. Senza contare che, in un momento in cui il Paese tira la cinghia, forse qualche scintillante smoking in meno sarebbe stato gradito, così come i primi piani puntuali alla moglie Giovanna ed al figlio, nemmeno il festival fosse ormai proprietà privata. Per cui fra canzoni deludenti e siparietti falliti non rimane che qualche rara chicca: il duetto fra Maria Chiara Giannetta e Maurizio Lastrico, il discorso di Sabrina Ferilli spontanea, vera, leggera e presentatasi senza fronzoli, il debordante entusiasmo suscitato dalla coppia Jovanotti-Morandi . A dimostrazione che non si può ignorare la vecchia guardia. La nuova per ora dà l’idea soprattutto che sotto il vestito niente. A parte che a volte non c’era nemmeno il vestito come per Rcomi(co) come le scollature delle donne piatte o le gambe a fenicottero di Rettore. Azzardiamo infine qualche previsione al di là dei risultati finali. Dovrebbero avere successo “Balla, balla “Ciao, ciao”, forse “Chimica”. Mentre personalmente abbiamo apprezzato Fabrizio Moro, anche se si atteggia troppo a Jhonny Depp. Sipario

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