Io non credo che Grillo, che sembra la caricatura del pinocchiesco grillo parlante, sia nel pieno delle sue facoltà mentali. Basta vedere il video esagitato, urlato, volgare come sempre, in difesa del figlio. Grillo bene o male è in qualche modo responsabile, con sentenza definitiva, di un incidente, che provocò la morte di tre persone, un bimbo di nove anni compreso. Il suo bamboccio, Ciro, cresciuto nel biberon a miliardi, è coinvolto, come pare, in uno stupro di gruppo. Ce ne sarebbe a sufficienza per rispettare un religioso silenzio. No, il creatore del Movimento 5 stelle, fondato sul “vaffa”, il rimescolatore della politica italiana, che vorrebbe “pulizia” in Parlamento, il comico che dovrebbe salvare l’ Italia, che accusa tutto e tutti, che in piena pandemia, con i morti a grappoli, si presenta con in testa un irriverente casco da palombaro, si atteggia, con le sue sceneggiate e l’ “aureola “dei capelli da medusa caravaggesca, a vittima con il suo pargolo. Non una parola di solidarietà, tanto meno di scuse, per la giovane donna, violata o meno, anche se il ragazzo, come gli altri giovinastri, fosse solo un “coglione”, come lo definisce lui per giustificarlo. Non una parola nemmeno dalla moglie, che dormiva nell’ appartamento contiguo e che “non avrebbe sentito nulla”. Fra le colpe-prova della preda il fatto di avere fatto la denuncia non immediatamente, ma una settimana dopo. Ci sono donne a go gò, anche troppe per la verità, che per il “me too” hanno parlato dopo venti anni. Perfetto ritratto delle bella famiglia italiana, della politica all’ italiana e di un fantomatico, però sempre esilarante, Robin Hood.
P.S. Il post è' stato scritto prima che parlasse anche la mamma di Ciro, Pavin. Che lo ha fatto oggi. Comportamento analogo a quello del marito. Nemmeno una parola per la ragazza. Mi ricorda Sandra Milo: "Ciro, Cirooo!". Avanti, nel migliore dei casi, all' Italia dei "coglioni".
La lista non finisce mai. La filastrocca dei “compagni di merenda” si allunga ogni giorno di più. Spesso sono gli strombazzati campioni del buonismo sinistro mascherato da buone intenzioni, da pietismo ultracristiano. Predicatori e untorelli da strapazzo, forti solo di una sembianze di bronzo ed arroganza. Gli ultimi casi sono quelli di Andrea Scanzi, lo spocchioso narciso, prediletto di Lilli Gruber, il quale si fa scudo degli genitori per saltare la fila del vaccino in modo da farlo prima degli altri. O Laura Boldrini, la snob onnipresente del femminismo e della difesa dei migranti, senza se e senza ma, che trattava le cameriere da schiave e non le pagava, sfruttandole in ruoli vari. Sono questi d’altronde oggi i preferiti dai media, che si compiacciono di promuovere solo ciò che può essere negativo o trasgressivo. O violento a parole indipendentemente dalla verità. Un esempio fra i tanti? Le tirate da bordello della trasmissione condotta da Cruciani e Parenzo sulla radio nientemeno che del “Sole 24 ore”. La cantantina a piedi nudi (vecchia trovata) che sul settimanale del morigerato “Corriere della sera” annuncia: “un giorno mi sento uomo, un giorno donna”. O i privilegiati “diversi” diventati tutti opinionisti della tv di stato (remember la battuta di Fiorello a Sanremo?). O ancora un fuori di testa come Fabrizio Corona o una sciacquetta qualunque come Asia Argento. E via così, in una corte dei miracoli alla quale si offre la scena di continuo. Per alzare l’ audience e avvilire il costume dei telespettatori. Spesso complici a loro volta. Dove è finito Ciancimino, dove è finito Ingroia …? Prima paladini e poi sotto accusa? Eroi per fortuna transeunti, ma ogni volta rimpiazzati rapidamente con altri campioni di menzogne, di volgarità, di aggressività, di superficialità. Il colmo è dover diventare nostalgici della normalità.
Guidare questo Paese è da sempre un’ impresa titanica. In questo inedito frangente storico più che mai. Costretti a vivere da reclusi e sulle sabbie mobili di una realtà irreale. Nessuno sa con certezza nulla di nulla, ritardi a parte, ogni mossa, ogni decisione è suscettibile di errori e di critiche feroci. Occorrerebbe lungimiranza, una sintonia resa obbligatoria da circostanze impreviste ed imprevedibili, una forzosa concordia discorde. Invece il panorama è totalmente dissonante da una saggia conduzione di un presente orbo di un futuro. Un premier improvvisato che si catapulta in Tv, non a gettare acqua sul fuoco, ma a scaricarvi taniche di benzina, accusando le opposizioni. Nella replica di un discorso fatto in Parlamento quando si ruppe l’asse con la Lega. Una specie di disfida e di ripicche senza fine che nulla hanno a che fare con l’ amministrazione della repubblica e della pandemia.
A loro volta a Salvini e alla Meloni, chiamati improvvidamente in causa, non pare vero di attizzare lo scontro. Accuse di falsità rimbalzano da una parte e dall’ altra. Ad assistere, fregandosi le mani, un’ Europa che già ci considera inadempienti futuri e si rifiuta di porgerci la mano: lo speaker inglese citrullo che ci accusa di sfruttare l’ epidemia per non lavorare, il giornale tedesco, che addirittura ipotizza di bussare a denari per alimentare la mafia, il premier olandese (Mark Rutte: homen in nomen) che ci vuole morti o vivi in mutande e si potrebbe continuare … Quello che non fecero i barbari (lo erano e lo sarebbero rimasti senza di noi) lo fanno da soli i governanti italiani. A fare da cerniera un Presidente imbalsamato, che un giorno sì e un giorno, scopre l’ acqua calda e che annuncia addirittura la prossima vittoria sul Covid 19. Eppure non fuma nulla di particolare. E l’ Italia e voi e noi? Ma chissenefrega. Prima o poi ce ne ricorderemo, anche se voi avrete la faccia di bronzo di fare finta di averci nei vostri pensieri. Alla prossima votazione. Buona Pasqua.
Questa Italia, è in Europa per caso. Ormai è Terzo mondo. Dal potere legislativo, al potere esecutivo, al potere giudiziario è una deriva senza fine. “La magistratura segue le stesse logiche della politica, a volte addirittura le anticipa”, ha dichiarato il bellimbusto Luca Palamara. Ha guidato la magistratura da quando aveva 39 anni, “il presidente più giovane e più longevo della storia.” “Deus ex machina” di un sistema fatto di spartizione delle nomine dove non contava il merito, ma l’ appartenenza alle correnti. Un sistema fatto di pressioni, di sgambetti, di carriere favorite, di carriere ostacolate. Una giustizia svenduta. In un verminaio parallelo alle connivenze politiche, ai clan degli inciuci con gli alleati al governo. Ora Palamara si confessa, ammette, ma non pare pentirsi, vergognarsi. Avverte che sono molti quelli che lo affiancavano, che “partecipavano” alla riunioni da “ndrangheta”, dove nuotava nel suo ambiente, visto che veniva da Reggio Calabria. In sostanza cosa confessa Palamara? Parole sufficienti a qualificarlo un mascalzone (basterebbe sentire il linguaggio volgare e minaccioso delle sue telefonate), ma aggiunge che molti sono i mascalzoni ancora in sella. Sia nella magistratura che in politica. Quasi a giustificarsi con un “mal comune mezzo gaudio”. Un cancro per il quale Mattarella non trova parole più pilatesche di “grave sconcerto” e “modestia morale”. Ne consegue uno sberleffo alla costituzione. Perché quella giustizia che in Italia dovrebbe essere “uguale per tutti” è elastica, fluttuante, maleodorante, violata per diventare uguale solo per gli amici e gli amici degli amici. Siamo alla versione in toga dei “compagni di merenda”. In un’egemonia ventennale esercitata, sono parole sue, dalla “sinistra giudiziaria”. Ne hanno fatto le spese anche Berlusconi e Salvini. Ricordate lo slogan “giustizia ad orologeria?”. Sembrava l’ alibi di un gaglioffo. Per concludere che le inchieste su chi non è di sinistra fanno sempre più strada di quelle che coinvolgono (si capisce anche perché più rare e meno strombazzate) la sinistra. Ma gli incorrotti, i puri, quelli dall’ etica angelicata e superiore non erano sempre e solo a sinistra?
Non me ne vergogno. Sono fra quanti, fin bambino, seguono il Festival di Sanremo. Una delle poche manifestazioni italiane conosciute e seguite nel mondo. Come lo era una volta il Festival del cinema di Venezia.Che fu rovinato dalla contestazione. Per cui il primato passò a Cannes. Considero la kermesse una tradizione da non condannare snobisticamente. Ho seguito due volte la gara come inviato speciale del giornale. Un caravanserraglio che, miracolosamente, va in diretta senza inciampi. E veniamo a questa edizione “speciale”. Credevo in un super-record, perché la gente è costretta a stare a casa. Mi sono sbagliato. I motivi sono soprattutto dei responsabili. Il pre-festival inizia con un trio imbarazzante, due lei, una negata l’ altra patetica, più un lui inutile. Fiorello, tranne in qualche caso, è parso esagitato, sbiadito. Ha insistito nel fare il pagliaccio, coinvolgendo Amadeus, in duetti penosi. I “quadri” di Lauro sono presuntuosi e al limite del blasfemo. Da tempo le canzoni sono incomprensibili, assolutamente non orecchiabili. Al punto da fare rimpiangere “Papaveri e papere”. La melodia, l’ armonia si sono trasformate unicamente in un urlo strappa-corde-vocali. Vedi la vittoria dei Maneskin. Le filastrocche dei rapper hanno stufato. Al confronto Ermal Meta e Orietta Berti sembrano marziani. I tempi sono disperatamente lunghi. Eliminare l’ introduzione, dimezzare la scala, dove le donne sono costrette a scendere i gradini ad occhi bassi per non ruzzolare. Tagliare, tagliare. Ma sono soprattutto due i fenomeni di costume che mi hanno impressionato. Le italiane erano note e apprezzate per essere formose. Queste sono tutte una pialla. C’è un mutamento genetico in corso? La moda italiana era la più apprezzata nel mondo. Questi sono vestiti, tranne la finale, da grandi firme come peggio non si potrebbe. Ma si è sicuri di fare, di fronte alla platea internazionale un favore al Paese? L’ unica sorpresa è venuta da uno svedese: Ibrahimovic.
Esaminiamo con attenzione le dimissioni a sorpresa dell’ ennesimo sinistro “Migliore”, ovvero del leader dei fondamentalisti della purezza dell’ onesta e della morale immacolata. Il signor Zingaretti, famoso per essere il fratello di un commissario televisivo, se ne è andato sbattendo la porta e lanciando un incredibile anatema: “Il paese va in malora e voi pensate solo alle faide e alle poltrone”. I superdemocratici del Pd, che si definiscono con parole di cui non conoscono il significato, penserebbero, udite udite, unicamente alle poltrone. Come se il pianeta avesse fatto una capriola. In effetti da decenni il partito dei puri senza peccato registra una lotta intestina da lunga e infinita notte dei coltelli. Questo basterebbe a dirla lunga sul loro “animus”. Solo c’è da infamare gli avversari, per loro solo nemici da abbattere con qualunque mezzo, riescono a ritrovare l’ unità (come il vecchio giornale) nel fango. Trasformano in un tornado il venticello della calunnia. Dare le dimissioni è costume insolito per la politica italiana. Un gesto, dunque, di coraggio? Frasi da scomunica che, nella loro virulenza, dimostrano solo che la faida è sempre in atto e che anche il gesto, che sa a suo modo di vendetta, non ne è che un corollario. Da tempo si vociferava che Zingaretti doveva essere fatto fuori. C’era da stabilire solo il quando. Il “Migliore” ha sparigliato le carte e anticipato i tempi. Mettendo i detrattori nelle peste. Tanto più che con l’ adesione di Conte ai Cinque Stelle il PD, in un’ eventuale consultazione, ne uscirebbe drammaticamente ridimensionato. Zingaretti lo ha sniffato, ha capito che la gogna sarebbe ricaduta ancora su di lui. Ha così lasciato la patata bollente nelle mani di quello che lo seguirà. E questi, con i bellimbusti dei Cinque Stelle sono quelli che erano al timone del Paese. Non si può che naufragare.
Forse vale la pena di passare per fascisti, rischiando in futuro di votare per lei per pura solidarietà. Sinceramente non riesco più a sopportare le offese dei vari trucidi e delle varie trucide nei confronti di Giorgia Meloni. Passi per quella sgallettata di Asia Argento, che le diede della “fascista lardosa” dopo una recente maternità. Il colmo è che ora a superarla ci si mette un tizio, che si dice professore, tale Giovanni Gozzini, ordinario presso il Dipartimento di Scienze Sociali, Politiche e Cognitive dell'Università di Siena. In una trasmissione radiofonica regionale ha definito la Meloni "pesciaiola”e "ortolana con tutti il rispetto per la categoria … rivolta a Draghi ha detto lei è famoso per questa frase, whatever it takes, io le dico, ripeta whataver it takes per l'Italia. Per l'Italia! Siamo ancora a questo nazionalismo retorico, demenziale, ignorante. Io non posso vedere in Parlamento gente simile, di un'ignoranza di questo livello, che non ha mai letto un libro in vita sua, che può rivolgersi da pari a pari a un nome come quello di Mario Draghi". Ma al peggio non c'è mai fine, Gozzini non demorde: "datemi dei termini: una rana dalla bocca larga? Una vacca? Una scrofa? Cosa devo dire? Cosa devo dire per stigmatizzare il livello di ignoranza e presunzione". Probabilmente Gozzini verrà sponsorizzato a sinistra dove chi infama chiunque non appartenga al pensiero unico viene ingiuriato senza colpo ferire. Specie quando le sue fortune politiche sono in vertiginosa crescita. La Meloni è madre, è donna prima che essere una donna politica. Nel passato non ha avuto grandi segnali di attenzione da parte delle suffragette del “me too”. Tanto meno dalle sinistresi che urlavano “se non ora quando?”. Gozzini parla e straparla di ignoranza. Se si guardasse allo specchio ne scoprirebbe il ritratto.
Non ho mai avuto una particolare simpatia per l’avvento di Giuseppe Conte alla Presidenza del consiglio. Una elegante presenza, per il resto l’ho considerato sempre un intruso, un miracolato sul tratturo impervio e arlecchinesco della politica italiana. Un avvocato uscito dal cappello a cilindro dei grillini, ultimo clamoroso esempio di assalto alla diligenza, forti soprattutto del camaleontismo e dell’ incompetenza. A loro volta miracolati da un comico miracolato. Non mi pare che il suo governo abbia combinato granché, d’altronde gli uomini che lo circondavano erano quelli che erano. La prima bozza del “recovery plan” a detta di tutti era un disastro. C’è voluto lo sfrontato camaleontismo di Renzi per renderla migliore. Però l’uscita di scena mi è piaciuta. Primo perché non ha accettato nulla di quello che presumibilmente gli sarà stato offerto. Secondo soprattutto per come è stato salutato dal personale di Palazzo Chigi. Tutti nel cortile e alle finestre ad applaudire per il saluto. Il che prova che mentre gli amici della politica già lo consideravano un superato, chi ha vissuto a contatto con lui tutti i giorni gli ha voluto testimoniare un apprezzamento e un affetto. A dimostrazione che dietro la patina del supermediatore, costretto a barcamenarsi fra eterni litigi e che a volte ha strafatto in personalismi, l’uomo e la persona ci sono. Forse ho sbagliato. Gli sia reso l’onore della armi.
Di Mario Draghi si sa tutto il bene, ma si sbandiera anche il male. E’ il dualismo costante che caratterizza le eterne contrapposizioni all’italiana. Da che parte sta la ragione? Giustiziere invocato o angelo del male? Pedina dei cosiddetti poteri forti o servitore di stato chiamato al capezzale dell’Italia? C’è chi lo beatifica, chi lo criminalizza. D’ altronde il suo nome circolava da tempo. Ora un Gianburrasca forsennato, forte di un misero due per cento, è riuscito a metterlo a cassetta. La carrozza era impantanata, sgangherata, i passeggeri intenti a dirsele di tutti colori e a cambiare di idee e di posto come in una quadriglia. A parte quelli che cercavano di salire sulla diligenza in cerca di uno spazio personale. Di Draghi, confesso, non so molto. So però alcune cose, credo, fondamentali. Non è uno venuto dal nulla, non è uscito dal cappello a cilindro di maghetti improvvisati. Dopo il festival al quale siamo stati costretti ad assistere di tutto si può dire tranne che sia un incompetente. A differenza di tanti signor nessuno è conosciuto ed apprezzato internazionalmente. Quando è stato messo alla guida della Banca centrale europea ha salvato l’euro. Se gli altri Paesi gli hanno mosso qualche rimprovero è di avere cercato in tutti i modi di salvare l’Italia. Da chi fu favorito in quella prestigiosa carica? Ma sta a vedere che il vituperato Cavaliere, demonizzato da magistratura e sinistra, qualcosa di buono riusciva persino a farla? Ora Draghi sta cercando di comporre un governo, che affronti una situazione drammatica. E possibile pensare che di quell’Italia, che ha già salvato una volta, voglia ora affrettarne l’ agonia? Se non riuscirà nell’impresa vorrà dire che abbiamo un parlamento kamikaze.
Siamo nella stagione politica delle grandi piroette. Per non finire sott’acqua con il ministro della giustizia Conte, l’avvocato venuto dal nulla, si dimette. Ma fino all’ultimo tenta di ricucire. Telefonate nella notte con il cappello in mano. Non chiede soltanto, offre anche molto. E’ il ballo delle poltrone. Quelli che fino a ieri erano i reietti dell’era Berlusconi, con un colpo di bacchetta magica alla Silvan, si trasformano in “responsabili” in “costruttori”. Si potrebbe prospettare un Conte-ter, una sorta di governo Arlecchino tutto pezze, rattoppi e tanto schotch. Praticamente un pezzente servitore di tanti padroni. Quello che “con lui mai più” diventerebbe forse un cavallo di ritorno. E’ il Matteo ondivagante, fino a ieri carnefice, ora non si sa più come definirlo o come verrà definito. I più perseveranti a rinverdire un passato non certo esaltante sono i “grullini”. Dove la trovano più una vigna così? Dicono che sono onesti. A me pare che abbiano imparato alla Speedy Gonzales le arti del come assicurarsi il cadreghino. E l’opposizione? Il Mangiafuoco del Papeete (che errore madornale) ha perso un’ enormità, ma è ancora in testa: per cui chiede le urne. La pulzella Meloni in crescita esponenziale idem. Dovrebbe avere il tifo delle donne. Ma per lei il “me too” non vale. Il più saggio a questo punto appare, incredibile a dirsi, il cavaliere. Dal “ghe pensi mi” ai servizi sociali forse la cura, oltre a quella per i capelli, gli ha fatto bene. Ora parla di larghe intese, ammicca. Anche lui non lo fa per pura generosità, per puro amor di patria. Pensa di arruffianarsi la strada verso il Quirinale. Salvini, anche per toglierselo dai piedi, ne ha fatto il nome. Ma non è il solo. A questo punto il giro di giostra sarebbe perfetto.
Probabilmente perderò una decina di follower e anche più, come sempre mi capita, quando faccio un blog contro i Cinquestelle. Anche se li faccio quasi contro tutti. Meglio perderli che trovarli. Ma vi rendete conto chi è riuscito a mandare Grillo a rappresentarci? Dopo i ministri fai-da-te da "Corrida" di Corrado, dopo Virginiella Raggi, a Roma ecco il capolavoro assoluto del senatore Andrea Cioffi. E a questo figuro dobbiamo pure pagargli fior di stipendio? Dobbiamo salvarglielo con un governo come quello che si annuncia? A lui come a tanti altri nullafacenti che hanno aperto il mutuo e che non sono disposti a mollare l'osso. E pronti a rimangiarsi tutto quello che hanno pontificato fino a ieri. Con delle giravolte in confronto alle quali Bolle è un dilettante. Povera Italia! Cosa devono pensare i "cattivi europei" che non si fidano di noi? Grillo come sarebbe stato meglio che avessi fatto solo il comico. Non avresti se non altro avuto degli emuli capaci di fare ridere molto più di te.
Piero Sansonetti accusa: dalle carte sul caso Palamara sarebbe emersa una “giornalistopoli” della quale, però, nessuno parla. Il direttore de “Il Riformista”, che da tempo sta denunciando quello che ha definito “silenzio assoluto” sulle indagini che riguardano da vicino il mondo della magistratura non lesina accuse a nessuno, in primo luogo a Marco Travaglio definito “capo del partito dei Pm”. Sansonetti scrive: “Se ilgiornalismo italianonon fosse quasi interamente sottomesso alla logica delleProcuree delle intercettazioni, non ci sarebbe nessun motivo per stupirsi del fatto che restino segrete le intercettazioni che riguardano le principali firme di giudiziaria (e non solo di giudiziaria) delCorriere della Serae diRepubblicae dellaStampae di svariati altri giornali”. E aggiunge: “Sui politici nessuna indulgenza, anzi, nessun rispetto della legalità. L’ordine di servizio, in questo caso è: sputtaniamoli. Anche se non hanno fatto niente di male. Tutto cambia se invece le vittime del trojan diventano i magistrati e i giornalisti. Cioè la casta. Sarà forse giunto il momento di dirlo: la casta, la vera casta, è quella; la corporazione potentissima che raduna la parte più aggressiva e politicizzata della magistratura e del giornalismo. Diciamo, più semplicemente, il partito deiPm. Il cui leader massimo, non a caso, non è un Pm ma un giornalista. ÈMarco Travaglio”. “Oggi il giornalismo politico, in Italia, è del tutto subalterno al giornalismo giudiziario. Questo grazie alle campagne che hanno demolito la reputazione della politica e messo in discussione persino la necessità della democrazia, dipinta come un sistema sostanzialmente corrotto. Queste campagne sono state guidate dalla magistratura (e dalla sua rappresentanza parlamentare, cioè i5 Stelle), e forse dai servizi segreti. Il giornalismo giudiziario – non tutto, certo, ma quasi tutto – è assolutamente eterodiretto. E, per definizione, privo di indipendenza.”
Sinceramente non so più che pensare di questo unico, inconfondibile e per certi versi, nel bene come nel male, insuperabile Paese. Non bastava la pandemia. Sembra però un “optional” rispetto ai mali che attanagliano la penisola in tutti i suoi gangli. Non bastava la corruzione dilagante, non bastavano le cosche sicule, calabre o campane, non bastava l’insipienza dei politici senza distinzione di colore. Tutti arroccati sulla ricerca del consenso da tradurre in voti, poltrone e potere e lontani dagli interessi della “civitas”. Non bastava nemmeno il recente cortile mediatico degli scienziati e dei virologi, ultimi opinionisti alla moda, vanesi e in totale contraddizione nel caos del virus che uccide. E molti pare agganciati ai diktat degli imperi farmaceutici. No, non bastava. Rimaneva la speranza di essere in mano ad una possibile giustizia qualora ce ne fosse stato bisogno. Anche se sono decenni che si parla di “toghe rosse”. Ma ora persino i magistrati rivelano la loro pochezza, la loro infingardaggine, il loro estraniamento totale all’etica del giudice-magister al servizio dello Stato e del cittadino. Non bastavano quanti già si erano dati alla politica, dando dimostrazione soprattutto di un ego spropositato e di un narcisismo galoppante. Ora le intercettazioni, che riguardano il “galantuomo” Palomara e che coinvolgono un codazzo di giornalisti-vassalli vengono a ricordarci in quale baratro è sprofondato il senso civico. Il bello è che quella che a me pare una enormità, nei più grandi giornali, purtroppo coinvolti, non viene “sparata” in prima pagina come la gravità dei fatti meriterebbe. Va di moda il brutto e ridicolo aggettivo coeso. Nella realtà ha molto più successo il termine colluso.
Una beatificata, l’altra massacrata. Da una parte la battagliera Rula Jebrael, dall’altra la vistosa Diletta Leotta. Il monologo della prima era straziante, ha ricevuto consensi da ogni parte. Ma c’è un ma …, il testo come era comprensibile, non era suo e a quanto pare non sono bastate nemmeno quattro mani. Dunque con tutto il rispetto, per la tragedia della madre, Rula che se la tira è venuta soprattutto come attrice. In linea con le foto complici con il produttore-stupratore Weinstein, quello del “Me too” e con la vicinanza con una cantante struprofilo invitato a Sanremo. Se fosse stata coerente avrebbe dovuto rifiutare di presentarsi su quel palco. Ma si sa che cosa non si farebbe per l’audience, soprattutto quella personale. E soprarutto fare pubblicamente i nomi degli autori del testo per il quale viene oggi osannata Come da calcolo preciso. Brava, ti sai gestire al meglio come donna-azienda.
Tutto il contrario per la giornalista sportiva Diletta Leotta. Il suo monologo, per la verità troppo lungo, era semplice, fresco anche se ruffiano (meno comunque di quello di Rula) e lei lo ha recitato senza sbagliare toni e parole. Diletta è andata sul dilettevole, dandosi persino della bona, ma insistendo troppo sugli insegnamenti della nonna in platea. In un Festival che vorrebbe esaltare la bella famiglia italiana. Anche quella allargata di Albano, che dopo le belle mogli sta promuovendo le figlie . Diletta a mio parere è risultata semplice, sincera, garbata. E se le donne possono indossare liberamente quello che vogliono, perché non dovrebbero cercare di diventare come vorrebbero? Diletta non sarà una paladina, si accontenta del suo essere donna. Forse troppo poco per questi tempi rovesciati di inizio millennio in cui lui diventa signorina mentre lei imbraccia il fucile.
Stiamo assistendo alla mutazione genetica e silenziosa di un Paese. Di quello che per due volte, con i Romani e il Rinascimento, è stato faro della civiltà occidentale nel corso della storia. Credo un caso unico. Purtroppo al decadimento attuale, colpa di svariati fattori (la politica innanzi tutto), si aggiunge il rischio di un allontanamento progressivo, ma tutto sommato rapido, da quelle eredità. Si assiste difatti allo spopolamento della parte giovane e migliore dell’ Italia, nella stragrande maggioranza laureata, che cerca all’ estero un futuro che lo stivale non è più in grado di assicurare. Un vuoto riempito dall’ affluenza di un’ umanità di colore o meno, di difficile integrazione, di religione diversa, di costumi diversi, di cultura diversa, quando non di una subcultura dovuta alla povertà e alla miseria o di una autentica appartenenza al sottobosco del crimine. Esportiamo cervelli, importiamo persone che possono andare a riempire, nel migliore dei casi, la bassa manovalanza. Ne consegue un abbassamento del livello medio della popolazione. Fenomeno che farà felice solo la Boldrini e che non accade in altre parti dell’ Europa, per cui l’ Italia, già considerata un anello minore della catena europea, continuerà ad allontanarsi sempre di più dagli standard continentali. Se si andrà avanti in questa direzione non rimarrà che il passato per una parte residua degli italiani sopravvissuti, un passato che l’altra parte ignorerà, probabilmente in molti casi rinnegherà o non saprà cosa farsene. In una spaccatura foriera solo di incomprensioni e di regressioni . C’è solo da sperare di non avere ragione.
In principio furono i girotondini: intellettuali, persone serie e non di una certa età che, dandosi la mano, facevano come i bambini, poi venne il “popolo viola”, che scelse un colore mortifero, si rivelò profetico per lo stesso movimento. Seguirono i “vaffa day” del comico canuto e nacquero i “cinque stelle”. Quasi tutti folgorati e miracolati dalla politica all’ italiana. Ora è la volta delle sardine. Il loro leader è un emulo di Di Maio. La ribalta del nulla o quasi. Sono i piazzisti, si ritrovano in piazza, del nuovo presunto. Contro vecchiume e corruzione che sarebbero sempre binomio di una destra gravata di tutte le colpe possibili rispetto agli eternamente puri. Di fronte a questa recente cronistoria è difficile scrollarsi di dosso l’ accusa di “Paese di Pulcinella”. Di un teatrino tragicamente, surrealmente comico a fronte dei gravi problemi del Paese. Un paese-sardina-pesce-piccolo che si immola sardonicamente, tra una piazzata-diversivo e l’altra, nelle fauci dei pesci grandi dell’ Europa. In attesa di una tammuriata o di un saltarello.
Il reuccio del vaffa, ovvero il Grillo sparlante, che dovrebbe data l’età tacere, visto che vorrebbe togliere il diritto di votare alle persone anziane, ha blindato sul fronte delle stelle la leadership di Giggino detto il bibitaro che, ignaro di storia e geografia, è diventato Ministro degli esteri. Come un grazioso giovincello, senza arte né parte, rispolverato nel look da manichino possa intrattenersi con personaggi come Trump o Putin è un mistero buffo che solo questo squinternato Paese poteva inventarsi. Dove i politici sono diventati i protagonisti di un’opera dei pupi. Mentre la disperazione degli italiani ormai fa confluire il voto al primo che si alza a denunciare le malefatte di chi lo ha preceduto. Sbandierando il vessillo dell’ onestà. Da strappare poi lungo la strada del potere. Al punto che gli stellati rischiano di essere ora ingoiati dalle sardine, meritevoli di fare opposizione all’ opposizione. Altro colpo di genio di questa Italia da barzelletta. Dove si scopre che il Gigetto della Farnesina sta spendendo per il suo dicastero più di quanto ha fatto Angelino Alfano, tre volte quanto ha fatto il ministro precedente. Per circondarsi di uno stuolo di famigli, dicesi otto,che gli facciano da badanti. Per colmare le sue lacune che sono tante, profonde come le tante buche nelle strade della stellina Virginiella Raggi, a sua volta ripetutamente inciampata nella mangiatoia delle consulenze. Soldi nostri gettati al macero (come per Giggi-er-bullo) della sua impreparazione, equivalente solo alla sua ambizione. Per non parlare della stellata ed ex ministro della difesa Trenta-senza-lode, pervicacemente avvinghiata, fino all’ altro ieri, alla difesa del suo benessere privato, requisendo una casa di 180 metri in pieno centro di Roma al prezzo di una mancia in un ristorante cinque stelle. Perché tutti si fanno belli, se si tratta degli antagonisti, gridando “Al lupo, al lupo!”. Salvo poi fargli fare la cuccia nel proprio giardinetto. Mentre le stelle stanno a guardare.
Sarò arrivato ad un’età veneranda, sarò fuori tempo, sarò retrogrado, ma sono rimasto basito ascoltando alcuni spezzoni della trasmissione “La zanzara” su Radio 24 del Sole 24 ore. Due conduttori-prevaricatori esagitati come in una tv privata, che non lasciano spazio agli interlocutori, un rifiuto a priori e gli scherni più beceri per tutto ciò che è di destra, il che sarebbe niente se non fosse condito da un linguaggio da suburra. Per due o tre ascolti casuali mi sono trovato a che fare con un “mia moglie non mi fa leccare la f…, con un pompino, con un vietato soffiare nella vagina con una di-scarica di incazzato e di vaffa ogni minuto e via così. Il tutto diretto da due giornalisti forsennati, di cui preferisco non fare il nome, a dimostrazione di dove è arrivato certo giornalismo. Ma il bello è che la cosiddetta “Zanzara”, questo il titolo della trasmissione, che va avanti per due ore, quando anche minori e bambini la possono ascoltare, figura come uno dei programmi di punta dell’emittente, che fa capo alla Confindustria. Come a dire che il livello e i gusti dei nostri beneamati Paperon de Paperoni dell’imprenditoria italiana non si distaccano dal famoso bunga-bunga. Come se non bastasse “La zanzara” ha avuto parecchi riconoscimenti, fra i quali una Grolla d’oro come “migliore trasmissione della sera”. Devo essere proprio Matusalemme.
Il partito nato sul “vaffa” si è preso in Umbria un sonoro “vaffa”. L’ennesima bolla di sapone della politica italiana pare si stia definitivamente sgonfiando. Confesso che pensavo avvenisse molto prima. Lievitati a dismisura sulla disperazione, agitando lo specchietto di allodole del cambiamento, stanno rientrando nei ranghi sull’ onda della delusione. Con il damerino miracolato Di Maio a fare da imbonitore calante. Anche i pifferai della sinistra non incantano più nessuno. Maestri nell’ arte della diffamazione, dei due pesi e due misure e del camaleontismo dovrebbero progressivamente ridursi a loro volta. Hanno nel nome il riferimento alla democrazia. Non sanno cosa sia visto che da tempo governano a dispetto delle indicazioni dell’ elettorato. Che si sente tradito anche da “semper ridens” Zingaretti.Salvini è Il Brancaleone della situazione. Lo fanno apparire come l’orco cattivo, anche se non dice cose trascendentali, ma non ha il rispetto del ruolo. Le felpe, il linguaggio volgare, le foto da amante latino sulle spiagge con la fidanzata, l’oltraggio all’ inno di Mameli ne fanno un leader che ci rappresenta anche nel peggio e inviso all’ Europa. Un’ Europa che, stritolata fra America, Cina e Russia, dovrebbe solo rafforzarsi e trovare un’ unione di intenti di là da venire.L’ unico partito in crescita è quello della pasionaria della destra, la battagliera Meloni. A volte esagitata, bisogna però riconoscerle il merito di essere stata fino ad ora coerente, a differenza di tutti gli altri. Se non partisse con l’ handicap e l’ eredità di un’ origine estremista la sua ascesa sarebbe ancora più vistosa. Ma resta da attenzionare.E’ un tramonto triste quello dell’ uomo che nell’ ultimo ventennio ha caratterizzato la politica italiana. Ne hanno fatto un mostro e lui personalmente ha contribuito non poco alla creazione del cliché. Berlusconi poteva dare una sterzata all’ Italia, non è stato in grado di farlo ed è stato osteggiato in tutti i modi anche a livello europeo. Aldilà dei suoi errori lascia un segno, ci ha salvato dal comunismo e sicuramente verrà rivalutato.Un panorama triste, che ormai sfocia in una faida personale fra Conte, Di Maio e Salvini. Fino a ieri lingua in bocca, ora acerrimi duellanti. Hanno governato un anno insieme. Quanto basta per capire se la controparte era affidabile. Non l’hanno capito, il Presidentino del Consiglio in primis. Ora l’avversario, ex alleato, è solo un nemico da odiare. Povera Italia. Mentre all’ orizzonte non si vede una personalità, che possa prendere il timone e portare il Paese fuori dalla melma.
Questo paese deve avere il mestruo. Tra uno sgozzamento e l’ altro, fra un eccidio di cristiani e l’altro, mentre in San Pietro papa Bergoglione inaugura una barca necrofora scura e zeppa di migranti in omaggio ai “disperati” del Mediterraneo, cosa ti inventa la Chiesa per venire incontro ai nostri fratelli dell’ Islam,così gentili e aggraziati, che usano la spada, mentre noi porgiamo sempre l’ altra guancia? Roba da fare venire le traveggole a Giovanni Rana. Sì perché il vescovo di Bologna, prossimo cardinale, ha deciso che i tortellini vanno confezionati anche al pollo, evitando la sacrilega carne di maiale. Come se non bastassero la cancellazione dei presepi e quant’ altro nella progressiva rimozione delle radici cristiane. Alla quale fa da eco il suggerimento di un neo-ministro- stro … : ovvero la soppressione del crocifisso dai posti pubblici. Roba che nemmeno proponeva quell’ esaltato musulmano che a “Porta a porta” lo definiva “un cadaverino su un pezzo di legno”. E se la barca va, sui sampietrini di piazza San Pietro, in totale controtendenza arriva una notizia che ha del surreale. La denuncia da parte dello Stato Città del Vaticano e di un Monsignore nei confronti di uno dei tanti “vu cumprà” per la vendita di oggetti contraffatti riguardanti la Santa Sede. Come a dire gli facciamo le docce, li accogliamo nella città del Vaticano, facciamo campagne e omelie solo a loro favore, ma se ci toccano nel portafoglio, li trattiamo da criminali. Come quei poveri scannati di circa 40 italiani che hanno bussato alla Caritas per sentirsi rispondere: “Accogliamo solo migranti”. E pensare che se l’ Islam non ha già conquistato l’ Europa il merito è soprattutto della Chiesa di Roma per quanto riguarda il passato. A parte l’ errore della caduta di Costantinopoli, la “seconda Roma”, nel 1453. Dal Bosforo chiedevano aiuto. In Occidente nessuno credeva che fosse possibile una conquista da parte dei Turchi. E si rispose ad ogni appello con la totale indifferenza. Fu così che Maometto II entrò in Santa Sofia e percorse da trionfatore le strade rosse di sangue della città. Perché è così, nella rimozione di ogni avvertimento e di ogni segnale, che cadono gli imperi.
GRAZIE A QUESTO GOVERNO HO CAPITO FINALMENTE LA CHIAVE DI LETTURA DEL LINGUAGGIO POLITICO.SE UNO DICE O PROMETTE QUALCOSA, ALLE PAROLE SEGUIRà L’AZIONE ESATTAMENTE CONTRARIA.
Ma esiste ancora uno Stato, la Nazione italiana? Una ragazzetta tedesca , se ne infischia di ogni avvertimento e viola le leggi del nostro paese fra gli applausi di molti ammiratori della sinistra-kamikaze. In Germania, rimosso il ricordo del nazismo e della purezza del sangue, i giornali rincarano la dose. Ad opporsi a Carola, scrivono, è stata una “plebaglia”. Persino dal Vaticano si permettono “scherzi da prete” e l’ elemosiniere del papa si tramuta in elettricista, staccando i sigilli apposti alla luce, contravvenendo alle disposizioni dettate dalla convivenza comune. Sindaci (Leoluca Orlando ed altri) ed esponenti della sinistra, quelli che non mangiano i bambini, ma li torturano psicologicamente, come accaduto a Bibbiano, a loro volta incitano a non tenere in conto la legge. Parlamentari salgono a bordo di un’ imbarcazione che non rispetta le regole della navigazione e ignora i legittimi diktat. Per l’omicidio Regeni l’Egitto si permette di prenderci in giro da mesi. Lasciando impunito l’atroce assassinio con tortura di un giovane italiano. In Francia alla presenza del Mattarella assenziente si commemora il genio del “francese” Leonardo da Vinci. In America si buttano giù le statue dello “stragista” italiano Cristoforo Colombo senza che nessuno alzi un dito. In Europa non ci considera nessuno, visto che siamo indebitati fino al collo, mettendo a rischio le generazioni che verranno. Possiamo rivendicare solo un grande passato (tradito). Ma ci stiamo giocando seriamente il futuro. E SOPRATTUTTO LA FACCIA.
Viene da Rifondazione comunista, da sinistra italiana ecologia e libertà l’on. avvocato pugliese Arcangelo Sannicandro, il quale si è scagliato contro la proposta dei 5 stelle di tagliare gli stipendi. Il difensore delle classi deboli, degli sfruttati, il nemico del capitalismo si è ribellato. Con quali motivazioni? “Non siamo mica l’ultima delle categorie, non siamo mica lavoratori dipendenti, siamo politici, mica metalmeccanici”. Mi ricorda stranamente le parole di un certo Marchese del Grillo. “Io so’ io e voi nun siete un cazzo!” Per la serie della sinistra che fa tragicamente ridere. Non vorrei essere nei panni di un metalmeccanico che l’ha votato.
Tassisti e ambulanti mettono a ferro e fuoco Roma. Centro bloccato, traffico impazzito, milioni di cittadini in sofferenza, inaudita e inconcepibile violenza. E Il sindaco-a di Roma che fa? “Siamo con voi”. Tanto va sull’auto blu con la scorta. Ma quando volevano manifestare contro di lei ha vietato ai contestatori piazza del Campidoglio. L’altra caporalessa imbellettata, madama Boldrini, non condanna, ma cinguetta: “Sei bombe carta non mi sembrano una cosa normale”. Ma è questo che ci si aspettava dalle donne in politica?