OMNIBUS

Una serie di articoli e curiosità di facile lettura e di vari aspetti.

IL PESCIOLINO CHE INVENTÒ IL SESSO

di Anna Meldolesi

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Lo scenario è un fondale marino di 380 milioni di anni fa. I protagonisti sono una femmina e un maschio diMicrobrachius, una specie di pesciolini lunghi pochi centimetri e ricoperti da una corazza. I due animali si dispongono uno di fianco all’altro, vanno a braccetto con le pinne anteriori e in questa posa bizzarra i loro corpi si fondono. È la scena di sesso più antica del mondo, appena ricostruita su Nature. L’accoppiamento laterale è reso possibile dall’organo maschile a forma di L. Due piastre, simili a due strisce di velcro, lo agganciano in corrispondenza dell’organo femminile. L’abbraccio serve a mantenere la posizione, che i ricercatori paragonano a una figura della quadriglia ma ha piuttosto l’ardore di un tango. La paleontologia a luci rosse non è soltanto un divertissement. L’origine del sesso, infatti, interessa gli scienziati sin dai tempi di Darwin. Si è creduto a lungo che i primi vertebrati si riproducessero deponendo le uova all’esterno e poi spruzzandole con gli spermatozoi, come fa tuttora la maggior parte dei pesci. Il primitivoMicrobrachius, però, con le sue arti amatorie racconta una storia più complicata. La fecondazione interna, e dunque il sesso, sarebbero stati inventati, dimenticati e reinventati nel corso dell’evoluzione. Forse perché qualche gene fondamentale si è spento in alcuni animali e riacceso in altri. Ad aprire la strada, comunque, sarebbe stato questo pesciolino tra Scozia, Cina ed Estonia, i luoghi di rinvenimento dei fossili di Microbrachius. Ricordatevene la prossima volta che stringerete la persona che amate, è l’invito del primo firmatario dello studio, John Long.

(L’articolo è stato pubblicato sul Corriere della sera il 21 ottobre 2014; per l’immagine il Credit è Dr Brian Choo, Flinders University)

 

LE AMAZZONI TRA STORIA E LEGGENDA

di Anna Meldolesi

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Le Amazzoni sono esistite davvero, nelle steppe del I millennio a.C., anche se molte delle cose che crediamo di sapere su di loro sono sbagliate. Quali? Potete scoprirlo qui, su questa La Lettura, dove cerco di spiegare anche perché hanno avuto tanto successo nella cultura antica e moderna, perché le abbiamo mitizzate insomma. C’è chi dice che la psiche greca abbia inventato le Amazzoni per poterle uccidere, e in effetti nei miti greci la regina guerriera di turno finisce puntualmente uccisa dall’eroe greco, a differenza di quanto accade nelle leggende asiatiche in cui spesso e volentieri è lei a vincere. Particolarmente suggestivo è il confronto tra il mito greco di Pentesilea e quello caucasico di Amezan, dal cui nome potrebbe derivare la parola Amazzoni. Nel primo mito Achille sconfigge Pentesilea, che era accorsa a combattere dalla parte di Troia, ma togliendole l’elmo resta sconvolto dalla bellezza della guerriera morente e desidera di non averla mai uccisa. Nel secondo è Amezan che uccide senza saperlo il nemico di cui è innamorata e poi, disperata, si pianta uno stiletto nel cuore. Le Amazzoni greche comunque non sono solo una trovata misogina. Gli artisti greci infatti non amavano rappresentarle nel momento della sconfitta: le scene di Amazzonomachia sono dei fermo-immagine carichi di suspense, in cui tutto può ancora succedere. E per quanto riguarda i miti, resta il fatto che una morte in battaglia è una morte gloriosa, mentre agli eroi maschi spesso tocca in sorte una dipartita assai poco eroica (avvolti da una tunica in fiamme, sbalzati giù dal cavallo alato, precipitati da un dirupo e via continuando). Insomma le cose sono assai più complicate di come potrebbe sembrare. Oltre al bellissimo libro di Adrienne Mayor che ha ispirato il mio articolo ( “The Amazons. Lives and legends of warrior women across the ancient world” , Princeton University Press, 2014), segnalo una ricerca condotta dalla stessa storica della Stanford University insieme a David Saunders del Getty Museum e al linguista John Colarusso. Gli studiosi hanno decifrato le iscrizioni apparentemente prive di senso presenti su alcuni vasi greci (Hesperia, vol. 83, 2014) ricostruendo il nome di alcune delle Amazzoni dipinte, tra cui “Grido di battaglia”, “Armata di spada”, “Fianchi bollenti”. C’è poi tutto il filone pop delle Amazzoni di teatro e cinema. La prima attrice a scaldare il pubblico americano interpretando un’Amazzone è stata Katharine Hepburn nel 1932 a Broadway, nei panni di Antiope. Una rassegna ragionata delle eroine della cultura popolare è “The modern Amazons. Warrior women on-screen” di Dominique Mainon e James Ursini (Limelight Editions, 2006). Qui si propongono nove requisiti, tra cui la propensione per lo scontro fisico, la non subalternità ai personaggi maschili, il rapporto di sorellanza con le altre donne, la provenienza da una civiltà perduta, la sessualità atipica. Per rientrare nella categoria dellemoderne guerriere del cinemaun personaggio femminile deve soddisfarne almeno due o tre.

L’immagine in apertura del post è un collage di tre opere di Verena Kälin ispirate alle donne delle tribù nomadi della Scizia, le vere Amazzoni insomma.

 

ADAMO METTE LA MARCIA INDIETRO

Adamo fa le bizze. E l'antropologia è costretta, suo malgrado, ad adottare la "tecnica del canguro". Con continui balzi. Ma all'indietro. Gli ultimi rinvenimenti, annunciati quasi in contemporanea e su diversi fronti geografici, qualora dovessero essere confermati ulteriormente, attraverso i meticolosi accertamenti, basterebbero da soli a rimescolare le carte dell'origine del genere umano. E sarebbe essere facili profeti avanzare sin d'ora il dubbio-certezza che le sorprese non sono certo finite. Il sapere scientifico si basa su ciò che c'è. La regola resta valida. Bisognerebbe avere l'umiltà di avvisare che simili verità potrebbero essere quanto meno e quanto prima contraddette da ciò che non c'è e soprattutto da ciò che potrebbe esserci. Si eviterebbero incidenti di percorso come quelli che hanno sottoposto ad un fuoco di fila di nuovi interrogativi, con le scoperte più recenti, il sapere degli antropologi. A cominciare dal cranio di un eurasiatico rinvenuto a Damnisi, in Georgia, spuntato come un alieno, visto che risalirebbe ad un milione ed ottocentomila anni fa. Un individuo piccolo e giovane, forse una donna, dalle dimensioni "eccezionalmente piccole" ed una capacità cerebrale di 600 cc. circa. Considerato una specie di "anello mancante" tra Homo erectus ed i primi rappresentanti del genere Homo, arrivato fino ai confini dell'Europa. Il guaio è che l'ominide dai grandi canini di Damnisi fa retrodatare la comparsa della specie in quelle zone di 800.000 anni, visto che dovrebbe discendere dall'australopiteco africano, che si sarebbe allontanato dalla sua "culla", grazie anche al suo cervello, solo un milione di anni fa. Dividendosi per sempre dal "parente" scimpanzé. Chi è dunque l'uomo di Damnisi? Se l'Eurasia chiama, l'Africa prontamente risponde. Ed ecco affiorare dalle sabbie del Sahara quello che è stato definito "il cranio più antico della storia". E'riemerso nel Ciad settentrionale, è stato battezzato "Sahelantropus tchadensis" e soprannominato Toumai, che nella lingua indigena vuol dire "speranza di vita" ed indica i bambini nati prima della stagione secca. "Il volto appare piatto, con tratti poco pronunciati, e poi c'è il canino, piccolo rispetto a quello degli scimpanzé". Caratteristiche che lo avvicinano molto all'uomo". Ma quale uomo visto che Toumai si colloca fra 7 e 5 milioni di anni fa? Una nuova specie? dal cervello di appena 320-350 centimetri cubici. Lo scopritore, il francese Brunet, come tutti gli scopritori non ha dubbi:"E' stato molto emozionante aver tra le mani l'inizio della linea evolutiva che ha portato al genere umano". In attesa di ulteriori sviluppi si può solo rilevare che i due crani, secondo lo schema dell'evoluzione finora codificato, sono stati trovati dove "non dovevano essere". La natura, la realtà si tolgono così il gusto di sovvertire il presunto primato della scienza, come giocatori che spariglino le carte, mettendo in crisi l'ortodossia. A questo punto continuare a pensare che l'Africa sia stata l'unica culla diventa difficile, come ancora più difficile è continuare a credere che, grazie alla crescita della materia cerebrale i primi ominidi si siano convertiti in emigranti dal ceppo originario del continente nero. Difeso strenuamente come unica "culla", per il fatto che l'uomo doveva discendere dalle scimmie, cominciando a trovare la sua individualità, nel corso dell'evoluzione, quando si sollevò sui piedi, nella posizione eretta, per meglio muoversi, in fase di difesa e di offesa, nelle erbe alte della savana. Ora si rispolvera un multiregionalismo, che porrebbe in migrazione un "cespuglio" di australopitechi, che avrebbero proceduto gli "eretti" alla scoperta del mondo. Con buona pace di un albero genealogico che procedeva in maniera rettilinea. E il motore-cervello? Un organo come un altro. Gli antenati non si sarebbero mossi sulla spinta dell'accresciuta materia cerebrale, ma sull'onda di un impulso iscritto nel Dna fin dalle origini del genere umano. Uomini delle caverne si, ma già potenziali Ulissi. Figli di una scintilla primigenia, divina o meno, anche nell'aspetto ferino e sotto il manto di pelo. Almeno fino alla prossima puntata.

 

DACCI OGGI IL NOSTRO CERCHIO QUOTIDIANO

Sembrano il codice cifrato di un Archimede pitagorico maniacale. Una via di mezzo fra matematica ed arte, segno e messaggio, simbolo e mistero. Il passatempo di un buontempone ispirato, lo scherzo di un vagabondo delle stelle, la rifrazione attraverso qualche satellite (come suggerisce qualcuno di nostra conoscenza) di una tecnica e di una comunicazione incomprensibili, un fenomeno naturale, che sfugge ancora alle capacità di indagine e spiegazione? Interrogativi senza risposta. Nondimeno continuano ad affascinare con i loro rebus irrisolti, con quelle forme ai confini di un talento tanto inedito quanto inesauribile. Che usa la natura per dare corpo alle sue criptiche creazioni. Quasi possa esserci un “architetto” alle spalle, che si diletta a giocare a nascondino. In una forma cangiante, che non ha corrispettivi nel nostro sapere e che tutt’al più ricorda i maghi dei gessetti, che colorano con le loro figure i marciapiedi o il caleidoscopio, nel quale affondavano un tempo gli occhi curiosi e rapiti dei bambini. Quando i gadget tecnologici erano di là da venire. Parliamo, naturalmente, dei cerchi nel grano. Li offrono le televisioni sulla linea di confine, ne parlano riviste specializzate, ma la ricerca-che-non cerca, quella che, quando si confronta con una novità “impossibile”, la rimuove al punto da considerarla ininfluente e persino inesistente, li ignora con tenacia. Fece più scalpore mediatico il fatto, veramente incredibile, che ad eseguirli fossero due vecchietti. Evidentemente dotati, fra l’altro, del dono dell’ubiquità. La verifica sul campo dimostrò che la rudimentale tecnica artigianale e naive dei due arzilli burloni non aveva nulla a che vedere con la perfezione degli autentici cerchi nel grano. Che si moltiplicano, fra l’altro, ad un ritmo e con una fantasia impressionante. Da dove vengono, cosa rappresentano, chi li esegue, a cosa servono? Sono un’esercitazione fine a sé stessa o hanno un senso? Sono “trasmissioni” singole o fanno parte di un disegno generale? E’ un linguaggio figurativo-numerico, una geometria a suo modo sacra? Non è facile rispondere. Una delle chiavi è indubbiamente quella che persegue lo stesso direttore di questa rivista, Adriano Forgione, in tandem con Alfredo Di Prinzio. Percorrono una pista simbolica, dai riscontri tanto plausibili quanto inquietanti. Che se non risolve la litania dei perché, avanza una lettura tanto fascinosa quanto possibile.
Noi sul tema siamo profani, ma ci pare che due, tuttavia, siano gli elementi fondanti, ricorrenti dei “crop circles”. La figura del cerchio ed il grano. Perché il cerchio, perché il grano? A questo punto può soccorrere ancora il simbolo.

L’uno e l’altro hanno valenze universali e universalistiche. Il cerchio è figura geometrica per eccellenza, la forma per Platone più perfetta; è sole e luna, la cui unione è l’opera ultima. Stonehenge, come molti templi sono circolari, Atlantide era una serie di circoli concentrici di terra e d’acqua. Il cerchio non ha un inizio, non ha una fine, nel suo perimetro l’alfa si confonde con l’omega. Il cerchio è un Dio perennemente al centro di ogni cosa. Il movimento delle sfere, con la sua musica celeste, ha un andamento circolare. L’eternità, l’ouroboro, è un serpente, che si morde la coda. Il cerchio alchemico è oro e la “quadratura del cerchio” è il superamento della materia, per un uomo che torna al divino. Un cerchio di scongiuro disegna il mago, un cerchio luminoso diventa aureola, tre cerchi uguali sono la Trinità...

Allo stesso modo il grano, che è messe, che è spiga, che è farina ed infine pane. Emblema di fecondità, di attributo solare, di Cristo (il chicco divino), di germinazione e crescita, di comunione ed eucaristia, quindi di rigenerazione e resurrezione. Un fascio di spighe è “l’integrazione imposta dall’unione forzata nella molteplicità” è l’insieme “dei poteri psichici integrati e diretti verso finalità”. Anche la Madonna è un covone di grano (Cristo) e il suo manto è di spighe. Il “Cantico dei cantici” aggiunge: “Il tuo ventre è un mucchio di grano”, mentre nel Vangelo di Giovanni Gesù afferma: “In verità, in verità vi dico se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo. Se invece muore produce molto frutto”. Il pane è il pane della vita, che si moltiplica con i pesci, è nutrimento soprattutto spirituale, come sull’altare, insieme al vino. “Il cammino del pane – dal chicco di grano, che viene sprofondato nel buio solco del terreno, dal campo che si tinge delicatamente di verde, dall’ondeggiante e dorato mare di spighe, attraverso il lavoro della mietitura e della trebbiatura, il processo della macinazione del setaccio, la preparazione dell’impasto e la cottura al calore del forno, fino alla sua generale distribuzione sul desco familiare, - ebbene, ogni tappa della trasformazione di questo cibo è densa di valenze simboliche, e testimonia il cammino compiuto della civiltà umana”. Forse tutto questo e altro ancora i cerchi non lo dicono. Ma quanto sarebbe bello, se lo dicessero con i loro meravigliosi ed enigmatici geroglifici!

 

THOR HEYERDHAL, IL GRANDE SEMINATORE

Se ne è andato nel silenzio. Le pagine dei giornali, così pronti a mettere in evidenza le notizie dell’inutile, hanno trattato la sua uscita di scena come un avvenimento minore. Eppure ci ha lasciato un gigante. Forse un inconsapevole erede di quella stirpe sparita alle origini del tempo. Thor Eyerdahl aveva 87 anni. Dal 1958 viveva in un piccolo centro della Liguria, abbarbicato di fronte al mare. Quel mare che, da Colombo al norvegese, è come una sorta di virus. Che si insinua nell’animo dell’uomo, facendone in qualche modo un clone dell’Ulisse omerico. Anche se Eyerdhal, quando arrivò in Italia, il primo “folle volo” l’aveva già compiuto. La sua è una leggenda fatta di intuizioni. Puntualmente sperimentate sulla propria pelle e sul campo. A rischio della vita. A dispetto del coro degli scettici. Heyerdhal non poteva produrre documenti, perché la documentazione di quanto asseriva non poteva esistere. Ha portato prove. Non è bastato. Perché non c’è avversario più ostico di quella cultura ottusa, che si trincera sulle proprie posizioni e che, come le tre scimmiette non vuol vedere, non vuol parlare, non vuole soprattutto sentire. Poiché quanto andava sostenendo provocava solo lo scherno degli studiosi Heyerdhal si convertì in un antenato: come un antenato lasciò libri e carte per prendere il mare. Era convinto che la Polinesia era stata raggiunta e popolata dalle genti del Perù. Che l’origine asiatica di quelle etnie era una menzogna. Aveva individuato una mole di indizi a sostegno delle sue teorie. Tutti replicavano che una simile impresa era impossibile. Andò nella foresta dell’Ecuador, tagliò i tronchi di legno di balsa nella giungla, li scortecciò come facevano gli antichi Incas, li legò con funi di canapa. Costruì una zattera con due alberi ed una vela quadrata, che innalzava il volto barbuto del figlio del sole: la chiamò “Kon Tiki” (nella lingua kechua degli indios Kon Tiki significa appunto “figlio del sole”, che in seguito si tramuterà nel Virakocha delle leggende inca). Un vegliardo, nell’isola di Fatuhiva, mentre era in luna di miele, gli aveva raccontato: “Fu Tiki, dio e capo a guidare i nostri lontani genitori su queste isole”. Furono il genio ed il coraggio a guidare Thor, cinque compagni ed un pappagallo, attraverso 8000 chilometri di oceano. Una capanna di bambù intrecciato e foglie di banana come riparo, un rudimentale timone come strumento di navigazione. Il cibo l’offriva l’acqua salata dove pescavano, squali compresi. Per centouno giorni il loro mondo fu soltanto una sfida quotidiana all’elemento liquido, che spesso mostrava i muscoli a quel drappello di argonauti pazzi. Lasciano Callao, sulla costa peruviana, il 28 aprile 1947. Il 7 agosto finiscono contro la barriera corallina dell’arcipelago di Tahiti: nell’atollo di Raroia, che fa parte delle Tuamotu. Thor aveva 33 anni. Il Pacifico era domato. I Moai dell’isola di Pasqua potevano avere individuato la loro origine. Non erano domati gli scienziati, che non si sporcano mai le mani e rimangono avvinghiati ai libri scritti e alla zattera rassicurante del già noto. Ma Heyerdhal era un vichingo inarrendevole, un Erik il Rosso nato per seminare dubbi nel grande stagno del sapere e della conoscenza. Effettuò altre “traversate impossibili”. Con barche di papiro battezzate “Ra”, come avrebbero potuto fare gli antichi egizi, superò l’Atlantico, salpando dal Marocco. Ancora una volta il gioco delle correnti, nelle quali confidava, gli fece raggiungere le Barbados. Alla sua veneranda età andava ancora a caccia di piramidi, cercando un nesso fra civiltà precolombiane ed Egitto. Studiava i Sumeri e inseguiva Asgaard, la mitica residenza del re dei vichinghi. L’evidenza delle sue avventure, dei manufatti e del buon senso spingevano le sue vele. Etnologi ed antropologi remavano contro. Resta un gigante che ha navigato sempre controcorrente. Lasciandoci, come sanno fare i grandi, una serie di interrogativi. Sui giornali, lo ripetiamo, poche righe. Titoli, che in gergo, vengono chiamati da “taglio basso”. Viene da pensare alle pagine intere dedicate alla scomparsa recente di qualche tifoso piuttosto noto, come l’avvocato Prisco o la madre di Cecchi Gori. Quali furono i loro grandi meriti, oltre a quelli della passione sportiva? A questo punto il dubbio si dilata, per abbracciare i troppi temi irrisolti del tempo che viviamo. Che pure si dice orfano e recrimina sul tramonto di valori e virtù. Che non riesce nemmeno a riconoscere la grandezza di un cacciatore di verità, di un cavaliere del mondo e del mare. Di un esploratore che cercava in terra l’anima dell’uomo.

 

IMPARA L'ARTE E ARRETRALA NEL TEMPO

In principio fu il verbo, la parola. Da cui tutto è cominciato e con quel che ne è seguito. Che non è stato poco. Parola come scrigno misterico, come sequenza di suoni, di consonanti e vocaboli, in grado di celare e disvelare al tempo stesso il segreto dell'esistenza, l'espressione del divino. Parola che può tramutarsi in segno, simbolo o puro disegno, ovvero arte. Che spesso è scrittura, che procede per immagini. Parola e segno come alba del mondo. Non a caso, nei secoli che ci hanno preceduto, chi aveva il dono della parola come della scrittura, quindi del segno, era venerato come un essere superiore. Così l'artista è un tramite con il divino. Siamo ere distanti dal nostro linguaggio e dai segni di tutti i giorni, ridotti a pura espressione meccanica o mnemonica, per lo scambio di comunicazione fra gli esseri umani. Specie in tempi di cosiddetta comunicazione globale, ma anche di totale incomunicazione, mai così lontani, rispetto al passato, dalla parola-segno sorgente; specie in un'epoca mediatica, che cerca di fare della parola e dell'immagine un'arma, sulla scia di un futuro (già in parte pericolosamente presente) da consegnare per qualcuno ad un "grande fratello" di orwelliana memoria. Sulla scorta anche di quella caricatura, costituita dall'omonima trasmissione televisiva. Esempio di audience a basso prezzo e di un uso della parola, del linguaggio, della comunicazione e del messaggio quanto mai caduti in basso.
Abbia o non abbia un'anima la parola-segno, anche qualsiasi linguaggio, come ogni manifestazione che lo traduce in segnale, ha bisogno per la scienza di un'origine precisa. Nella necessità di riempire a tutti i costi gli spazi vuoti dell'incognito. Probabilmente dell'inconoscibile. Sappiamo ancora troppo poco di noi per stabilire con sicumera da quando la "favella", pronunciata e tracciata, ha accompagnato l'essere, da quando si è trasformata in un'eredità orale, scritta o "picta", da affidare ai posteri. Nondimeno i sacerdoti dell'ortodossia hanno bisogno di date, di caselle, di scadenze. Anche quando queste si basano su pochi dati e su moltissimi omissis. In un'erudizione che cerca di mettere dei punti fermi che, nel tempo, servono solo a porre altrettante barriere all'avanzare della conoscenza. In un processo scontato. Se si dà, difatti, attraverso studi, che possono durare una vita intera, un incipit, come lo si può rinnegare all'apparire di elementi nuovi e stravolgenti? Sarebbe come un darsi la morte. E sul cammino della scienza sono pochi gli "esperti" disposti ad un venerabile e intellettuale harakiri, al sacrificio. Più facile, più semplice, più pratico osteggiare il nuovo.

Ma la vita è fatta di sorprese. Così di colpo la prestigiosa pubblicazione "Science" ha dovuto fare arretrare la "nascita" dell'arte a 77.000 anni fa. I record sportivi dell'uomo vanno avanti per frazioni, a volte infinitesimali di unità. Quelli della cosiddetta scienza sono costretti a balzi da canguro scomposti. Persino risibili. Fino a ieri la "nascita" dell'arte aveva la metà degli anni. E' invecchiata repentinamente. Tutto è dovuto alla scoperta in Sudafrica, presso Città del Capo, a Blombos Cave nel 1999, di ottomila frammenti di ocra, di cui sette "con possibili incisioni e due con incisioni certe", oltre al rinvenimento di vari oggetti di pietra scheggiata. Fino a ieri si era decretato che l'arte era nata fra i 35.000 e i 40.000 anni fa. Un dato difeso graniticamente (ma l'era della pietra non era stata superata?), a dispetto di numerosi altri reperti, che mandavano da tempo in tilt la clessidra ostentata come un ostensorio dagli scienziati.

E' il caso di una minuscola figura femminile proveniente dalla alture del Golan israeliano e di una pietra lavorata (amigdale) proveniente dall'Inghilterra, dove due fossili sono posti, proprio al centro dei manufatti, in una scelta altamente decorativa. Il guaio è che quei fossili fanno retrodatare le opere a 250.000 anni fa, mentre i "sapiens" risalirebbero a 130.000 anni fa. Ulteriori scoperte nello Zambia, trecento frammenti di ocra gialla e rossa, naturalmente rimossi dalla comunità scientifica, avanzano sospetti per età ancora più "impossibili": Si parla di 350.000, 400.000 anni fa. Evidente che i conti non tornano più. Meglio per ora attenersi alle stime che le tavolette di ocra sudafricane comportano. Si tratta, tuttavia, di un incredibile passo avanti, sulla via della formulazione del dubbio. Tanto più che sulla pagina del "Corriere Scienza", un giornalista scientifico e pragmatico, come Viviano Domenici, accenna, a voler prendere chiaramente le distanze, alla riottosità degli specialisti "a spostare all'indietro le date che ormai sono stampate sui libri (che hanno scritto loro) e aggiunge che "se questi oggetti venissero riconosciuti come "oggetti d'arte" ne discenderebbe che i primi artisti della storia non fummo noi "sapiens" (comparsi, lo ripetiamo, sulla terra attorno ai 130.000 anni fa), ma una specie umana che ci ha preceduto. E questo, per molti, è insopportabile". E fu così che il "sapiens", a fronte di chi lo aveva preceduto, diventò del tutto "insipiens".

 

DAL VINO ALLA SCIENZA, UN SORSO DI VERITÀ

Il vino è ancestralmente collegato alla verità ed al sacro. Riti che si perdono nel tempo, con i culti di Dioniso e Bacco. In Oriente e in Egitto gli acini dell’uva venivano chiamati “gli occhi di Horus”. In una linea di confine ininterrotta fra il limite terreno e quello non terreno. Un nettare che elevava la mente allo stato d’ebbrezza, fino al limitare della soglia del divino, in una comunione, che la chiesa cattolica raccoglierà. Così “il sangue dell’uva” si trasforma nel sangue di Cristo, attraverso il rito che si rinnova sull’altare. “L’esperienza religiosa ha elevato il vino a parabola del sangue divino. Nel vino è l’elemento eccitante, la forza dello spirito, che vince il peso della terra e mette ali alla fantasia… il miracolo del vino è, dal punto di vista dell’anima il miracolo divino della trasformazione di un’esistenza terrena vegetativa in uno spirito alato”. E’ il versante animico-spirituale della personalità umana, che trova, attraverso la bevanda degli dei, un canale di mediazione con il mondo altro. Il sangue, d’altronde, unisce a sua volta simbolicamente tanto la vita quanto la morte, l’aldiqua come l’aldilà. Nulla a che vedere con l’uso e l’abuso dell’alcool. Anche se spesso l’ubriaco, come il folle, può essere un esempio di innocenza. Un simbolismo, mai abbandonato, insistito visto che Cristo diventerà la vite, i discepoli i viticci e la vendemmia, il simbolo del Giudizio Universale, che accompagna la fine dei tempi. La vite, infine, come albero della vita, che si tramuta nella croce. Insomma una “bevanda spirituale”, un fuoco vitale, che si spargeva in terra anche per i defunti, che ancora oggi il sacerdote beve e unisce al pane nel sacramento dell’Eucarestia.

Tutto questo e molto altro ancora è il vino, anche se ai nostri giorni ha perduto il suo connotato sacrale, come ogni altra cosa, per diventare una libagione, un sapore da sposare ad un buon pasto per la festa profana delle papille gustative. Per trasformarsi addirittura in uno “status symbol”. A dimostrazione della caduta verticale dei simboli nella società contemporanea. Ciò che era considerato un veicolo dello spirito, oggi è l’oggetto del desiderio della materialità più spinta, quella legata alla capacità economica dell’individuo. Tutto questo come preambolo ad un fatto singolare avvenuto in Francia. Presso l’università di Bordeaux, in un tempio cioè della ricerca scientifica, in una famosa area vitivinicola, che non ignora il “background” esposto e dove si tramanda nei secoli la cultura e la coltura del vino. E’ là che due professori hanno dato vita ad un esperimento scientifico, con la complicità ignara di 54 degustatori, scelti fra i migliori studenti della facoltà di enologia. All’esame dei quali è stato sottoposto un bianco ed un rosso. Com’era il rosso? Con tracce di violetta, cacao, tabacco e persino con un retrogusto di animale. Com’era il bianco? Al sapore di miele, pompelmo, burro e addirittura idrocarburo. Al rosso gli esperti hanno puntualmente assimilato elementi dal colore scuro, al bianco al contrario elementi dal colore chiaro. Nel primo vi hanno individuato un retrogusto anche di pepe, nel secondo persino di paglia. In “vino veritas”?

La verità è che il vino era sempre lo stesso, un bianco del 1966, vitigni Sémillon e Sauvignon. I due professori avevano fatto diventare il bianco anche rosso, grazie ad un colorante inodore e insapore. Deducendone che il colore influenza l’esperienza olfattiva, l’odore. Limitandosi a sostenere “che la degustazione è un’illusione doppiamente orale, poiché è al tempo stesso boccale e verbale”. A restarne coinvolta sarebbe una zona della nostra corteccia, area V1, che spingerebbe all’inganno. Ne scaturisce, per quanto ci riguarda, una semplice, elementare constatazione. Che svela come un certo condizionamento, dovuto all’abitudine, porti conseguentemente alla menzogna. Sia pure in buona fede. Denunciando un “habitus” mentale, che ha bisogno dell’uso del vino (fedele, in questo caso, alla sua tradizione sacrale), per essere eluso ed aggirato. A noi, difatti, il problema pare, soprattutto, un altro. La verità sorprendente, circa l’esito dell’esperimento scientifico, ci sembra esemplare. Un sano scetticismo dovrebbe presiedere alle cosiddette certezze scientifiche che frequentemente finiscono con il tradursi nella difesa del luogo comune. Producendo pigrizia ed ottundimento. Al punto che anche un finto vino rosso deve forzosamente corrispondere alle caratteristiche del vino rosso. Purché ci sia una documentazione attendibile. Il “documento-vino-rosso” assaggiato è reale: semplicemente non è autentico. Quante volte si è interpretato e si interpreta per rosso ciò che rosso non è, per il semplice fatto di essere presentato e interpreto da sempre come tale? In questo modo ogni possibile errore della scienza viene annullato in partenza, sulla base di un presupposto fasullo. Fino a prova contraria conclamata ed accettata. Anche se Leo Longanesi qualche dubbio lo aveva avanzato, con una battuta illuminante: “Esperto: un signore che, a pagamento, ti spiega perché ha sbagliato l’analisi precedente”. Restando sempre esperto e considerando inesperti sempre gli altri. Specie se non appartengono alla sua casta. O corporazione?. Usiamo l’interrogativo, perché preferiamo non avere troppe certezze.

 

ARRESTI DOMICILIARI PER GATTO MATTO

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Un vero e proprio gatto da guardia, che tira fuori gli artigli e i denti ogni volta che un estraneo si avvicina. Lewis, questo il suo nome, ha seminato il panico in un paesino del Connecticut, mandando sei abitanti del quartiere dritti in ospedale e terrorizzando l'intero vicinato. Così per il felino, a detta di tutti di stazza mostruosa, sono scattati gli arresti domiciliari. Lewis è un gatto, ma per le sue dimensioni potrebbe sembrare una tigre. Almeno nei racconti degli abitanti di Sunset Circle, il quartiere di Fairfield dove il felino vive. "E' grande quanto il gatto Felix - ha detto Janet Kettman - con lunghi artigli per ogni zampa, che sono armi formidabili". Al di là delle leggende metropolitane, un fatto è certo: Lewis non è quel tipo di gatto che puoi tenere in grembo ad accarezzare. In ospedale, a farsi curare le ferite, sono già finite sei persone. Ora però l'incubo di Sunset Circle sembra finito. Rachel Solveira, responsabile dell'Animal Control, ha deciso per Lewis gli arresti domicialiri. Già nei giorni scorsi aveva emanato un ordine di cattura contro di lui. Si tratta della prima volta che un simile provvedimento viene preso all'interno della cittadina di Fairfield. Meno contenta dei suoi concittadini è la padrona del gattone, Ruth Cisero. La donna, che difende il suo micio a spada tratta, dovrà ora rispondere adesso di aver preso con troppa leggerezza l'avviso di "reclusione" imposto qualche settimana fa.

 

GLI ANIMALI SONO IN GRADO DI TRASMETTERCI I LORO MESSAGGI

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Si è sempre pensato che il linguaggio sia esclusivo dell'uomo. Una sorta di investitura iniziatica. Gli studi più recenti decretano che non è così. Anche gli animali "parlano" e a quanto pare persino le piante hanno una loro memoria. Siamo noi a non capire o ad avere perduto questa forma di comunicazione. Che alcuni conservano, tuttavia, in modo spiccato. C'è, difatti, chi ha un "feeling" particolare con la fauna e chi con la flora. Non è un caso che si parli di "pollice verde" e si dica che, vivendo insieme, animali e padroni finiscano per somigliarsi. Un servizio sulla rivista "Focus" avvalora queste teorie spiegandoci cosa dicono cani, gatti e altri animali quando si rivolgono ai loro simili o alla razza umana. Sapevate, tanto per fare un esempio, che il vostro gatto è capace di 23 diversi "miao" e vocalizzi? Senza contare le scimmie che fanno di conto e compongono parole? Imparare questa forma di "parlare", soprattutto gestuale, ci può aiutare a capire meglio i nostri amici, domestici e non, e a talvolta a riconoscere le situazioni di rischio, specie durante i viaggi, quando ci si avventura in territori altrui. Anche gli animali non sopportano intrusioni o prevaricazioni in quelli che ritengono i loro possedimenti. (22-5-2001)

 

VIVE IN AFRICA IL PESCE PREISTORICO

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Nelle acque più profonde del Sud Africa una squadra di sudafricani ha trovato un esemplare adulto di celacanto, un pesce preistorico ritenuto estinto da 400 milioni di anni, di oltre un metro di lunghezza. La spedizione, guidata da Pieter Venter, ha un grande valore scientifico per l'eccezionale scoperta e per aver osservato il celacanto nel suo ambiente naturale. Per mesi il gruppo ha cercato l'animale, che non veniva avvistato nei mari sudafricani dal 1938 quando un esemplare, capitato per caso nelle reti di un peschereccio, venne riconosciuto dalla comunità scientifica e considerato una delle più importanti scoperte zoologiche del secolo.

 

IL VOLTO DI GESÙ CRISTO: DA COSÌ A COSÌ

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Se una ricostruzione del genere l'avesse fatta un non addetto ai lavori, la scienza si sarebbe sollevata inorridita. Ma siccome l'ipotesi viene da uno studioso se ne può parlare, sia pure respingendola. Pacatamente, perché fra simili non ci si sbrana. Guardate quel figuro bruno e vagamente beota, riprodotto a sinistra: a metà fra un aborigeno e un "vu cumprà". Per qualcuno sarebbe il ritratto più realistico di Gesù. Farebbe fede una ricostruzione che si basa sul cranio di uno dei tanti palestinesi dell'epoca. Che il volto di Cristo, al quale siamo e ci hanno abituati, sia una ricostruzione puramente oleografica lo si sa bene. Ma da qui a credere che la verità possa essere rappresentata dall'ominide di Neanderthal che ci viene proposto, proprio in concomitanza con la Pasqua, ce ne corre. Il gioco, fra l'altro, dato il particolare periodo, indipendentemente dalla fede, pare di dubbio gusto. Se a Gesù si deve dare proprio un volto preferiamo sceglierlo fra i tanti in mostra a Roma al Palazzo delle Esposizioni. Mentre ci viene da chiedere perché nessuno si azzarda a raffigurare Maometto. Sulman Rushdie insegna… (RugMar) (13-4-2001)

 

PANORAMA DI UN MADAGASCAR INCONSUETO

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E' un panorama che è possibile scorgere dall'alto in Madagascar. Una sorprendente conformazione geologica dovuta all'acidità delle piogge che hanno scavato l'altopiano calcareo. In un gioco fra pietra e verde, che pare un eccentrico ricamo. (Foto tratta da "Panorama")

 

SVELATE LE "MONTAGNE" DEL MAR TIRRENO

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Ci son voluti più di tre anni, cento giorni di navigazione e 36mila km percorsi ai ricercatori dell'Istituto di Geologia Marina del Cnr di Bologna per mappare il fondale del Mar Tirreno rendendolo visibile con la prima carta geologica dettagliata. "E' come se avessimo tolto l'acqua" afferma orgogliosamente il professore Michael Marani, capo del Progetto Tirreno, "e per la prima volta abbiamo potuto cartografare con precisione il vulcano sottomarino Marsili (nella foto) geologicamente attivo...". (24-3-2001) (Foto da National Geographic Italia)

 

RABDOMANTI DELLO SPAZIO

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Un italiano su due, dice la statistica, crede nell'esistenza degli extraterrestri. E' quanto sostengono gli ufologi. Dall'inizio dell'anno, gli avvistamenti di "oggetti volanti non identificati" nella penisola sono stati tre: a Bologna, a Campobasso e a Siena. Gli scienziati sostengono che si tratta di fenomeni celesti perfettamente spiegabili. Ma la ricerca continua. L'ultima trovata è ancora italiana e viene definita Itasel. Consiste nell'individuare i pianeti dove c'è l'acqua e di conseguenza possibili forme di vita primitiva: i microrganismi. Un po' come guardare il cielo con tecniche da rabdomanti dello spazio. Come quello che, di recente, sarebbe stato individuato su un meteorite di provenienza marziana. (20-3-2001) (Illustrazione tratta dalla pagina della scienza del Giornale)

 

ANIMALI E PIANTE: GLI OCCHI DELL'EDEN

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Un fiore, una pianta grassa? Un'opera d'arte di ispirazione divisionista? E' semplicemente l'ingrandimento dell'occhio, in grado di ruotare in tutte le direzioni, di un camaleonte. I camaleonti sono spesso frequenti anche nella specie umana. Solo che, anche se sottoposti a qualsiasi tipo di ingrandimento, restano piccole persone. Non certo in grado di rivelare una simile sinfonia di colori e di nascoste bellezze. Per analogia, a destra, una delle cupole, dal sapore avveniristico, costruite in Inghilterra per un giardino botanico unico al mondo: una specie di Eden globale dove sono stati riprodotti tutti i climi del pianeta. (20-3-2001)
(Foto tratta da Panorama e dal Venerdì di Repubblica)

 

E' SEMPRE "MADE IN KENIA" IL NUOVO NONNO DELL'UMANITA'

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Lo hanno chiamato "Millennium man": l'uomo del Millennio. Sono i resti fossili di un ominide, ritrovato in Kenia, che sta creando un serio scompiglio fra i ricercatori di paleoantropologia. Sarebbero i resti del vero "nonno" dell'umanità. Che farebbe retrodatare a 6 milioni di anni fa i più antichi progenitori, finora conosciuti, della specie umana. La famosa "Lucy", che era fino a poco tempo fa la vera "star" delle ricerche sull'origine dell'uomo, era ad uno stadio evolutivo molto meno avanzato. Naturalmente non tutti sono d'accordo e la questione resta aperta, in una guerriglia fatta di primati e di giochi di potere, che coinvolge gli studiosi. Mentre il Kenia è diventato, con la Rift Valley, la miniera d'oro degli scienziati in cerca di notorietà. In una serie di disfide, che mette a rischio la stessa credibilità della cosiddetta scienza. (16.3.2001) (Il disegno è tratto da La Stampa)

 

AD IMMAGINE E SOMIGLIANZA DEGLI ANIMALI

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I robot, un poco vanto, un poco disperazione, entrano sempre più prepotentemente a fare parte del nostro quotidiano, della nostra vita. Ma più che l'uomo, che è il loro creatore, sembrano prendere a modello la natura. In particolare si rifanno alla vita animale. Le ultime macchine, sempre più sofisticate nuotano, camminano, strisciano. Sono insetti tecnologici che saranno preziosi per la medicina del futuro, per andare su Marte, per migliorare la vita. Prima o poi ci vorrà un San Francesco delle creature "tecno". (16-3-2001)(Foto tratte da NET, il supplemento di Panorama ispirato alle nuove frontiere della tecnologia)

 

L'INGANNO DEL COLORE

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Verrebbe proprio la voglia di mettersele in bocca per provarne il sapore. Colorati, accattivanti non sono caramelle. Potrebbero essere mozziconi di gessetti?. Nemmeno. Sono formazioni di carbone, nitrato di potassio e zolfo molto più subdole e pericolose. E' l'effetto al microscopio di diversi tipi di polvere da sparo che, in versione micro, hanno il fascino dei fuochi d'artificio. Ma che, in versione macro, sono solo un segnale di distruzione e di morte.
(9-3-2001) (Foto tratta da Panorama)

 

SFINGE E PIRAMIDI, RISOLTO IL MISTERO?

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Dopo anni e anni di ipotesi, forse risolto il mistero dell'origine dei monumenti più enigmatici della civiltà, la Sfinge e le grandi Piramidi egizie. Non sarebbero state solo frutto dell'inventiva di artisti e architetti, ma sarebbero servite a riprodurre le forme delle rocce che l'erosione atmosferica aveva modellato nel deserto del Sahara occidentale. E' la tesi di uno studioso americano di origine araba, Farouk el-Baz, del Center for Remote Sensing dell'Università di Boston (Usa), che ha portato a corredo una serie di documenti fotografici di impressionante evidenza. Dunque, lo sbocciare della civiltà dei Faraoni sarebbe da attribuire all'arrivo nella Valle del Nilo - oltre 3000 anni fa - di popolazioni nomadi provenienti da ovest, che si fusero con le tribù di agricoltori stanziati da millenni nelle fertili rive del Nilo. La migrazione verso est sarebbe stata imposta dai cambiamenti climatici, che trasformarono progressivamente in un deserto senza vita l'antico "Sahara verde". Durante questa migrazione alla ricerca dell'acqua, le tribù nomadi si trovarono ad attraversare territori dove l'erosione aveva attaccato i grandi banchi di calcare modellando migliaia di "piramidi" e di "leoni pietrificati" (noti come yardang, "leoni di fango"), che ancora oggi caratterizzano soprattutto l'area dell'oasi di Kharga. Forme tanto "innaturali" da essere ritenute manifestazioni di forze superiori, di dei. E così, arrivati nella Valle del Nilo, i nomadi portarono alle popolazioni del posto i loro miti e le loro immagini sacre, tra cui l'idea della collina "piramide" e del "leone accovacciato". Appunto quelle forme riprodotte a gloria dei Faraoni, che ancora oggi ci ammaliano lungo la valle del Nilo. (9-3-2001) (Foto tratte dal Corriere della Sera)

 

PAZZE STAGIONI: CI HANNO SCIPPATO L'INVERNO

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Ci hanno scippato le stagioni. Ci hanno scippato soprattutto l'inverno. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti. Le mimose stanno quasi per sfiorire, le piante da frutto sono già in fiore. Pare che la media delle temperature sia stata di ben sette gradi superiore alla media, rispetto agli Anni 70. Se non si tratta di un caso eccezionale siamo di fronte ad un fenomeno estremamente preoccupante, segno indubbio di equilibri dissestati. E' vero che nel corso dei secoli le ere si sono avvicendate fra periodi di grande freddo e periodi di grande caldo. Ma il cambiamento sembra troppo repentino per non lasciarsi andare a previsioni pessimistiche. Superato il periodo delle paure legate alla guerra fredda siamo ora al terrore della guerra del caldo, che potrebbe mutare il volto del pianeta. A meno che, a schiarirci le idee, non sopravvenga qualche gelata. Fino a ieri l'avremmo accolta con fastidio. Ora ci manca. (Foto pubblicata dal settimanale Panorama)

 

NEVI DEL KILIMANGIARO ADDIO

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Le nevi del Kilimangiaro fra quindici anni saranno soltanto il titolo di un grande romanzo di Hemingway e una fotografia di archivio da tramandare ai posteri. Secondo gli scienziati, la grande montagna africana, "sistemata" dalla natura al centro di una savana calda e sterminata, sarà la prima vittima dell'effetto serra, prima delle Ande e del Tibet. In pratica, le sue mitiche nevi a quota 5.890 scompariranno, a causa dell'inarrestabile surriscaldamento della Terra. In Italia, le prime montagne ad essere colpite saranno la Marmolada e l Bernina. Le Alpi saranno completamente sconvolte, perché entro il 2025, secondo gli ultimi calcoli, i nostri ghiacciai avranno perso circa il 90 per cento del volume di un secolo fa. L'Africa è il continente più vulnerabile a causa dell'effetto serra, seguito dall'Asia, America e paesi meridionali dell'Europa, Italia compresa, se non saranno ridotte le emissioni industriali, saranno paurosamente a corto di acqua. (Nella foto un'immagine di ghiacciai eterni che stanno regredendo in maniera preoccupante a causa del riscaldamento del pianeta)

 

IL PIANETA DALL'ALTO

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"Omaggio alla Terra. Un ritratto del pianeta all'alba del 2000". Cinque anni di lavoro, 75 Paesi ripresi dall'alto, 2000 ore di volo, 15.000 rulli e 100.000 fotografie selezionate. E' il libro frutto del lavoro di Yann Arthus-Bertrand sintetizzato anche in una serie di mostre, che verranno organizzate con l'appoggio dell'UNESCO, che ha favorito la straordinaria impresa del fotografo. Un modo singolare per dare un'interpretazione diversa degli eccezionali aspetti del nostro pianeta, che sfuggono all'occhio di un normale osservatore. (Nelle foto, a sinistra i rifiuti di un impianto di dissalazione delle acque in Kuwait, a destra un paesaggio agricolo tra la diga di Massira e Rabat. In Italia un affascinante e analogo lavoro fu compiuto qualche anno fa da Folco Quilici, il noto regista italiano)

 

BOLIVIA: PARADISI A RISCHIO

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E' un grande polmone verde: è il Madidi, uno stupendo parco naturale. Nella lontana Bolivia. A ovest ghiacciai, a est foresta pluviale, pampas a nord e, nel mezzo, ancora foresta. Un ecosistema ancora non del tutto esplorato e ricco di biodiversità, che rischia di essere sommerso da una grande diga in progettazione, alla ricerca di una fonte di energia elettrica, di cui il paese è affamato. Il nuovo lago coprirebbe trecentomila ettari di verde, rifornendo anche il vicino Brasile. Con un servizio di Steve Kemper e le stupende fotografie di Joel Sartore, che in parte riprendiamo dall'ultima pubblicazione, ilNational Geographic lancia l'allarme per un Eden da salvare. Anche perché sono state individuate altre zone che potrebbero veder realizzata la diga, senza creare altrettanti danni per la vita della foresta.

 

ULTIME SCOPERTE: IL MISTERO DELLA NASCITA

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Il Natale richiama la Natività, la nascita, in un mistero sul quale la scienza indaga, andando a scandagliare nella fase prenatale. Cosa, difatti, accade dal concepimento alla "venuta alla luce"? E' un interrogativo al quale cerca di rispondere "Focus", con una serie di immagini suggestive e grazie ad una serie di fotografie ottenute con tecniche endoscopiche. Offrendo inoltre una sintesi delle conoscenze attuali sulla vita fetale: dalle fasi di sviluppo alle analisi per valutare i progressi della gravidanza, dalla chimica della vita alle più recenti tecniche d'intervento chirurgico prenatale.

 

NON SOLO BOLLE DI SAPONE

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E' incredibile quello che si nasconde all'occhio umano. Un mondo affascinante al quale ci è precluso l'accesso attraverso la vista normale. A introdurci in queste possibilità di scoperta può essere solo la scienza, come in questi comportamenti dei gas, intrappolati nei liquidi negli ingrandimenti fotografici tratti dalla nuova pubblicazione "La macchina del tempo". Nella prima foto "un alveare di bolle", nella seconda l'effetto prodotto dalle rifrazioni della luce sulle pareti di una bolla di sapone. In una magia che non ha nulla da invidiare al talento artistico.

 

ARCHEOLOGIA VIRTUALE

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Le magie del computer sono già in grado di offrirci l'archeologia virtuale, ovvero la possibilità di addentrarci, fra rumori e suoni, nelle civiltà del passato. Sarà possibile "spostarsi all'interno delle piramidi egiziane, camminare sulle vie lastricate dei Fori imperiali, entrare nella tomba di Nefertari o assistere a uno spettacolo nell'antico teatro greco di Agrippa". Oppure incamminarsi (come nelle immagini tratte da Newton) lungo il viale della Morte che divideva la capitale dei Toltechi. Quando quel popolo precolombiano si insediò nell'area che accoglie oggi Città del Messico nel IX secolo.

 

SE IL CLIMA IMPAZZISCE

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Sono ancor più allarmanti dei precedenti gli ultimi dati sui cambiamenti climatici sfornati per conto dell'Onu dall'Ipcc (Intergovernmental panel on climate charge). Se nel 1995 l'aumento medio delle temperature dal 1860 era stimato fra 0,3 e 0,6 gradi centigradi, oggi è salito a 0,4-0,8, tanto che gli ultimi dieci anni sono considerati i più caldi del millennio. Colpa dei 6,8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica e di altri gas surriscaldanti riversati nell'atmosfera dai processi di combustione, dalle produzioni industriali e dalle attività agricole. Di questo passo, si calcola che nel 2100 si arriverà ad aumenti non di 3 ma di 6 gradi centigradi. Con conseguenze che l'Ipcc ipotizza catastrofiche, come l'intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi, lo scioglimento di una parte della calotta antartica, l'aumento del livello dei mari, piogge sempre più a carattere di alluvioni, la perdita di vaste aree insulari e costiere, la morte di specie agricole e forestali. In uno scenario che potrebbe vedere l'Europa meridionale avviata verso la desertificazione e quella settentrionale, dalla Gran Bretagna alla Penisola scandinava, paradossalmente interessata da una piccola era glaciale per le possibili alterazioni nel funzionamento della Corrente del Golfo. E intanto nessuno dei 38 Paesi industrializzati, i maggiori inquinatori, ha ratificato quell'accordo di Kyoto del 1997 che impegnava a ridurre in media del 5% entro il 2010 le emissioni di anidride carbonica e di altri gas. A salvarci in parte l'anima, c'è da dire, però, che non tutti i pareri sono concordi. I ricercatori dell'Esa, ad esempio, hanno attribuito il surriscaldamento globale a una complessa interazione fra aumento del campo magnetico solare, diminuzione dei raggi cosmici in arrivo sulla Terra e diradarsi della copertura nuvolosa. Insomma, un ridimensionamento della responsabilità dell'uomo e l'interpretazione dell'effetto serra come una temporanea oscillazione. Sarebbe davvero l'ipotesi più augurabile per tutti. (Foto tratte da Scienze Dossier)

 

A-DAMA VENNE PRIMA DI ADAMO

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La scienza e la ricerca scientifica non lasciano trascorrere giorno senza stupirci. L'ultima novità equivarrebbe ad un definitivo colpo di spugna circa il primato del maschio. Adamo e la sua costola non sarebbero che una "machistica" fandonia, complice il libro della Genesi. Da uno studio di due ricercatori della Stanford University, difatti, il cromosoma sessuale maschile sarebbe molto più recente di quello femminile. Loro raggiunsero l' "assetto" attuale 143 mila anni fa, lui solo 59 mila anni fa. Una differenza di… soli 84 mila anni. La culla, come già era noto, fu l'Africa. Come dire che "madama", o meglio A-dama, fece prima a registrare i suoi cromosomi, in una capacità di adattamento superiore. Se poi nel gioco dell'evoluzione si deve riconoscere che l'adeguamento esige un'elasticità che viene anche dallo sviluppo del pensiero, che a sua volta si riflette sul fisico, ne consegue che Eva, stando alle ultime ricerche, sarebbe prima in tutto. Ma poiché il mondo è ancora dei maschi, quelle capacità in parte innate, in parte sviluppate, conviene relegarle nel mondo dell'intuito e dell'istinto. Nulla a che vedere con…l'intelligenza. (Il disegno è tratto da Libero)

 

UMANITA' A RISCHIO: ASTEROIDI KILLER

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L'umanità ed il mondo in cui viviamo sono a rischio asteroide. Una delle tesi scientifiche più accreditate attribuisce ad un evento del genere la scomparsa dei dinosauri dalla Terra. Potrebbe capitare anche a noi. Le percentuali di impatto sono scarse, ma una possibilità esiste sempre. Negli ultimi 40 giorni sono stati due i sassi cosmici che ci hanno sfiorato ad 1 milione ed a 4 milioni di chilometri dal nostro pianeta. Il che, in termini spaziali, rappresenta un'inezia. Il primo, di appena 100 metri di diametro, sarebbe stato sufficiente a distruggere Milano e provincia. L'altro avrebbe ucciso un quarto della popolazione mondiale. Naturalmente la catastrofe sarebbe proporzionale alle dimensioni dell'asteroide. Bastano dieci chilometri, o poco di più, a "sbocciare" come un pallino il nostro mondo infinitesimale con tutti gli esseri che lo abitano.
(Illustrazioni da Panorama, a firma Grazia Neri e Stefano Carrara)

 

TASMANIA: LE SORPRESE DELL'UNIVERSO

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Un piccolo universo perduto, un vulcano sottomarino spento, dove vivono animali creduti estinti da milioni di anni e altri ancora completamente sconosciuti. Questo mondo, nascosto nei fondali dell'Oceano Pacifico, è stato scoperto dagli scenziati del Csiro, il Centro di Ricerche australiano, durante una spedizione nel mare di Tasmania, a sud-est delle coste dell'Australia. A più di 1000 metri sotto la superficie dell'Oceano, i ricercatori hanno infatti avuto una straordinaria visione: una "montagna" colorata da centinaia di invertebrati, 850 specie di strane creature e di animali solitamente tipici delle barriere coralline di acque basse. "Ma l'aspetto più incredibile della nostra scoperta", racconta Tony Koslow, biologo marino e capo della spedizione, "è che di queste 850 specie circa 350 erano totalmente sconosciute, mentre molte altre sono 'specie relitte', appartenenti cioè a gruppi che si ritenevano estinti da tempo...". (Tratto dal numero di ottobre 2000 della rivista Newton. In alto una stella di mare serpentina di 10 centimetri, a destra un granchio con zampe lunghe 20)

 

AVEVANO IL CERVELLO PICCOLO

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Arrivarono un milione di anni fa. I primi coloni della penisola italiana avevano la fronte sfuggente, le arcate orbitali marcate e un cervello di 1.000 centimetri cubi, più piccolo di quello degli italiani di oggi (che in media è circa di 1.400 cc). Ma anche se il loro viso tradiva il passato scimmiesco, l'andatura bipede era perfetta. Non solo: dovevano già esistere la coppia, la famiglia e il clan, e la cooperazione fra i membri del gruppo permetteva di cacciare grossi animali. (Tratto da un articolo tratto da Focus. Nella foto, il teschio di un antenato rinvenuto nei pressi di Bari, ad Altamura. Lo scheletro testimonia l'evoluzione da "Homo erectus" a Neanderthal)

 

SONDE NELLO SPAZIO A CACCIA DI COMETE

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Si accinge ad entrare nello spazio una pattuglia di sonde, tre per l’esattezza che, da qui ai prossimi anni, andranno a caccia di comete. Per riprenderne la superficie come mai accaduto prima d’ora, per scoprire cosa si nasconde sotto la loro crosta, per studiarne la classica coda di gas e polveri, che si forma in prossimità del sole. L’attenzione è dovuta al fatto che “le comete contengono il materiale più antico del sistema solare, visto che, in seguito ai numerosi scontri con i pianeti hanno avuto un ruolo fondamentale nella loro formazione”. Depositando inoltre sulla terra quei “mattoni molecolari”, che avrebbero dato origine alla vita. Non a caso forse cantiamo “tu scendi dalle stelle…”. (17-07-2002)(Nella foto, tratta da “Panorama”, un’immagine della cometa Encke, che sarà messa sotto osservazione dalla Nasa).

 

FERTILITA’ SEMPRE PIU’ A RISCHIO

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L’inquinamento rende più difficile la procreazione. I primi a risentirne sarebbero, difatti, gli spermatozoi. Con l’aggravante, a quanto pare, del buco dell’ozono che li danneggerebbe, ne ridurrebbe il numero, rendendoli anche incapaci di muoversi e di nuotare. E’ il risultato allarmante di un’indagine compiuta in California su 14mila campioni di sperma nell’arco degli anni fra ’96 e ’99. Il nesso causa-effetto non sarebbe stato, per la verità, compiutamente dimostrato, ma gli indizi metterebbero sotto accusa effetti collaterali, che innesterebbero una reazione infiammatoria via via più nociva con il progredire dell’età. La fertilità sarebbe, dunque, a rischio. Specie per i più anziani. Strano che il costume vada in controtendenza, visto che giovani donne, spesso molto belle, scelgano come partner uomini sempre più attempati. (29-5-2002)(sopra, nell'illustrazione tratta da “L’Espresso” un'immagine dal satellite che mostra l'assottigliarsi dello strato dell'ozono. Sotto, vignette di ElleKappa e Altan da "L'Espresso").

 

IL RITORNO DEL LUPO

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Un lupo nascosto tra le foglie. Negli Usa è stato reintrodotto in zone dove era scomparso nel parco dello Yellowstone, nel Montana. Mentre quello europeo, partito dall’Italia, sta colonizzando le Alpi, con grande entusiasmo dei naturalisti, ma grande preoccupazione degli allevatori e degli operatori turistici. (Da “Panorama”. 10 – 4 – 2002)

 

L'UNIVERSO SAREBBE NATO MOLTO PRIMA DEL BIG BANG

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Tutto da rifare. La nascita dell'universo sarebbe stata molto più precoce di quanto sino ad ora creduto. Non più a distanza di miliardi di anni (fra 1 e 5) dal primigenio Big Bang, ma molto prima. In un'immediata serie di esplosioni e di fuochi d'artificio, che, secondo gli ultimi studi, avrebbero dato vita ad un autentico "baby boom stellare". Ad appena 500 milioni di anni, si fa per dire, dalla prima deflagrazione . Il padreterno, o chi per lui, avrebbe rimescolato innanzi tempo il "brodo primordiale". Lo hanno chiamato "Rinascimento cosmico". Siamo in attesa sempre di quello riguardante la nostra civiltà, anche se un Rinascimento, almeno per le arti, c'è stato. (30-2-2001) (Disegno tratto da "Panorama": la nascita dell'universo 500 anni dopo il "Big Bang". Panorama": la nascita dell'universo 500 anni dopo il "Big Bang").

 

IL GRANDE FIORE FIGLIO DELLA MOSCA

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E' il fiore più grande del mondo. Lo hanno scoperto nell'isola di Sumatra in Indonesia nel 1818. Il suo nome è "Rafflesia arnoldii". Il suo ciclo vitale è rimasto a lungo un mistero. Il mega-fiore ha un metro di diametro e può raggiungere un peso di dici chili, ma la capacità di riproduzione dipende da un minuscolo insetto, una mosca che, stordita dall'odore o meglio da un olezzo fetido, si inoltra all'interno carnoso di un calice per raggiungere il polline, dopo avere superato numerosi ostacoli. Una volta portata a termine la non facile operazione ci vorranno due anni ed ancora qualche messe perché una piccola sfera si trasformi poi in un "pallone" in grado di esplodere con fragore tra effluvii nauseabondi e con un sibilo simile a quello del cobra. Il risultato è però decisamente spettacolare. (29-5-2001) (Fotoservizio tratto da Focus)

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