UN PAESE CHE STENTA ANCHE A TIRARE A CAMPARE

Un nauseante balletto durato sessanta giorni. Due mesi persi per un paese per il quale da anni tutti invocano di non perdere tempo e perennemente sull’orlo del baratro. Una ronde superficiale e lastricata di inviti a possibili, matrimoni di convenienza ora a destra ora a sinistra, ma sempre condizionati dai se e dai però e dai ricatti. Io ti sposo se … io ti sposo però … come risultato di una legge elettorale che impedisce di dare al paese una maggioranza in grado di governare, votata pur sapendo che sarebbe finita così. Coalizioni accettate ma poi ripudiate, personaggi accettati ma poi ostracizzati. In questo bailamme da tragicomica commedia all’italiana a rimetterci ancora una volta è il Paese. Come se fosse l’ultimo dei pensieri delle forze politiche in campo, nessuna disposta a guardare al di là del proprio naso e del proprio tornaconto elettorale. E’ l’Italietta succube del tripartito, del nuovo che non si amalgama col vecchio, in parte a ragione, ma sfoderando una spocchia che non si comprende che fondamenta possa avere, perché oltre le parole all’atto pratico ancora non si è visto ancora nulla. E quel poco ondivagante e camaleontico non è che lasci molto sperare. Né all’orizzonte si intravedono personalità in grado di avanzare sul proscenio con un indubbio carisma. L’unico che aveva una marcia in più, Renzi, ha finito per fare un harakiri impressionante, oltre ad essere stato impallinato dal fuoco amico. Di Berlusconi si può dire tutto il male possibile, ma non che avesse capacità superiori ai suoi avversari. Purtroppo anche nel male. Ma ormai data anche l’età è tagliato fuori dai giochi, anche se rifiuta di rendersene conto. Rimane Salvini, che ultimamente ha dato prova di avere limato certi atteggiamenti da giustiziere della notte. Troppo poco per un Paese che per quanto in movimento resta in coda all’Europa e stenta a superare la china. Un paese che sarebbe da rifondare, ma che stenta anche a tirare a campare.

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