PERCHÉ NESSUNO PARLA DELLA MATTANZA IN CORSO IN NICARAGUA?

C’è una mattanza in corso, 170 morti in due mesi, di cui nessuno parla. Eppure riguarda uno dei paesi salito alla ribalta per una rivoluzione presentata al proscenio mediatico come diversa da tutte le altre e sulla quale si appuntavano speranzosi gli auspici della sinistra e del comunismo internazionale. Si tratta del Nicaragua, uno dei paesi più infelici dell’ istmo centroamericano. Conosciuto fino ad allora solo per l’uccellaccio “scarpantibus” delle esilaranti trasmissioni della banda Arbore. Il Nicaragua era stato per decenni feudo della famiglia Somoza, un caudillo appoggiato dagli Stati Uniti. Quando qualcuno fece presente che era un “figlio di puttana” si dice che la risposta a stelle e strisce fu “sì ma è il nostro figlio di puttana”.
Come molti dittatori Somoza finì ucciso a revolverate da un poeta durante una festa e dopo di lui stessa sorte ebbe il figlio Tachito, anche se si era rifugiato in Paraguay. Ad eliminare la sanguinaria dittatura dei padri-padroni fu la rivoluzione sandinista che si ispirava ad Augusto Sandino, il primo che si oppose con le armi alla presenza militare statunitense. Assassinato a sua volta in un agguato, si dice proprio su istigazione di Somoza. Nel suo nome il Paese sembrò trovare un’ unione e una volontà che sfiorava l’utopia, anche con l’ appoggio di parte del clero. Rimarrà nella storia l’ immagine di Giovanni Paolo II, che redarguiva il ministro della cultura presbitero e famoso poeta Ernesto Cardenal, inginocchiato e rimproverato per essere un teologo della liberazione oltre che fondatore di “Solentiname”, una comunità nel lago del Nicaragua, che predicava la pace, pur aderendo al Fronte sandinista di liberazione nazionale.
Ma quale fu, sparite figure anche folcloristiche e ingenue come il comandante Zero, e sia pure fra riforme a volte anche indovinate, il cammino dei rivoluzionari che occuparono i posti di comando forti dell’ appoggio di polizia ed esercito particolarmente gratificati? L’imborghesimento progressivo, l’avidità più sfrenata e il tentativo di darsi una patina di nobiltà sposando preferibilmente donne di famiglie altolocate. Fino a concentrare tutta la cabina di comando nella figura di Daniel Ortega (accusato di abusi sessuali dalla figliastra) e della moglie Rosaria Murillo. Stravolgendo più di una volta la costituzione e nominando la first lady vicepresidente nel caso, come si sussurra, che la salute di Ortega dovesse declinare da un momento all’altro. Instaurando così una nuova dinastia. Ed è contro questo oltraggio alle tanto decantate speranze rivoluzionarie che oggi di nuovo il popolo nicaraguense insorge, con barricate, con dimostrazioni, con un coraggio indomito di fronte alle torture, agli assassinii dell’ esercito e delle forze di polizia. Con gli studenti e le madri delle vittime in prima fila. Quello che sconcerta è che ieri quando la rivoluzione era comunista tutto il mondo ne parlava. Oggi che la rivoluzione è una rivoluzione della povera gente contro un regime comunista nessuno ne parla.

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