I LEGAMI TRA SAN FRANCESCO DI PAOLA E CRISTOFORO COLOMBO
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Riportiamo integralmente uno studio di Giuseppe Pisano, che dovrebbe interessare soprattutto i calabresi. Pisano è uno dei pochi che si è avvicinato ai miei studi per approfondire seriamente e correttamente un filone che avevo aperto nel libro”Cristoforo Colombo l’ultimo dei Templari”, apportandovi interessanti novità. A differenza di altri, professori e non, Pisano ha mantenuto sempre un amichevole contatto con un costante scambio di reciproche informazioni, come sempre dovrebbe essere. Ci siamo conosciuti ed abbiamo partecipato insieme ad un Convegno ad Aiello. In un tipo di rapporto a cui è venuta meno più di una persona, ospitata generosamente persino in casa dimostrando una falsa amicizia, ma venuta solo per strappare notizie inedite rivendute poi come proprie. Gli studi di Pisano acquistano valore in funzione di quel filone più meridionalista che nordico che emerge nei trascorsi di Cristoforo Colombo.

Sebastiano Zamboni S Francesco di Paola attraversa lo stretto di Messina sul suo mantello 1750 74     E G May S Francesco di Paola con scene della sua vita 1888     Pietro Novelli Pellegrino Del Colle Miracolo di S Francesco di Paola che attraversa lo stretto di Messina sul suo mantello 1810 circa

decorazione

Biografia del Santo

Lo scorso 27 marzo ricorreva il VI centenario della nascita di San Francesco di Paola. Egli nasceva, infatti, nella cittadina calabrese, in provincia di Cosenza, il 27 marzo 1416, da Giacomo d’Alessio, detto Martolilla, e Vienna da Fuscaldo; la sua stessa nascita fu un evento eccezionale, in quanto fu ottenuta da Dio per intercessione di San Francesco d’Assisi, essendo i genitori in età avanzata.
Il nostro Santo, patrono del Regno delle Due Sicilie (dal 1738), della Calabria, dei naviganti e dei pescatori, è ricordato oltre che per essere stato potente taumaturgo, anche per essere stato profeta, eremita e fondatore dell’ordine dei Minimi. Non solo. Presso la Corte di Francia, dove si trovò ad operare dal re Luigi XI, mostrò tutta la sua attitudine diplomatica, spinto da due obiettivi: la pace e il contrasto alla minaccia musulmana e turca. Per questo, egli sostenne l’ideale di re Carlo VIII della Crociata contro i turchi e di un Regno di Napoli testa di ponte contro l’Infedele (cfr. Amedeo Feniello, Eremita a corte, l’altro San Francesco, in Corriere della sera, 27.3.2016).
Famosa è la profezia di San Francesco Paola sulla sorte di Otranto (di cui è oggi compatrono): “Otranto, città infelice, di quanti cadaveri vedo ricoperte le tue vie, di quanto sangue cristiano ti vedo inondata”. Tali parole, esclamate dall'eremo di Paternò, indirizzate al re Alfonso d’Aragona per avvertirlo di ciò che stava accadendo ad Otranto e per incitarlo alla difesa contro il pericolo islamico rappresentato all’epoca dall’impero turco rimasero inascoltate.
Sempre in quest’ottica, recenti studi hanno messo in luce persino i non inverosimili legami del Santo con Cristoforo Colombo …. .
Anche il nostro blog vuole ricordare questo centenario, stante lo scarso, o nullo interesse,  dell’attuale establishment vaticano, atteso che la figura del santo calabrese contrasta non poco con l’attuale orientamento dello stesso, prono com’è, in un’ottica politicamente corretta, verso l’Islam e verso il “sociale”.  L’ultimo ricordo significativo da parte vaticana del Santo calabrese – che Pio XII nel 1943 aveva eletto a celeste patrono della gente di mare – risale al 2007 in occasione del V Centenario della morte dello stesso (v. Benedetto XVI,Messaggio all’Ordine dei Minimi in occasione del V Centenario della morte di San Francesco di Paola, 27.3.2007; Id., Epist. al Card. Renato Raffaele Martino, Inviato Speciale alle celebrazioni in occasione del V centenario della morte di San Francesco di Paola, 2.4.2007).
Sono passate anche le celebrazioni del Cinquecentesimo anno dalla morte di San Francesco di Paola e bisogna registrare un vero e proprio vuoto relativamente agli studi sui possibili collegamenti tra il Santo di Paola (1416-1507) e Cristoforo Colombo (1451-1506). I vari convegni storici internazionali che si sono succeduti, compreso l’ultimo tenutosi nel settembre 2007, hanno affrontato gli argomenti più disparati riguardo alla figura e all’opera di San Francesco di Paola senza però trattare tale tematica. Eppure alla luce degli ultimi studi sul “navigatore dei due mondi” e sulla scoperta dell’America, effettuati in particolare dal colombista Ruggero Marino, emergono alcuni elementi da non sottovalutare che, se approfonditi, potrebbero rivelarsi utili per una ricostruzione più completa e veritiera sulla figura del Santo calabrese e sulla storia del continente americano.
Marino nei suoi libri, pubblicati a partire dal 1991(1), sulla base di una nuova interpretazione di antiche carte e documenti, rivisita le vicende dell’”Ammiraglio del Mare Oceano” e della scoperta del Nuovo Mondo facendo emergere innanzitutto la figura di un Papa ignorato dalla ricerca storica: Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cybo, 1484-1492) che fu, a suo dire, il vero artefice (sponsor) del viaggio di Colombo.
Un altro eminente colombista, il professor Gaetano Ferro (2) parla invece di commistioni tra l’impresa di Colombo ed il pontefice Sisto IV (Francesco della Rovere, 1471-1484)(3).
Si conoscono i legami molto stretti tra questi due papi provenienti dalla Liguria (a differenza del Papa spagnolo che succederà, nell’agosto 1492, a Innocenzo VIII: il famoso Alessandro VI detto il Borgia) ma i colombisti non hanno mai fatto caso agli straordinari legami che il Santo di Paola (così come il suo braccio destro p. Baldassarre De Gutrossis da Spigno(4)) aveva con i predetti pontefici liguri, e soprattutto non hanno mai effettuato alcun accostamento – ad eccezione, anche se solo marginalmente, di Marino (5) – tra il religiosissimo Colombo (defensor fidei) e il suo contemporaneo San Francesco di Paola.
Per fare qualche esempio, ricordiamo i colloqui segreti tra San Francesco e papa Sisto IV(6) avvenuti nel 1483 prima della sua partenza per Tours, in Francia presso la corte di Luigi XI, il re più potente d’Europa(7). Da sottolineare che in quel periodo era presente a Roma anche Lorenzo il Magnifico assieme al suo figlioletto Giovanni, di appena tre anni, al quale il Paolano predisse che sarebbe diventato papa. Difatti, Giovanni de’ Medici, che Innocenzo VIII aveva creato cardinale a soli diciotto anni (sulla base di tale precedente Colombo pretenderà la porpora per il figlio minorenne Diego e lo farà attraverso una lettera, scoperta di recente, inviata al papa nel 1493 ), morto Giulio II, fu eletto papa nel 1513, col nome di Leone X(8). Lorenzo era peraltro consuocero di Innocenzo VIII in quanto Franceschetto, figlio legittimo del pontefice(9), aveva sposato la figlia del Magnifico, Maddalena dei Medici(10). Sisto IV nel 1474, con la Bolla Sedes Apostolica, diede il primo vero riconoscimento alla congregazione eremitica e papa Innocenzo VIII, con la Bolla Pastor Officium, confermò i privilegi concessi dal suo predecessore all’Ordine di San Francesco di Paola.
Gli studiosi di Colombo parlano di due avvenimenti storici che si rivelarono determinanti per la successiva partenza dell’Ammiraglio genovese, avvenuta il 3 agosto 1492: la battaglia di Otranto (1480) e la resa di Granada (2 gennaio 1492)(11). Due episodi, questi, che vedono il santo di Paola assumere un ruolo di primo piano (12). Difatti Francesco preannunciò con largo anticipo l’attacco dei turchi a Otranto, avvenimento questo che la letteratura ha etichettato, forse troppo sbrigativamente, come “miracolo”; e riguardo a Granada i fatti ci descrivono che re Ferdinando V, scoraggiato, stava per abbandonare l’assedio della città di Malaga (facente parte del reame moresco di Granada) quando grazie all’intervento dei due inviati di Francesco, i padri Bernardino Otranto e Jacques l’Espèrvier, il re spagnolo decise improvvisamente di non desistere e i mori furono costretti a firmare la resa. Da allora in terra di Spagna i seguaci dell’Ordine di San Francesco di Paola furono chiamati Frates de Victoria(13) ed in varie località andaluse (tra cui Siviglia, Cadice e Andujar) vennero fondati istituti e conventi dell’Ordine per concessione di Ferdinando il Cattolico(14). Negli stessi scritti di Colombo ricorrono spesso questi due episodi.
Si parla sempre più fortemente di una regia del Vaticano e di una copertura politica della Spagna (la “cattolicissima nazione”) riguardo alla spedizione di Colombo e si comincia a mettere da parte la “storiella”, durata oltre cinquecento anni, dei finanziamenti concessi dai regnanti spagnoli, Isabella di Castiglia (cui si dice avesse impegnato addirittura i propri gioielli per aiutare Colombo) e Ferdinando d’Aragona mentre, al contrario, prende piede con sempre maggiori certezze la teoria secondo cui a finanziare il viaggio dell’”Eroe dei due mondi” furono banchieri fiorentini (Giannotto Berardi, banchiere legato a Lorenzo il Magnifico) e genovesi (Francesco Pinelli, pronipote di papa Innocenzo VIII) con il loro socio Santàngel (15), lo stesso Colombo e altri (16). Francesco Pinelli a quel tempo viveva in Andalusia ed era”in stretto contatto con Battista Pinelli che fu accolto da Innocenzo VIII tra i notai apostolici e qualificato dallo stesso come cives ianuenses” (17). Battista, anch’esso pronipote di Giovan Battista Cybo, tra il 1491 e il 1495 rivestì l’incarico di arcivescovo di Cosenza(18) e, quasi certamente, ebbe un ruolo riguardo ai primi finanziamenti ricevuti da Colombo in Spagna, nazione dove l’arcivescovo cosentino ricevette da Innocenzo VIII e dal suo successore Alessandro VI numerosi benefici (19).
Dopo il primo viaggio di scoperta dell’Almirante, che aveva visto tra l’equipaggio - composto da appena novanta membri e senza la presenza di uomini di chiesa - il marinaio calabrese Anton Calabrés(20) proveniente quasi certamente da Amantea(21)(paese vicino Paola), la scelta dei religiosi da inviare nel Nuovo Mondo era di esclusiva pertinenza del re, e Ferdinando favorì la partenza, guarda caso, di Bernardo Boyl (22), già suo consigliere e segretario il quale poco tempo prima aveva deciso di entrare nell’Ordine dei Frati Minimi Eremiti dopo avere conosciuto personalmente a Tours, nel 1486, il suo fondatore San Francesco di Paola. Boyl, un anno prima della partenza per il nuovo continente al seguito di Cristoforo Colombo, come primo missionario e con compiti di delegato apostolico concessi con bolla pontificia (Piis fidelium del 25 giugno 1493), era stato nominato dal Paolano Vicario Generale per la Spagna.
Ci risulta difficile, a questo punto, pensare che il Santo calabrese - dichiarato da Pio XII “Patrono della gente di mare italiana”(23) - non abbia mai avuto rapporti con Colombo, soprattutto quando si è certi che lo stesso Boyl (compagno spirituale dell’Ammiraglio genovese) incontrò nuovamente il Paolano a Tours di ritorno dal Nuovo Mondo (1494) prima di recarsi a Roma dal Papa per incarico dello stesso Francesco al fine di intercedere in favore dell’Ordine dei Minimi(24). Così come non è improbabile che ci sia stato un incontro tra Colombo e i citati inviati di San Francesco nel periodo della presa di Granada visto che a quel tempo era presente anche l’Ammiraglio genovese in quella città. E poi i rapporti di Colombo con la Francia furono non pochi e forse più di quanto si è detto finora(25). Degno di nota, ma poco conosciuto e approfondito, è il fatto che, riguardo al primo viaggio di scoperta, sulle caravelle di Colombo dovevano salire due francescani della provincia di Francia, che l’Ammiraglio aspettò fino all’ultimo, e fu poi costretto a partire dal porto di Palos senza religiosi(26). I frati francesi, che parteciparono al viaggio successivo di Colombo, erano mandati dal generale dell’Ordine, Francesco Samson il quale, per il ruolo che rivestiva, non poteva non avere rapporti con la corte di Francia e con Francesco di Paola, consigliere spirituale della famiglia reale e figura che crebbe ”nel segno e nel nome di Francesco d’Assisi”(27).
Si è sempre ampiamente parlato invece del grande impegno di San Francesco di Paola presso la corte francese(28) e non solo, per il ristabilimento delle relazioni tra Francia e S. Sede; per il superamento dei contrasti tra Francia e Spagna e tra Francia e Regno di Napoli al fine di evitare lo scoppio di nuovi conflitti armati tra potenze cristiane. Ma, oltre tale scopo, potrebbe esserci qualcos’altro di molto importante nelle intenzioni di Francesco. Infatti, nell’Europa cristiana di quel periodo, in cui regnava un clima di massimo disordine, è più che probabile che quel tanto prodigarsi del Santo calabrese in favore dell’unione dei potentati cristiani italiani ed europei avesse un fine ben preciso e cioè la realizzazione di una crociata comune, alle soglie del ‘500, contro i musulmani. Sono d’altronde diversi i documenti e le testimonianze che portano in questa direzione.
Inequivocabili appaiono le due lettere, da sempre sottovalutate dai biografi del Santo, inviate da Francesco tra il 1482 e il 1496 a Simone di Alimena(29), duca di Montalto(30) in Calabria e Vicerè delle Puglie, suo amico e benefattore appartenente a una famiglia di origine greca. Il Paolano nella missiva del 5 febbraio 1482 - esattamente due anni dopo Otranto e un anno prima dei suoi incontri con i più grandi regnanti del tempo - mette pesantemente sotto accusa l’atteggiamento dei prìncipi secolari che definisce “peggiori degli infedeli” e “tiranni del popolo di Dio”. Parla di un uomo “del sangue di Costantino imperatore figliolo di Sant’Elena e del seme di Pepino...” che “per virtù dell’Altissimo confonderà i tiranni, gli eretici ed infedeli...” e “farà un grandissimo esercito...”. Dice che sarà fondato per volere di Dio un nuovo Ordine (“una nuova religione e sarà l’ultima. Procederà con le armi, con le orazioni e con la santa ospitalità...”). E sempre rivolgendosi al suo amico montaltese scrive: “da V.s. ha da nascere lo Gran Duca della milizia, ha da vincere il mondo ed insignorirsi dello temporale e spirituale e non potrà più essere al mondo niuno signore che non sia dell’Ordine della sancta milizia dello Spiritu Sanctu. Porteranno il segno di Dio [la croce] vivo in petto...”. E aggiunge: “Il Capo e fondatore di tal gente sarà uno della vostra stirpe e questo sarà il grande riformatore della Chiesa di Dio...sarà gran capitano e principe di gente santa, nominati li ‘Santi Crociferi di Gesù Cristo’, con li quali consumerà la setta maomettana con il resto degl’infedeli”. Infine, nella lettera del 13 agosto 1496 San Francesco, riguardo al nuovo Ordine, dirà che esso si mostrerà “con crocifisso alzato e sollevato sopra gonfalone in luogo eminente” e “Vincitore si chiamerà il loro fondatore, e vincerà il mondo, la carne ed il demonio”(31).
Un’altra testimonianza importante in tal senso viene da padre Giovanni Fiore da Cropani, il massimo storico della Calabria seicentesca, il quale scrive che il Paolano “profetizzò nella Calabria una religione di cavalieri per mettere a fondo l’Ottomano Imperio...”(!)(32). E persino nella Bolla di Leone X per la canonizzazione di S. Francesco di Paola si parla di “Sancte Cruciate et expeditionis in Turcos ...(33)”.
L’eremita paolano, forse è bene evidenziarlo, “era buono e caritatevole, ma non era contrario alla guerra, alle pene corporali, al carcere, alla pena di morte e alla vendetta divina”(34). Lo stesso abito adottato dall’Ordine, con “il cappuccio che copre le spalle e il petto fin sotto le ginocchia, ha la forma dell’elmo e della corazza del cavaliere medievale, a simboleggiare l’eroicità dello spirito (35)”.
Secondo la tradizione “ mentre Francesco attende alla preghiera in luogo appartato, gli appare l’Arcangelo San Michele (36) che gli reca un cappuccio e uno stemma a forma di sole sfolgorante con la scritta Charitas (37) al centro, su tre righe quasi ad indicare che la venerazione instancabile di Francesco per l’Amore di Dio si fonda sul mistero profondo della Santissima Trinità”(38).
Anche i papi di allora erano molto preoccupati della minaccia islamica. Costantinopoli cadrà il 29 maggio 1453 per opera dei turchi e si può dire che da quel momento la crociata sarà il comune denominatore della politica vaticana: da papa Niccolò V, che con una bolla del 30 settembre dello stesso anno si rivolse a tutti i principi per spingerli ad affrontare la “santa crociata”(39), a Innocenzo VIII, il pontefice che, una volta conclusa la crociata in terra di Spagna, darà la spinta finale per la partenza di Colombo nella sua crociata d’oltremare per il definitivo riscatto di Gerusalemme che doveva passare attraverso la circumnavigazione del globo. Non a caso sulle vele delle caravelle dell’Ammiraglio del Mare Oceano erano ben presenti le croci crociate o templari. A tal proposito pare che già due secoli prima della spedizione di Colombo in America i Templari, che furono l’istituzione europea più grande e ricca dopo la Chiesa, dal loro porto di La Rochelle (Port des minimi) in Francia solcarono le acque dell’Atlantico e raggiunsero il nuovo continente.
Colombo fu sicuramente influenzato dalle informazioni contenute nell’opera “Il Milione” di Marco Polo, difatti nella sua biblioteca fu trovato un esemplare riccamente annotato(40). Il navigatore genovese (41) era convinto che si potessero raggiungere le coste orientali dell’Asia viaggiando verso occidente e quindi che il “Catai” e il “Cipango” ( una delle “settemila isole indiane” indipendenti - secondo Polo - distanti “1400 miglia marine dalla terraferma”) si trovassero a poche settimane di viaggio dalla costa iberica. Gli scopi iniziali di Colombo erano la scoperta e la presa di possesso attraverso un atto giuridico, non la conquista con la forza militare: con tre navi e circa novanta uomini sarebbe stato impossibile. Giuridicamente la presa di possesso di isole era giustificata dalla presunta Donazione di Costantino che attribuiva al Papa l’autorità su tutte le isole del mondo così come da scritti giuridici, risalenti al secolo precedente la scoperta (Tractatus de Insulis di Bartolo da Sassoferrato), si era stabilito che le isole lontane dalla terraferma più di cento miglia non erano più sotto la sovranità del sovrano che governava sulla terraferma e potevano essere occupate come terra di nessuno (terra nullius) nel caso fossero abitate da pagani e non venisse opposta una effettiva resistenza all’occupazione(42). La Donazione di Costantino è un documento apocrifo risalente agli anni dell’incoronazione di Pipino il Breve a re dei Franchi da parte del papa(43), in un periodo in cui si dava inizio allo Stato della Chiesa proprio grazie all’intervento dello stesso imperatore contro le truppe di Astolfo re dei Longobardi, avvenuto tra il 754 e il 756. A tal proposito anche il nipote di Pipino, figlio di Carlo Magno - che fu battezzato il giorno di Pasqua da papa Adriano I che gli cambiò il nome di Carlomanno in quello di Pepino e il giorno seguente lo consacrò re d’Italia in età di soli 3 anni - sconfisse gli Avari che volevano invadere l’Italia e nell’801 scacciò i Saraceni dalla Corsica.
La vera conquista doveva quindi avvenire successivamente al viaggio di scoperta.
Sono tante le testimonianze che attestano il fatto che il tema della Crociata, della liberazione del Santo Sepolcro, della lotta contro i Musulmani era un’idea fissa che dominava il pensiero di Colombo. Il 4 marzo del 1493 l’Ammiraglio scriveva ai reali di Spagna affermando che nel giro di sette anni avrebbe pagato ai Re di Spagna 5.000 cavalieri e 50.000 fanti per la conquista di Gerusalemme “per effettuare la quale si decise questa impresa”, e dopo altri cinque anni “altri 5.000 cavalieri e 50.000 fanti, che farebbero 10.000 cavalieri e 100.000 fanti...”(44). Nel 1501 in un’altra lettera indirizzata ai sovrani spagnoli citava Gioacchino a Fiore (l’Abate Joahachin Calabrés) il quale aveva scritto “che sarebbe venuto dalla Spagna chi doveva riedificare la casa del monte Sion”(45). A tale riguardo Paolo Emilio Taviani, uno dei massimi studiosi a livello mondiale di Colombo, disse che forse il vero movente che spinse Colombo ad affrontare questo difficilissimo viaggio “fu la prospettiva mistica di essere protagonista d’una missione provvidenziale, e tutto ciò s’inquadra nella concezione del mondo derivata dall’abate calabrese, dalla quale Colombo, come tanti francescani del suo tempo, era più o meno consapevolmente influenzato e condizionato”(46). Il disegno di Colombo era quello dell’evangelizzazione delle genti amerinde; era quello della conquista dell’oro per la crociata in Terra Santa: “raccomandai alle Vostre Altezze, che tutto il ricavato di questa mia impresa si impiegasse per la conquista di Gerusalemme...” (Giornale di bordo, 26 dicembre 1492)(47).”L’oro era per lui non soltanto strumento di ricchezza, di progresso economico, ma anche e soprattutto, strumento di potenza per la Cristianità, nonché mezzo per una guerra vittoriosa contro i turchi per la riconquista del Santo Sepolcro; infine, perchè no? mezzo necessario a procurare l’avvento della terza era gioachimita, l’età del generale benessere e della perfezione” (48).
Appare chiaro, dunque, che la crociata fosse un’idea fissa, un obiettivo concreto, sia nel pensiero di Cristoforo Colombo sia in quello di San Francesco di Paola. D’altronde l’Islam minacciava fortemente la cristianità: la caduta di Costantinopoli, il sangue cristiano versato nell’attacco degli infedeli a Otranto erano i segnali che non si poteva attendere oltre. E una volta conclusa la crociata contro i Mori in terra di Spagna - con il contributo importante deiFrates de Victoria - si poteva intraprendere finalmente la definitiva crociata di Colombo (49).
San Francesco e i papi si affrettarono ad unire i potentati europei. Colombo da parte sua non lasciò inadempiuto nessun tentativo pur di raggiungere lo scopo bussando a tutte le corti d’Europa. Ed è probabile che la convinzione dell’Ammiraglio a voler partire dalla Spagna fosse dettata proprio dalla volontà di tener fede alla profezia dell’abate calabrese Gioacchino da Fiore il quale, tra l’altro, viene menzionato -oltre che, come prima detto, nelle lettere ai reali spagnoli e sul Giornale di bordo- ripetute volte anche nel suo Libro de las profecias: “...fiorì in Calabria e scrisse vari libri di grande utilità. Inoltre, nella spedizione dei re e dei principi alla Terra Santa [la Quarta Crociata, 1203-04], ed a loro domanda, egli predisse che avrebbero ottenuto poco profitto poiché non era ancora arrivato il momento per intraprendere [la spedizione]”(49).
Infine, in una missiva indirizzata al papa del 1502 Colombo dirà che “Satana ha impedito tutto questo e con violenza ha fatto in modo che nulla si realizzasse...e perchè non venga alla luce un così santo proposito”(51).
Detto ciò, se la storia fa ancora credere che tra Cristoforo Colombo e San Francesco di Paola non esista alcuna connessione noi diciamo con convinzione che bisogna approfondire gli studi in questa direzione per amore di giustizia e verità storica.

NOTE
1)Marino R., Cristoforo Colombo e il Papa tradito: un giallo storico lungo cinque secoli, Newton Compton, Roma, 1991.
2)Professore emerito, fu anche membro della Giunta del Comitato Nazionale per le celebrazioni del V Centenario della Scoperta dell’America e, per dieci anni, presidente della Società Geografica Italiana.
3)Marino R., Cristoforo Colombo e il Papa tradito, IV edizione ampliata, RTM, Roma, 1997, p.127. Cfr. anche Ferro G., I luoghi di Colombo nel vecchio mondo, ECIG, 1988; Ferro G. e Pampaloni C., I Colombo e il Ponente Ligure, Civico Istituto Colombiano, 1990.
4)Confessore e consigliere stimato dei papi Sisto IV e Innocenzo VIII. Giurista di fama lasciò la sua carriera intorno al 1470 per seguire il frate Paolano e fu un validissimo sostegno a Francesco per la nascita e la crescita dell’Ordine. Cfr. Galuzzi A., Origini dell’Ordine dei Minimi, Roma, 1967.
5)Finora possiamo dire quindi che tra i colombisti solo Marino nei suoi studi sulla vita e sui viaggi di Colombo si accorge che in qualche modo la figura di San Francesco di Paola esiste e ne fa menzione tre volte in un suo libro(Cristoforo Colombo. L’ultimo dei templari, Milano, S&K, 2005): in merito alla battaglia di Otranto (p.19); al Santuario di Genova a lui dedicato edificato dai Doria (per tale motivo i genovesi usavano chiamare i frati minimi “i religiosi del principe di Oria”) e dai Centurione, due famiglie legate a Colombo (p.30) e, infine, alla profezia del Paolano riguardante l’imminente sconfitta della ”setta maomettana” grazie ad una nuova religione, “l’ultima religione” (p.278) di cui si parlerà più avanti .
6)Francesco della Rovere (1414-1484), francescano divenuto generale del suo Ordine prima di ascendere al papato. Nel 1473 nominerà cardinale Giovanni Battista Cybo che gli successe mentre era vescovo di Molfetta.
7)Il Paolano, con la benedizione di papa Sisto IV, salirà su una nave e approderà sul suolo francese presso la baia di Bormes al Capo del Colombo e, dopo avere visitato alcune località, si presenterà presso la corte del re Luigi XI ove rimarrà per tutto il resto della sua vita.
8)Francesco fu canonizzato il 1° maggio 1519 (a soli dodici anni dalla morte) da Papa Leone X e fu l’ultimo eremita occidentale ad essere stato iscritto nel catalogo dei santi. Evento rilevantissimo per i suoi tempi basti pensare che da quasi trentacinque anni (1485) non si teneva una canonizzazione in S. Pietro .
9)Concepito alla corte di Napoli dove il padre era cresciuto prima di intraprendere la carriera ecclesiastica. Giovanni Battista era figlio di Aronne Cybo, che fu viceré di Napoli con gli aragonesi. Franceschetto ebbe diversi figli, fra i quali il Cardinale Innocenzo Cybo che fu arcivescovo di Messina dal 1538 al 1547.
10)Altomonte A., Lorenzo il Magnifico, suppl. a Famiglia Cristiana n.32, Milano, RCS, 2003, p.223.
11)Granzotto G., Cristoforo Colombo, Mondadori, 1984. Cfr. anche Marino R., Cristoforo Colombo e il Papa tradito, IV edizione ampliata, RTM, Roma, 1997.
12) Cfr. per tutti Francesco di Paola il Santo della Carità, a cura di Marcello Donini, C.B.C. , Catanzaro, 1996.
13)Cfr. Pisano G., San Francesco di Paola e Cristoforo Colombo. Il sogno della Crociata, in Calabria Letteraria, Soveria Mannelli, n.1-2-3, 2011, pp.29-32.
14)A quel tempo la diffusione dell’Ordine raggiunse livelli altissimi. Per fare un esempio, i Minori (conventuali) accudivano a 117 conventi mentre i Minimi raggiunsero quota 123. Da aggiungere che il tedesco Hieronymus Munzer attribuì al marito di Isabella il titolo di “nuovo Carlomagno” (Cfr. Dumont J., Il Vangelo nelle Americhe: dalla barbarie alla civiltà, Effedieffe,1992, p.125).
15)Ministro delle finanze d’Aragona.
16)Robertson G., The History of America, Londra, 1788. Cfr anche Taviani P.A., Cristoforo Colombo, suppl. a Famiglia Cristiana n.31, il Mulino, 2003, p.87.
17)De Anna L.G., I Pinello, da Genova alla Finlandia, in La Rondine, 30/8/2009, p.3.
18)Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria illustrata, tomo II, Rubbettino, Soveria Manelli, 2000, p.528.”Il Pinelli fu uomo di virtù e di grande carità... L’Ughelli ricorda l’elogio che ne fa Umberto Folieta, nel libro dei Panegirici, notando tra l’altro che egli, contrariamente a quel che avevano fatto i suoi predecessori, dimorò in diocesi, la visitò tutta...” (Cfr Russo F., Storia dell’Arcidiocesi di Cosenza, Napoli, Rinascita artistica editrice, 1958, pp.454-455). Folieta (o Foglietta), storico genovese, era nipote di Agostino Foglietta, vescovo di Mazzara “vissuto alla corte pontificia e molto legato a Leone X … passato successivamente al servizio di Carlo V che lo ebbe suo legato a Roma” (Di Pierro G., Umberto Folieta e la sua storia dei tumulti napoletani sotto il viceregno di Pietro de Toledo, 1971 ?).
19)Russo F., Regesto Vaticano per la Calabria, Roma: G. Gesualdi, 1974-1993, nn.13427, 13442, 13453, 13492, 1517. Vd. anche Russo F., Storia dell’Arcidiocesi di Cosenza... cit., p.454. L’arcivescovo di Cosenza ebbe numerosi benefici anche in Francia, in località dove il movimento di San Francesco di Paola era fortemente presente.
20)Taviani P.A., Cristoforo Colombo, suppl. a Famiglia Cristiana n.31, il Mulino, 2003, p. 93. Vedi anche Pisano G., “E Calabrès gridò...terra!”, in Mediterraneo e Dintorni, S.A.CAL. Lamezia Airport Magazine, n.3 luglio/agosto, 1999.
21)Pisano G., E’ anche un po’ calabrese la scoperta dell’America, in I Calabresi nel Mondo, Regione Calabria, 2000, n.8. Sempre ad Amantea si trova uno stemma marmoreo dei Pinelli, presso i marchesi De Luca di Lizzano (Cfr. Turchi G., Storia di Belmonte, Cosenza, Eredi Serafino, 1963, p.79).
22)Con lettera del 29 maggio 1493 il re spagnolo disporrà all’Ammiraglio genovese l’imbarco del padre Boyl e di altri frati dell’Ordine dei Minimi.
23)San Francesco di Paola il 27 marzo 1943, con il Breve Quod Sanctorum Patronatus, fu proclamato “Celeste Patrono della Gente di Mare della Nazione Italiana”.
24)Andrebbe approfondito, a nostro avviso, lo studio sul personaggio Boyl il quale desta una certa impressione di non essere un uomo pienamente al servizio di Dio e di Francesco quanto piuttosto una persona di fiducia del re Cattolico e del pontefice spagnolo Alessandro VI (il famoso Rodrigo Borgia) il Papa che, dopo avere probabilmente fatto morire con il veleno il Santo Padre genovese Giovan Battista Cybo (Innocenzo VIII) appena otto giorni prima della partenza di Colombo, dall’Agosto del 1492 salirà sulla cattedra di S. Pietro. Questa strana coincidenza secondo alcuni studiosi dimostrerebbe che “il Papa Cybo morire prima della partenza delle caravelle, per evitare che i regni europei sapessero che il Nuovo Mondo era stato scoperto per la Chiesa e non per la Spagna” (Cfr. per tutti Ginciuglio V., Un ebreo chiamato Cristoforo Colombo, KC, Genova, 2004, p.52). Appaiono alquanto strani alcuni aspetti della vita del catalano Boyl, amico d’infanzia e segretario del re Ferdinando fino al 1479. Sul sito ufficiale dell’Ordine dei Minimi infatti si rileva che “gli furono affidate dal re importanti e delicate missioni diplomatiche. Nel 1479, per esempio, fu inviato dal sovrano in qualità di Commissario regio della spedizione armata contro il ribelle marchese di Oristano in Sardegna, con la flotta comandata dall’Ammiraglio Vilamari. Benché all’apice del successo personale, nell’anno successivo, nel 1480 abbandonò tutto per ritirarsi a vita eremitica nel romitorio della SS. Trinità della montagna di Montserrat. Fu ordinato sacerdote nel 1481, quindi Superiore degli eremiti di Montserrat. Anche da eremita il sovrano di Spagna ricorse a lui [!] per risolvere una controversia politica con il Re di Francia, Carlo VIII, con l’intento di recuperare alla corona spagnola, le Contee di Rossillon e Cerdagna. E fu proprio in questa occasione che ebbe modo di conoscere Francesco di Paola. Era a Tour nel 1486 e incontrò certamente Francesco che, peraltro, si era già interessato alla spinosa questione facendo promettere al re Luigi XII nel testamento la ricomposizione di quella vicenda [!].Incaricato dallo stesso papa Alessandro VI, che a sua volta era stato sollecitato dai reali di Spagna [!], Boyl partì per le nuove terre al seguito di Cristoforo Colombo”. Com’è risaputo i contrasti, subito manifestatisi, tra Colombo e il nunzio catalano arrivarono al punto tale che nel 1494 Boyl, dopo avere contribuito a fare arrestare l’Ammiraglio genovese a Santo Domingo, fece ritorno in Spagna. Chiese al sovrano spagnolo di non essere rimandato in America e “per obbedienza al re, accettò di succedere al tristemente celebre Cesare Borgia nella carica di Abate Commendatario dell’Abazia di S. Michele di Cuxà, nel Rossiglione.” (www.francescodipaola.net/ordine-minimi.php). Ma c’è di più. L’Abazia di S. Michele di Cuxà dipendeva dal monastero benedettino di Montserrat e infatti Boyl - che probabilmente si era affiliato strumentalmente all’Ordine dei Minimi, per il tempo necessario ad effettuare le citate missioni per conto del re spagnolo, considerata la figura fortemente influente di San Francesco di Paola, in particolare presso le corti francese e pontificia - rientrò definitivamente, nel 1498, nell’Ordine benedettino. D’altronde “I monasteri benedettini di Spagna non presero parte in maniera significativa alla grande impresa dell’evangelizzazione del Nuovo Mondo” in quanto “i re di Spagna...non favorirono che l’insediamento di quegli ordini religiosi (come i francescani) direttamente finalizzati all’evangelizzazione degli Indiani.” (http://www.benedettini-subiaco.org/benedettini-nel-mondo).
25)Per fare un esempio riportiamo quanto scritto in merito dallo studioso Giancarlo Nacher Malvaioli : “quando Colombo era tornato dal suo primo viaggio, il duca di Mediaceli informava suo zio, il cardinale di Spagna don Pedro de Mendoza, consigliere dei Re, che aveva ospitato e raccomandato Colombo. La lettera comincia così: ”. E non si dimentichi che presso la corte francese ci fu anche Bartolomeo Colombo, fratello dell’Ammiraglio.
26)Giunciuglio V., Un ebreo chiamato Cristoforo Colombo, Genova, KC, 2004, p.45.
27)Francesco di Paola il Santo della Carità, a cura di Marcello Donini, C.B.C. , Catanzaro, 1996, p. 15. Per quanto riguarda Colombo, lo storico e sacerdote spagnolo Ardres Bernaldez riferì che l’Ammiraglio, di ritorno dal suo secondo viaggio, si presentò “davanti ai re in abito francescano col cordone alla cintura.”(Cfr. De Lollis C., Cristoforo Colombo nella leggenda e nella storia, Fratelli Treves, 1923, p.223). Pare anche che sia morto indossando il saio francescano e, secondo alcuni studiosi, per il fatto che Colombo abbia rifiutato il vestito da nobile, ciò costituisce un’ulteriore prova che l’America fu scoperta per la Chiesa e non per la Spagna”(Cfr. Giunciuglio V., Un ebreo..,.op. cit., p.97).
28)E’ forse il caso di evidenziare che alla corte di Tours si rifugiò, tra il 1501 e il 1504, il re di Napoli (dal 1496 al 1503) Federico d’Aragona (figlio di Ferrante che regnò dal 1458 al 1494) il quale nel febbraio del 1483, nelle vesti di Principe Ereditario, ricevette nella capitale del regno San Francesco di Paola. Federico, cugino di Ferdinando il Cattolico, fu accompagnato alla corte francese da Jacopo Sannazaro, l’autore dell’Arcadia(romanzo pastorale iniziato nel 1480 e pubblicato nel 1504), che non fece ritorno in Italia prima della morte del re avvenuta a Tours nel 1504. Risulta da un documento che il re (l’ultimo aragonese) in punto di morte chiese di essere tumulato nella chiesa dei Minimi.
29)Gli Alimena tra l’altro erano una famiglia che godette nobiltà in Cosenza e Amantea (Cfr. Von Lobstein F., Nobiltà e città calabresi infeudate, Catanzaro, Ursini, 1982, p.135); fu ricevuta nell’Ordine di Malta nel 1589 e numerosi suoi membri furono cavalieri gerosolimitani nel XVI e nel XVII secolo (Cfr. Valente G., Il Sovrano Militare Ordine di Malta e la Calabria, Reggio Calabria, Laruffa, 1996).
30)Di Montalto era anche Paolo Antonio Foscarini, lo scienziato e religioso che “difese la teoria eliocentrica e Galileo (e fu fra i primi), pagando di persona con lo scritto (1615). ll Foscarini, oltre a rivendicare ai Pitagorici la dottrina eliocentrica, fu il primo a tentare, con metodo sistematico, di dimostrare la non contraddittorietà dei luoghi della Bibbia alla dottrina pitagorico-copernicana” (Cfr. Rotundo D., Scoperte e invenzioni di calabresi e in Calabria, Catanzaro, Ursini, 2002, p.17). Su tale argomento vd. anche Pisano G., Le rivelazioni su Colombo e sul Nuovo Mondo del cosmografo e teologo calabrese del XVI secolo, Giovan Lorenzo Anania, in Vivarium Scyllacense, n.1, 2012.
31)Miceli di Serradileo A., Vicende di una lettera inedita di S.Francesco di Paola diretta a Simone D’Alimena, in Bollettno Ufficiale dell’Ordine dei Minimi A.XLII, n.3-4 Luglio-Dicembre 1996.
32)Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria illustrata, tomo II, Soveria Manelli, Rubbettino, 2000, p.115.
33)Sposato P., A proposito di una bolla inedita di Leone Decimo per la canonizzazione di S. Francesco di Paola, in Calabria Nobilissima, anno VII, n.21, 1953, p.162.
34)Sole G., Francesco di Paola: il santo terribile come un leone, Rubbettino, 2007, p.5.
35)Salatino F., Il sole della Calabria. Storia di san Francesco di Paola, in Radici Cristiane, 2007, n.24. Cfr anche Francesco di Paola: Umiltà Penitenza Carità. Il Cristianesimo Vissuto soggioga i Grandi d’Europa, in Corriere del Sud n.4-9, 2002.
36)San Michele Arcangelo è il Protettore dell’Ordine dei Minimi.
37)Tale parola divenne il motto dei Minimi di San Francesco di Paola.
38)Francesco di Paola: Umiltà Penitenza Carità... cit.
39)Si consideri anche “il fatto che il segretario di Niccolò V, traduttore e redattore per quel papa di lettere al Gran Turco, era il calabrese Gregorio Trionfante” e che “fra i primi a rispondere all’appello di Niccolò V fu il beato Matteo di Reggio che raccolse due navi con le quali partì per l’Asia riuscendo a riscattare molti schiavi cristiani” (Cfr. Rotundo D., Scoperte e invenzioni di calabresi e in Calabria, cit., p.66).
40)Tradotto in latino dal frate domenicano Francesco Pipino (1270 circa-1328 circa), archivista e autore di opere a carattere storico, geografico e giuridico. Pipino conobbe personalmente Marco Polo e intorno al 1320 si recò in pellegrinaggio in Terrasanta ed a Costantinopoli.
41)Secondo alcuni studiosi di origini spagnole, portoghesi, ebree, corse, greche...
42)Con Papa Borgia (Alessandro VI, 1492-1503) si passerà, guarda caso, alla concessione ai sovrani del diritto di patronato sulle nuove terre in cambio di determinati doveri di evangelizzazione.
43)Stefano IV “indicato come reggino dalla storiografia erudita locale.... Incline più all’alleanza tra il papato e i Franchi piuttosto che con i Longobardi, come aveva fatto papa Zaccaria (anch’esso calabrese -Cfr. Annuario Pontificio del 1861-), legittimando la nuova dinastia carolingia in Francia, che sostituiva la decadente stirpe merovingia, nella persona del suo ultimo rappresentante Childerico III: per questo consacrò nella basilica di Saint-Denis re dei Franchi Pipino il Breve, futuro padre di Carlo Magno. Era la prima investitura di un sovrano da parte di un pontefice”(Cfr. De Leo P., I pontefici calabresi nell’alto medioevo, in Gazzetta del Sud, 22 Settembre 2011, p.32) .
44)Marino R., Cristoforo Colombo e il Papa tradito: un giallo storico lungo cinque secoli, Newton Compton, Roma, 1991, p.154.
45)Cristoforo Colombo, Lettere ai reali di Spagna, a cura di V. Martinetto, Palermo, Sellerio,1992, p.73.Gli storici non hanno finora fermato la loro attenzione sui legami del Santo di Paola con Gioacchino da Fiore così come con San Nilo e San Bruno, peraltro tutti e quattro accomunati dalla scelta della vita anacoretica dopo una prima fase cenobitica .
46)Taviani P.A., Cristoforo Colombo, suppl. a Famiglia Cristiana n.31, il Mulino, 2003, p.133. Cfr. anche Todorov T., La conquista dell’America. Il problema dell’altro, Einaudi, 1993, p.13.
47)Cfr Cristoforo Colombo, Giornale di bordo del primo viaggio e della scoperta delle Indie, Rizzoli, 1992, p.174.
48)Taviani P.A., Cristoforo Colombo... cit., p.133.
49)Come afferma lo studioso Francesco Pappalardo (La scoperta dell’America) “nell’Ammiraglio genovese e in coloro che lo seguono non sono da trascurare le motivazioni economiche e la ricerca di orizzonti più ampi, anche in relazione al serrarsi del Mediterraneo Orientale per l’avanzata dei turchi ottomani, ma un peso notevole hanno pure le aspirazioni religiose, cioè il desiderio di convertire gli indigeni e di reperire fondi per la riconquista di Gerusalemme. Se il progetto crociato del grande navigatore non viene realizzato, non si può dimenticare che l’oro del Nuovo Mondo servirà a finanziare la resistenza contro i turchi”.
50)Colombo C., Libro delle profezie, a cura di Wiliam Melczer, Novecento, Palermo, 1992, p.73 . Vedi anche Cristoforo Colombo, Libro de las profecias, in Nuova raccolta colombiana, III/1, Roma 1993 (Comitato nazionale per le celebrazioni del V Centenario della scoperta dell’America).
51)Marino R., Cristoforo Colombo e il Papa tradito, IV edizione ampliata, RTM, Roma, 1997, p.146.

Fonte: Il blog di Bruno Pino, 4.5.2012

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