IL RITORNO FRA TANTE SIGLE DEI CAVALIERI TEMPLARI
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L'ultima crociata è stata combattuta 750 anni fa, loro sono stati sciolti quarant'anni dopo dal Papa sotto il peso di accuse infamanti. I sette secoli successivi, più che ricordarne il valore, ne hanno fatto un misto di esoterismo, ambizioni araldiche, voglia di riconquista, ricchezze nascoste, contiguità con la massoneria.
Essere monaci e andare in guerra non sono più un tutt'uno e la Terrasanta è presidiata da tutt'altre milizie. Eppure, oggi i templari cercano di riemergere dal fiume carsico della storia, i cavalieri del tempio di Gerusalemme tolgono dagli armadi croci e mantelli e provano a rilanciare gli ideali che non vogliono consegnare al passato.
Templare è un marchio privo di copyright. La Chiesa, che li ha creati con San Bonaventura e cancellati con papa Clemente V, non li ha riabilitati. Chiunque può utilizzare la griffe, celebrare investiture, fondare priorati sfruttando le leggende sulla sopravvivenza segreta dell'ordine: le diffuse la massoneria inglese che fece propri i gradi templari, a partire da quello di gran maestro. A cavallo della Rivoluzione francese prese corpo una corrente di «neotemplari» affine alle obbedienze massoniche che si ramificò in numerose sigle, tutte originate da microscissioni spesso difficili da ricostruire e in concorrenza tra loro. Ognuna rivendica un pedigree adeguato e contribuisce ad alimentare misteri e curiosità sui templari, che fanno la fortuna di libri come il Codice da Vinci e saghe cinematografiche come quelle di Indiana Jones.
In Italia sono presenti addentellati di organizzazioni internazionali come l'Osmtj (Ordre souverain et militaire du temple de Jérusalem, Ordine sovrano e militare del tempio di Gerusalemme) e l'Osmth (Ordo supremus militaris templi Hierosolymitani) per promuovere ricerche storiche e attività filantropiche. Sigle molto simili, organizzate in precettorie o priorati: la seconda, in particolare, vanta diffusione in cinquanta Stati e un riconoscimento dell'Onu come Ong. Ma è bastato rimescolare le lettere e a Roma anni fa è spuntato lo Smtho (Supremus militaris templi Hierosolymitani ordo) di filiazione brasiliana il cui leader italiano, Rocco Zingaro, sosteneva di possedere il Graal.

SIGLE IN LOTTA
A Trieste invece un gruppo di templari fuorusciti dall'Osmtj fa capo a Walter Grandis, giornalista, saggista e presidente di una bocciofila. A Napoli cerca accreditamento la Confraternita internazionale di volontariato dell'ordine dei cavalieri templari cristiani Jacques de Molay, guidata dal gran priore Massimo Maria Civale che si presenta anche come vicario di una Confederazione internazionale templare dedicata a San Bernardo di Chiaravalle. Un'altra confraternita intestata a De Molay, l'ultimo «magister» morto sul rogo nel 1314, è stata costituita dalla Chiesa ortodossa italiana autocefala, fondata da Alessandro Meluzzi: il cappellano è il vescovo Filippo Ortenzi, ex Fronte della gioventù, ex Ugl, ex assessore nel Viterbese. Per loro il cavaliere arso è addirittura santo.
È un groviglio di sigle e cariche, di esche per creduloni e tentativi di accaparrarsi brandelli di storia, di massoni mascherati e cacciatori di onorificenze. Nella mappa delle religioni in Italia gli studiosi Massimo Introvigne e Pierluigi Zoccatelli hanno censito anche il Supernus ordo equester templi, l'Ordine militare e religioso dei cavalieri di Cristo, l'Ordo equestris templi Arcadia, i Cavalieri templari di nostra Signora di Nazaret, l'Ordine dei cavalieri templari guardiani di pace, l'Ordine del tempio solare, l'Ordine rinnovato del tempio che però non va confuso con l'Ordine del tempio rinnovato alle cui attività partecipò da giovane l'esoterista René Guénon. Ogni realtà raccoglie poche decine di adepti, quasi come piccole sette.

TRA MALTA E SANTO SEPOLCRO
templare 3Il Vaticano riconosce due soli ordini cavallereschi, Malta e Santo Sepolcro. Il revival templare non è incoraggiato dalla gerarchia, nonostante che nel 2001 la paleografa Barbara Frale abbia scoperto nell'Archivio segreto vaticano la Pergamena di Chinon, documento datato 1308 in cui il pontefice riabilitava (senza clamore) gli ultimi templari. Nel 2005 il cardinale Camillo Ruini, allora vicario del Papa per Roma, vietò alle chiese diocesane di ospitare cerimonie di sedicenti templari che facevano infornate di cavalieri tra le sacre mura. Ma 17 anni prima, nel 1988, un altro vescovo, Mario Ismaele Castellano, aveva riconosciuto a Siena l'Ordine dei poveri cavalieri di Cristo guidati dal «magnus magister» Marcello Alberto Cristofani della Magione, 79 anni, Duca della Milizia del tempio e Conte palatino. E nel 1989 la Penitenzieria apostolica, autorizzata da papa Giovanni Paolo II, concesse una serie di indulgenze.
«La nostra è l'unica associazione templare con sigillo ecclesiastico», spiega Cristofani. L'origine fu casuale ma il futuro gran maestro, allora capo scout, vi scorge la mano della Provvidenza. «Comprai il castello della Magione a Poggibonsi perché volevo accogliere e formare adulti che uscivano dai gruppi scout, da me fondati, per una militanza cattolica permanente», racconta. Cristofani scoprì nella Magione vestigia templari e fondò un organismo riconosciuto dalla Regione Toscana, la Milizia del tempio, ispirato agli ideali e all'organizzazione cavalleresca cui intestò il patrimonio. Dopo nove anni di prova, arrivò il «placet» diocesano del vescovo di Siena previa dichiarazione di non accampare discendenze medievali. «Non mancarono perplessità in Segreteria di Stato - ammette Cristofani -. Una diocesi può non accettarci ma non si può dire che non abbiamo approvazione».
I seguaci della Milizia in Italia sono una quindicina, nel mondo un centinaio. Hanno l'obbligo di recitare il breviario e dare voti privati di obbedienza, distacco dai beni terreni, castità e professione pubblica della fede. «Siamo legati alla messa in latino del 1962. Anni fa venne a celebrarla anche il cardinale Oddi. Altri porporati ci hanno fatto visita: Stickler, Innocenti, Scola e Gagnon, che si fermò una quindicina di giorni. Indossiamo mantello e insegne soltanto in occasioni liturgiche». Il rito del 1962 non piace molto a papa Bergoglio. «Ci definiscono tradizionalisti ma non siamo polemici - replica Cristofani - il Papa è il Papa, che si chiami Benedetto o Francesco. La nostra battaglia è culturale, di apostolato e testimonianza, e di aiuto alle scuole cattoliche di Terrasanta».

CUSTODI DELLE CHIESE
Un'altra associazione dichiaratamente fedele al Papa sta prendendo rapidamente piede: sono i Templari cattolici d'Italia guidati dal magister Mauro Giorgio Ferretti. Sono duemila con oltre 120 sedi, tra di loro si chiamano «fratelli», non hanno riconoscimento ufficiale, ma moltissime diocesi aprono loro le porte, a cominciare da quella di Verona, che ha concesso la sede nazionale nel chiostro romanico di San Fermo Maggiore, e quella di Napoli, dove il cardinale Crescenzio Sepe li ha autorizzati a operare in tutta la Campania. Ferretti, a differenza di Cristofani, si appella al neotemplarismo di inizio Settecento: «Il ramo fedele alla Chiesa si era quasi estinto - racconta -. In Italia rimase un solo maestro, fra' Ruggero, che 35 anni fa m'incaricò di ricostituire l'antico Ordine. Mi cambiò la vita. Oggi già una quarantina di vescovi ci hanno scritto e abbiamo oltre ottanta preti che ci seguono».
Perché riesumare una tradizione cavalleresca discussa, lontana nel tempo e forse anche fuori da questo tempo? «I valori della cavalleria sono più che mai necessari - risponde Ferretti -: onestà, lealtà, senso dell'onore, testimonianza di un cattolicesimo non ipocrita. I musulmani presi singolarmente sono brave persone, ma la religione predica l'uso della scimitarra e dobbiamo difenderci. Per 200 anni i templari sono stati la spada del Papa, monaci poveri al suo servizio; oggi c'è bisogno di gente normale, laica, sposata, che dedica tempo a servire la causa della Chiesa, l'unico baluardo sopravvissuto nell'Occidente». Il compito principale che i Templari cattolici si sono dati è quello di tenere aperte le chiese o riconsacrare al culto quelle abbandonate o profanate da culti esoterici e satanici: «Dopo la strage di Parigi abbiamo tenute aperte 120 chiese, vigilando volontariamente per 24 ore, da soli - dice Ferretti -. Con la nostra presenza silenziosa abbiamo creato scompiglio».

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