IL “NODO DI SALOMONE” IN PROVINCIA DI MESSINA, SIMBOLO ANTICO COME IL MONDO

Il “Nodo di Salomone”, simbolo misterico, è rappresentato da due o più anelli ovali che si intrecciano tra loro in maniera inscindibile. La più antica raffigurazione si trova in un fondo di piatto della cultura di Karanovo VI, area del basso corso del Danubio (metà del V millennio a.C.). Usato anche dai Celti, furono i romani in età augustea (I sec. d.C.) a introdurre questo simbolo in Italia (il “nodo” è raffigurato nei mosaici pavimentali di poco successivi di Pompei, Ostia e Stabia). Il Medioevo è comunque il periodo della massima diffusione in cui il simbolo, da decorazione pagana, appare nelle chiese e nelle raffigurazioni cristiane: monaci cistercensi, Templari che lo usano anche in battaglia per la sua valenza simbolica ed esoterica. Ne troviamo 260 esemplari semplici (a due anelli) e complessi (due anelli più un quadrato), nei mosaici della basilica di Aquileia (UD) del IV secolo, portati alla luce dagli archeologi negli anni 1909-12. Potremmo continuare all’infinito perché il “Nodo di Salomone” è diffuso in tutto il mondo.
Per restare in Provincia di Messina, nella Chiesa Madre di San Filippo e Giacomo a Naso la cappella dedicata alla Vergine del Rosario costituisce un palinsesto ricchissimo di simboli religiosi ed esoterici che, in una sorta di iniziatico viaggio misterico, attraverso lo spirito conduce alla fine alla rivelazione della Verità. La cappella era stata fondata nel 1615 nella chiesa di san Pietro che venne distrutta nel 1874, quindi trasferita e ricostruita nel 1934 all’interno del Duomo di Naso. Detta anche “dei marmi” per la notevole profusione di materiali lapidei policromi, venne realizzata da Bartolomeo Travaglia. Sulle pareti, come in una sorta di erbario o bestiario medievale, conchiglie aperte e chiuse, melagrane, pigne, labirinti, croce, stella a otto punte, corvo del diluvio, pellicano-Cristo, fenice, pavone, leone, serpente ma anche simboli sumeri, babilonesi, egizi, romani, dell’ebraismo e del cristianesimo. E, naturalmente, non poteva mancare il “Nodo di Salomone”. La più antica raffigurazione del “Nodo di Salomone” nel messinese è nella villa di età romana tardo imperiale degli inizi del IV sec. d.C. a Patti Marina.
Quale il significato di questo antichissimo simbolo? Salomone, terzo re d’Israele e successore e figlio di Davide, colui che aveva ricevuto da Dio la capacità di distinguere il bene dal male, fu il costruttore del Primo Tempio nel X secolo a.C. e cioè, l’unione tra il divino e l’umano sulla terra. Nella sua valenza originaria, quindi, il “Nodo di Salomone” rappresenta appunto l’unione profonda dell’Uomo con la sfera del divino. E’ un legame che non può essere sciolto perché nessuno può sfuggire al disegno del Creatore e al tempo stesso Egli non può abbandonare i suoi figli. E’ un nodo d’amore, è un legame sacro, indissolubile: due anelli legati tra loro sono liberi di muoversi ma non possono essere completamente indipendenti e quindi, dove inizia la volontà divina e dove finisce il libero arbitrio?
Tutto è energia nel “Nodo di Salomone”, tutto è Armonia, tutto è dimensione ultraterrena quando ritorniamo in collegamento col divino e con la parte più intima del nostro essere.
Nino Principato

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