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Addolorata
"Sono tanto allegra meglio finirla così". L'alba è appena stirata sul casolare di campagna quando Addolorata apre gli occhi sui suoi quattordici anni. Sul muro scheggiato della cucina antica c'è la bocca di un fucile che sorride sguaiato. Non ha lasciato indizi sul diario gentile di amori immaginari di pensieri freschi di frasi senza storia. La luce filtra dagli scuri e il padre è già nei campi quando rivolge sul petto l'anello di ferro buio come un pozzo senza fondo. "Papà, perdonami, ma oggi sono allegra". E sorride alla malia che le ha squarciato il cuore.
Andrea
Un pomeriggio torrido di luglio per ritornare a Roma dal paesino di pietra. L'occasione è il compleanno di una nipotina, la festa felice. Come è disfatta, ma bella la città sotto il sole. Non deve essere stato facile lasciarla ma i genitori hanno preferito così per cercare di salvarlo. Come è distorta, ma ancora bella la città che si piega liquefatta dopo la sosta in farmacia. Pochi passi danzati con le scarpe da tennis la tuta azzurra azzurra come il cielo impazzito mentre crollano con le facciate delle case anche i riccioli biondi. Con il laccio sulla pelle sotto il muretto sbrecciato che regge un cancello rugginoso sembra un bambolotto cui si sia rotto un filo.
Antonio
E' rimasto inginocchiato come in preghiera davanti al quadro dell'amico: un piccolo lago due cigni in primo piano gli alberi di un paradiso. Un randagio venuto dalla Sardegna con il quaderno del dare e dell'avere per tenere i conti; e il profumo di mare roccia e vento nel cuore. Una stanza di periferia prestata per svernare, tra pannelli colorati barattoli di vernice e tele sfondate. Era perfino Natale: forse nessuno glielo aveva ricordato.
Bruno
Ha fatto appena in tempo ad uscire dall'auto. Qualche passo da automa infine si è accucciato. Nel piazzale disperato a fianco dell'asilo nido come un giocattolo rotto. I bambini escono nel pomeriggio freddo con i cestini vuoti; guardano Bruno seduto coi vent'anni sprecati la frangetta sugli occhi e ridono per quella posizione da burattino irrigidito.
Cathia
Era bella Cathia con i suoi diciannove anni quando i ragazzi le facevano la corte dalle parti dell'Idroscalo. Era libera Cathia come la gioventù quando la madre alla sera non vedendola tornare nemmeno si allarmò. Su un sentiero di Ostia è rimasta trafitta alle soglie del buio di uno strano venerdì. Cathia che era già donna Col sorriso da bambina Che portava sul braccio I rintocchi dell'oblio. All'obitorio a baciarla È venuto solo uno zio.
Daniele
Daniele ha radici ancora corte nella vita un viso a coltello capelli scarruffati un mistero negli occhi. "Voglio guarire... ", scrive Daniele nelle pagine del diario fra stazioni di delirio: "... domani l'alba ucciderà la mia anima e mi alzerò in volo solo alla disperata ricerca di me stesso... forse ricomincerò a bucarmi ad entrare ancora una volta nel buco nero fino... ". In una via di Rivoli in una notte gelata hanno trovato un corpo di ghiaccio con la neve nel cuore.
Domenico
Come giaciglio un tappeto di aghi sulla strada sterrata dell'Acqua Bullicante. Lungo il braccio i tatuaggi e le tracce dei buchi. Una maglietta celeste un pullover di lana le scarpe di gomma. Venti anni venticinque? Nemmeno un nome sulla brace per scaldare l'acqua ed il laccio emostatico. Intorno solo campagna mentre il viso crolla in una girandola sul legno irto di chiodi. Hanno fatto l'inventario: un mazzetto di chiavi fra il materiale per le costruzioni ed una frase incisa: "Se mi vuoi, fischia".
Donato
Quando arriva Natale si è fatto un regalo sul pianerottolo della scala L. Nemmeno vent'anni: una donna e due figli ad aspettare dietro la porta della casa popolare. Tanti piccoli furti tante notti in carcere per un albero di luci acceso nel cervello. Il litigio e la fuga il ritorno a Milano il coraggio che manca di chiedere perdono; e allora la quiete può essere un ago. E' stata Gina a trovarlo quando è già tardi. "Così sbandati ma tanto bravi" hanno detto i vicini. Mentre le cornamuse piangono lontane.
Enza
Un fagotto nel bagno il cucchiaio sul pavimento la scatola di cerini i pezzetti di stagnola e le ombre viola sulla pelle trasparente. La madre ad Orvieto il padre a Torino, una guardia carceraria. Era finita in collegio per scappare senza meta. Una telefonata agli zii: "Vengo a pranzo da voi". Prima di andare a tavola si è appartata un momento. Soltanto il tempo "di lavarsi le mani".
Enzo
Un vecchio albero per appendere la fune al Parco delle rose. Non riesce a dormire nella casa di salute che culla voglie di illusione. Ad ogni evasione è tornato nel giro. Così la corda è una collana nel buio butterato che non accenna a finire. Lo hanno scoperto con le gambe penzoloni per una fine "priva di plausibile ragione".
Fausto
Gli è rimasta la foto con la divisa ed il fucile in mano dopo che lo hanno cacciato dall'esercito perché "sorpreso a bucarsi". Fausto aveva cominciato nel giro dei bar di quartiere fra una ragazza ed un flipper con gli amici sbagliati. Non è bastato il calvario di una madre che gli dava i soldi perché non diventasse un balordo. Ma a ventott'anni si vorrebbe il sapore della vita, quella vera. Così nella notte non ha infastidito nessuno: un tonfo sordo nel buio e nel silenzio solo un vicino si e chiesto: "cos'è?". Lo hanno capito all'alba: un letto disfatto una vestaglia abbandonata la finestra del bagno spalancata. Nell'imbuto del cortile che è la sua tomba sono rimasti i gatti a fargli compagnia; a piangere d'amore contro il cielo e la luna.
Francesco
Tre coltellate nel sonno sul divano letto nell'oscurità di Segrate. Nemmeno il tempo di vedere che a vibrarle è la mano di una cameriera a ore. Un figlio difficile bello, robusto, esuberante. Anche violento. Non gli basta il lavoro l'umiltà dell'operaio per le ragazze a contatore. Una catenina d'oro il primo furto in casa poi l'argento, gli assegni. Infine quel giorno alza le mani schiocca una lama e spara contro il muro: "Vi uccido con questa se non mi date pace" Gliel'ha data un automa senza pianto. Alla madre con occhi di vetro nessuno chiede perché.
Giulio
Ancora sul letto bocconi, vestito come se dormisse. Il pantalone, il giubbetto spiegazzati. Come si fa a cogliere le grida di un ragazzo fra gli alveari della città-satellite? Non ha un lavoro Passa il tempo ritagliando il legno, dipingendo per hobby: tanti colori spremuti inutilmente. Poi quella sera quando la madre ignara gli ha ravviato i capelli ha scalato le stelle. Era allegro, gentile dicono gli amici: "Sapeva solo scherzare" .
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Laura
Le risate arrivano dalla grande sala del cinema di Trastevere con uno scroscio sempre più fondo sempre più lontano. Un laccio e un cucchiaio nella lurida latrina il solito braccio venato. Più o meno vent'anni "un'età buia e senza tempo" dice il fratello che l'ha riconosciuta piangendo troppo tardi sul corpo afflosciato.
Laura
Hanno pescato un fagotto il giorno di Pasqua, un fagotto inzuppato vicino ad una roggia. Sul lago di Sirio che ha nome di stelle sulle colline di Ivrea che sanno di ortica. E' affiorata sull'acqua come una ninfea marcita con i jeans di tela azzurri e le scarpe da tennis. L'hanno tirata a riva come un fradicio straccio senza vita né nome se non fosse per la chiave attaccata alla cintura. E l'ultimo brivido annotato sul diario: "Mario non arriva e forse non verrà ma quando lo vedo il cuore mi va in gola e la gola nel cuore anche se faccio di tutto per non farlo vedere. Siamo andati a ballare E mentre l'auto correva Si son fatti uno "spino"". Vicino al roccione Nel tempo di primavera solo i capelli nell'acqua son rimasti a ballare fluttuando come medusa che ha smarrito il mare.
Leandro
Batte ancora le ali come una farfalla crocifissa dallo spillo ed il viso di cera; un Pierrot senza più lacrime un uccello tremante con lunghe ali di raso sotto i portici di piazza San Marco. Mentre il carnevale sale ululando alla luna. Nel vicolo si spegne l'ultimo atto di un amore dietro maschere smarrite fra una gondola nera e la gioia colorata di coriandoli, nello sciacquio nebuloso della notte fino al rintocco dell'orologio che batte alle stelle. Fino all'ultimo movimento del capo che reclina lentamente mentre si affretta l'ultimo respiro. E il silenzio plana con un urlo di terrore.
Leopoldo
E' proprio buia la notte di Napoli dal secondo piano dell'alberghetto dietro la stazione. Arriva l'eco dei treni, dove andranno? Sciarade senza senso di nottambuli ubriachi calze a rete bucate sulle cosce grasse di una prostituta. Sotto, il vuoto è uno scivolo nel nulla per il volo breve dalla finestra aperta mentre il convoglio arriva con un fischio lacerante.
Luca
Una notte come un'altra sui giacigli del fortino fra i respiri dell'Adige, quando una mano nel buio cosparge benzina. Hanno trovato un pezzo di tanica fra i resti riarsi là dove i corpi si ostinano a sognare nella tana dei diversi di Piazza delle Erbe. Sono fuggiti come torce pazze lacerando di urla il sonno bruciato. "Hanno avuto quello che si meritavano". Perchè c'è sempre un rogo nella mente dei giusti.
Lucia
E' tornato il sole dopo i giorni di neve e nei giardini Lucia distesa sull'erba e un fiore gelato che si scalda a dicembre. Mentre domani è Natale. Quando arriva la sirena per Lucia dagli occhi bianchi forse è un suono di zampogna. Ora in fondo alla corsia con l'albero acceso nella stanza linda Lucia è un insetto con una maschera strana mentre un monitor grigio rimanda diagrammi allarmati. E domani è Natale. Ma i fantasmi nei camici non sanno ancora se per lei verrà, perchè qualcuno ha spento la luce nel cervello di Lucia.
Lucia
Proprio la notte di San Silvestro. Per Lucia lo champagne è un bicchiere di cera. " Era una bella ragazza" ripetono gli occhi di Luigi: "Si faceva, io mi buco". Che può fare una bella ragazza fra i casermoni del Tiburtino? A via Bissolati quando il denaro mancava per procurarsi la roba si prestava. "Ed io che faccio? Il ladro". Luigi tornava felice dopo due anni di prigione l'amnistia e il suo regalo. Alla vigilia di capodanno è rientrato al mattino col cuore in gola perchè la porta è socchiusa: Ho intruppato in qualcosa un corpo irrigidito era la mia ragazza". Lucia è una sagoma di gesso sul pavimento sporco. Alla parete il poster di un centauro sul braccio scoperto un fiorellino rosso. Chi erano, coca facevano? domandano ai vicini. "Non li conosciamo non li abbiamo mai visti" risponde la gente che vive porta a porta. Dal cortile arrivano le voci dei bambini che giocano al pallone. Luigi seduto fissa Lucia con un sorriso che ha cent' anni: "Perchè da cinque anni ho perduto tutti i denti".
Lucillo
"Da questo inferno non uscirò mai più" ha scritto alla madre. Ha chiesto soltanto di morire vicino casa sotto l'albero dei giochi da bambino. L'inferno non è la prigione dove lo hanno portato i furti e l'eroina ma la bianca follia che l'accompagna. Là nel carcere di Arezzo ha deciso di farla finita con un chiodo un pezzo di coltello la forchetta che ingoia forsennato e lo stomaco pieno di grumi. Fra un'infermeria e l'altra tra un'emorragia e l'altra. Fino all'ultima goccia di un suicidio lento e disperato.
Luigi
La paura e sempre uguale prima che arrivi il sonno nella stanza al quartiere Tuscolano. Ancora un letto disfatto e un cencio di pietra senza respiro, immobile fra le lenzuola sporche. Non ha fatto in tempo lei che lo aiutava a ridargli una ragione con l'ombelico dell'amore. Per uncinare la vita che ormai se ne va. Per un briciolo di polvere tagliata pure male.
Luigi
Non basta la moto e il vento in faccia sulla strada del mare. Un angolo di verde più denso per spegnere il motore fra gli aghi dei pini i fiori acerbi una farfalla che ride. La ricerca affannosa fra ragnatele di vene per un nuovo viaggio senza più ritorno. Un uomo lo ha visto lo ha portato all'ospedale. Se ne è andato con i camici negli occhi come formiche bianche che lo guardano stupite. A notte fonda sulla strada del mare sono tornati a cercare la moto. Era sparita anche quella nel vento della sera. Forse per correre con Gigi sui sentieri delle stelle.
Marco
Si e accovacciato con i ferri nel canile, l'aiuto degli altri può offrire soltanto una lunga catena. Ma un giorno la comune è messa sotto accusa e la libertà si tramuta in un cappio per il disadattato disceso in Romagna dalle cinture del nord. Lo hanno trovato sbilenco nella tasca il foglio di via sulla massicciata della ferrovia in località ponte della morte. Aveva cercato, bussato: anche alle porte del manicomio. "Sapeva di essere debole" dice l'amico Billi. "Non poteva farcela da solo. Lo ha ucciso il senso di colpa per la fiducia tradita". Mentre il fischio di un treno lacera il silenzio.
Maria
Maria e una bambola vecchia Maria non ha genitori ha un padre senza nome una madre prostituta. Maria è orfana a tredici anni quando lascia Napoli e fugge verso il Nord Maria non ha meta né fretta. Maria è un fiore gualcito quando la violentano dalle parti di Bologna. Maria è una bambola sgangherata nell'aula del tribunale vuole la cioccolata e impreca. Maria senza ricordi oltre il coma lontano, Maria che si guarda da dietro le lenti con occhi di vetro e sorrisi assonnati. Maria che accusa senza sapere perchè e ripete sempre "sai".
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Marino e Loretta
C'e un profumo di fiori d'arancio bruciati nella cucina spoglia, sotto i capannoni grigi nel paese di metallo dove si fabbricano fedi di latta. Ancora avvinghiati come un anno prima, quando bambini uniscono le loro schiavitù; due giovani sposi davanti alla tivù che rimanda arabeschi misteriosi; che illumina con occhi di fantasma quattro occhi di pietra. Si sono dati l'ultimo bacio nell'odore acido di gas della stufetta staccata sotto il filo della luce senza nemmeno il lampadario vicino alla finestra senza neppure le tendine. Accucciati nell'unica poltrona come in una bomboniera. Si sono amati ancora le labbra sulle labbra quasi a succhiare l'ultimo sorso di vita. Hanno lasciato un biglietto per le nozze di morte: "Perdono, non abbiamo altra strada" E hanno scalato insieme il silenzio delle stelle.
Matteo
E' rimasta un'ora senza parlare davanti al corpo livido del fratello. E' scesa poi di un piano Simona in silenzio: "Matteo signora è diventato nero. Inutile the corra non c'è niente da fare". In una mansarda scrostata del Collatino vecchio quanti giorni mancano ai suoi sedici anni? Il padre, Gino cuce vestiti: "Torniamo in Sardegna prima the sia tardi". Per un ragazzo venuto dal mare non ci sono più scogli per non annegare. "A pagare c'è tempo prenditi intanto un poco di neve". Finché una valanga di ghiaccio gli è franata nel cuore.
Maurizio
Quanto è profumata la latta di benzina; sotto la doccia è bello accendere un cerino. Un falò di coraggio per uscire dall'imbuto. Bruciano le palpebre il torace, la schiena. Bruciano i ricordi brucia il padre in pensione il fratello sordomuto la moglie, il figlio il matrimonio fallito l'andare e venire sempre uguale fra i bianchi inganni di letti senza amore. Al medico che si china sulle piaghe attizzate arriva solo un fiato: "Ci ho provato dottore, nessuno m'aiutava".
Morena
Morena è cresciuta nella valle dei ciliegi e i sorrisi bianchi dei fiori. Morena lavora da operaia il giorno in fabbrica il sabato a ballare; ma lo stipendio non le basta più. Morena lascia il fieno e i campi coltivati dai vecchi genitori per vendere i baci e la pelle dei vent'anni. Morena che si porta con l'amore anche la morte nel nome. Hanno trovato il suo corpo dopo un mese ai bordi di un fossato sotto la neve caduta lentamente. L'hanno trovata come un pupazzo di ghiaccio intirizzita e dura. Un cantoniere ha scavato nel manto con le mani credendo si trattasse di una bestia imprigionata. Morena caduta come una slavina da un'auto in corsa e abbandonata laggiù tra i fiocchi che scendono come lacrime bianche. Come i fiori gelati dei ciliegi.
Rita
Rita si fa sotto i portici con gli amici balordi di piazza Cavalli e la sera batte fra le luci gialle della circonvallazione. Poi la notte ritorna sull'autombulanza parcheggiata nei sotterranei dell'ospedale dove dorme al lume di candela finché una sera un odore acre risveglia un portantino. Anche la stagnola è diventata nera e Rita ha il viso bruciato buio come se qualcuno avesse giocato su di lei col nerofumo.
Roberto
Al bar Euclide vanno i pariolini; al bar Euclide vanno i ragazzi che stendono il braccio perchè non hanno trovato di meglio da imparare, che amano picchiare per sentirsi maschi. Al bar Euclide si mangiano le paste con le ragazze dalle cosce lunghe si va alla toilette con l'ultima dose per ricordare gli amici: Angelo il picchiatore ucciso dalla Volante rossa, Andrea che crocifisse Rosaria nella villa del Circeo. E via con loro nel girotondo pazzo del militante sconfitto: guerrieri smarriti disertori della vita mentre bussano invano alla porta del bagno occupato.
Rosaria
Rosaria è in posa come un soldato caduto la testa riversa il braccio abbandonato la gamba scoperta sulle scale del sottopassaggio e l'odore d'orina. Sono passati per un'ora intera accanto ai suoi trentotto anni pensando: "sporca barbona" perchè Rosaria è morta ma nessuno lo sa. E sotto gli stracci non c'è centimetro di pelle senza buco.
Rossella ed Elena
Da quanti anni Rossella convive con la scimmia? Negli schedari della Polizia è l'unica data precisa: un furto a diciott'anni per procurarsi la roba. Finché si è lanciata nel vuoto, per crollare nel balcone sottostante. Quattro volte si è rialzata quattro volte si è buttata, rimbalzando da terrazzo a terrazzo come una bestia impazzita. Fino a schiantarsi nel cortile fra rigagnoli di sangue che impiastricciano il corpo minuto il volto scavato i capelli castani. Come Elena sette mesi prima. Anche lei quel Lunedì dell'Angelo scavalcò con le calze bianche il parapetto dell'attico con la ringhiera metallica e si gettò nel vuoto fino al piano di sotto. Ancora la forza di rifarlo ed il lungo volo come un aquilone stanco.
Senza nome
Il pallone rimbalza un mattino nel prato al centro commerciale di Casalpalocco: "sembrava che dormisse". Allungata sull'erba sotto il tronco di un albero, come la principessa di una dolce fiaba. Piccolina, graziosa, giovanissima nei jeans celesti la camicetta a pois rossi i capelli lunghi castani e sul braccio scoperto tanti forellini: "forse le zanzare". Poi i ragazzi hanno compreso l'immobilità senza respiro e sono scappati lasciando il pallone. Dopo cinque giorni cercano ancora il nome. Sulla cronaca del giornale hanno pubblicato la foto dei gioielli: un anellino di latta un cerchietto da polso due orecchini d'ottone spaiati.
Sigfrido
Diciassette anni fragili e un nome forte, Sigfrido figlio della prigione. Il padre ladro a Rebibbia la madre spacciatrice alle Muratte lui tra le sbarre di Casal del Marmo. Un'auto rubata, una fuga, uno scippo sono la sua provvisoria libertà sono la sua sgangherata gioventù. Finché negli spazi angusti di una cella l'acido non spalanca un orizzonte senza più confini un inganno senza più orizzonti. Tranne il pendolo di un lenzuolo bianco legato come un ultimo sudario ai ferri rugginosi del finestrone in un collare per un cucciolo infranto.
Silvia
Va da Milano a Roma il treno dell'inverno, l'inverno dei vent'anni; la vita fugge dai finestrini come il rotolo di carta nella squallida toilette. Silvia non ricorda più con la puntura nel braccio, finché i buchi neri dell'ultima stazione sono il capolinea di un respiro. La troverà la donna delle pulizie nel convoglio già vuoto. Un corpo da ramazzare con le briciole dei panini e i cocci di bottiglie mentre i viaggiatori si fanno da parte.
Silvio
Silvio lo chiamano Flash e non ha un amico quando si aggira con occhi di fantasma fra le panchine dei giardini reali. Silvio con un codino di capelli neri dietro la nuca e quarant'anni bastonati quando l'hanno scoperto con gli occhi al cielo e la camicia slacciata. Non ha parenti Silvio non conosce nessuno. Per farlo felice almeno una volta la pietà di pochi lo ha lasciato andare fra i canti, le preghiere e il sorriso dei fiori.
Stefano
Pupazzetto scomposto reclinato sul ciclomotore nel viottolo sterrato al Ponte Mammolo. Nascosto all'ombra di una chiesa con la croce, la siringa nella carne. Il deliquio improvviso la fuga senza scampo sulla motocicletta, immobile sul cavalletto: le braccia scivolano il petto sul manubrio la testa sul fanale quasi un mimo impietrito. Diciassette anni per un sepolcro grottesco e una dose di fuoco. " Non so, non sa nessuno" balbetta il gemello.
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