SIAMO TUTTI NEL MIRINO: È LA GUERRA DEI CERVELLI

Finalmente la parola è stata esorcizzata. È guerra. Se siamo tutti nel mirino era evidente da tempo. Ma il “politically correct”, il buonismo imperante, gli interessi contrastanti, gli egoismi nazionali, l’incapacità di prendere atto dei pericoli, l’ignavia e perfino l’indifferenza hanno fatto in modo di ritardare l’allarme fino alle stragi ancora in atto. Siamo in guerra, ma quale guerra? E a questo punto lo spiazzamento è totale. Una guerra come dice il papa “a pezzi”, a rate. Una guerra che non assomiglia a nessuna delle guerre che conosciamo, perché non esiste nessun campo di battaglia, perché non vede eserciti ed armamenti contrapposti. Una guerra slabbrata, difficile da individuare e localizzare, nella proliferazione di sigle, una guerra di agguati, semovente, fatta di cani sciolti dalla mente ottenebrata, dove non può esistere un minimo di rispetto e di cavalleria come poteva accadere anche sui fronti più cruenti. Una guerra sporca e crudele dove si uccide a sangue freddo a caso, con esecuzioni indiscriminate, dove non esiste un nemico ma un assassinio fine a se stesso. E tutto questo in nome di un Dio. Un Dio, per questi mutanti dell’orrore, killer seriale. A dimostrazione che questa è anche una guerra di religione e di civiltà, ma è soprattutto una guerra di cervelli. Il radicalismo musulmano è ancorato a molti secoli fa, usa un linguaggio che appartiene al Medioevo: guerra, santa, crociati, infedeli, l’oscenità delle decapitazioni, le torture … Una sorta di inquisizione planetaria, che condanna senza nemmeno un processo. Nella quale il lavaggio del cervello è l’arma più letale e praticamente irreversibile. Generazioni allevate nell’odio, bambini e bambine armati fino ai denti, mandati al macello al grido di “Allah ukbar”. Fatti esplodere come i palloncini colorati nemmeno si trattasse di un gioco. Giovani di belle speranze che si uniscono in sponsali alla morte: da dare o felicemente da ricevere. Affamati di martirio. Sarà una guerra lunga, una guerra difficile. Che si potrà vincere solo cercando di modificare lentamente i loro costumi più retrivi senza armi, sull’onda di una modernità che almeno tecnologicamente li affascina:a che darà frutti solo se si cercherà di recuperare i cervelli. A cominciare dall’educazione delle nuove generazioni.

Ruggero Marino firma

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