Sole di amianto rovente.
Voce metallica uguale:
"E' in arrivo il treno... ".
I binari si perdono lontani
nella calura tremolanti.
L'orologio rotondo
insegue i secondi.
Stazione d'agosto:
l'emigrante ritorna
i ragazzi della colonia
il militare va a casa
la famiglia in vacanza.
Lo zaino sulle spalle
un bacio d'amore
un fazzoletto agitato.
La sala d'attesa, il bar
il sottopassaggio.
Fermi così un istante:
foto ricordo con la morte.
L'apocalisse della ragione
è una valigia abbandonata.
Lacerante il boato,
polvere e vento
a mordere la pelle
di cento persone.
Sotto travi e calcinacci
poltiglia di vita
sangue annaffiato
da recipienti bucati.
Inizia il conto macabro
della lucidità assassina.
Un padre, una madre
più un bambino;
un vecchio, una vecchia,
più un cane;
un tassista, un turista
più una suora.
Unghie scavano
tesori di bocche inaridite
di membra straziate.
Che conto lungo
che giorno senza fine
per Bologna violentata.
Vecchio invecchiato
il Presidente piange:
"... quelle creature... ".
Ed ora silenzio,
non parlate.
La dignità d'essere vittime,
anche del ladro,
il sacrificio
innocente non
merita nessuna
delle vostre parole senza senso.
Finché esisteranno padri incoscienti ed idioti come questo che vuoi aspettarti dall'islam e dal mondo in generale?
Sinceramente non riesco a capire. Non si può pronunciare la parola guerra, non si deve parlare di scontro di civiltà. Non si deve confondere l’Islam moderato con l’Islam dell’orrore. I musulmani affermano di essere loro le vere vittime dei mutanti, che vorrebbero rappresentarli e che vorrebbero redimerci. Ma come ha detto qualcuno se non tutti i musulmani sono terroristi (anche se per noi dargli questa etichetta significa premiarli) è vero anche che tutti i terroristi sono musulmani. E loro non fanno che pronunciare invettive di guerra e di morte oltre a parlare di scontro civiltà con un linguaggio che ci porta indietro di oltre mezzo millennio. Senza contare le loro azioni, i loro eccidi, le loro stragi, vere e proprie dichiarazioni di guerra. Di una guerra che ci sorprende, che non capiamo, che ci coglie impreparati e incapaci di rispondere coralmente per schiacciarli una volta per tutte. Gli allarmi venivano da lontano eppure, pur dotati di mezzi superiori e di un apparato di intelligence plurinazionale (un’intelligence da vignette satiriche, visto che la segnalazione più attendibile è venuta dal Marocco) è bastato un fanatico ventisettenne a mettere sotto scacco l’intera Europa, che gronda ancora di paura. Un alieno che andava e veniva dalla Siria, più volte attenzionato. Che si permetteva di prendere in giro gli addetti alla sicurezza. Fino al punto da fare indisturbato quello che ha fatto.
Finalmente la parola è stata esorcizzata. È guerra. Se siamo tutti nel mirino era evidente da tempo. Ma il “politically correct”, il buonismo imperante, gli interessi contrastanti, gli egoismi nazionali, l’incapacità di prendere atto dei pericoli, l’ignavia e perfino l’indifferenza hanno fatto in modo di ritardare l’allarme fino alle stragi ancora in atto. Siamo in guerra, ma quale guerra? E a questo punto lo spiazzamento è totale. Una guerra come dice il papa “a pezzi”, a rate. Una guerra che non assomiglia a nessuna delle guerre che conosciamo, perché non esiste nessun campo di battaglia, perché non vede eserciti ed armamenti contrapposti. Una guerra slabbrata, difficile da individuare e localizzare, nella proliferazione di sigle, una guerra di agguati, semovente, fatta di cani sciolti dalla mente ottenebrata, dove non può esistere un minimo di rispetto e di cavalleria come poteva accadere anche sui fronti più cruenti. Una guerra sporca e crudele dove si uccide a sangue freddo a caso, con esecuzioni indiscriminate, dove non esiste un nemico ma un assassinio fine a se stesso. E tutto questo in nome di un Dio. Un Dio, per questi mutanti dell’orrore, killer seriale. A dimostrazione che questa è anche una guerra di religione e di civiltà, ma è soprattutto una guerra di cervelli. Il radicalismo musulmano è ancorato a molti secoli fa, usa un linguaggio che appartiene al Medioevo: guerra, santa, crociati, infedeli, l’oscenità delle decapitazioni, le torture … Una sorta di inquisizione planetaria, che condanna senza nemmeno un processo. Nella quale il lavaggio del cervello è l’arma più letale e praticamente irreversibile. Generazioni allevate nell’odio, bambini e bambine armati fino ai denti, mandati al macello al grido di “Allah ukbar”. Fatti esplodere come i palloncini colorati nemmeno si trattasse di un gioco. Giovani di belle speranze che si uniscono in sponsali alla morte: da dare o felicemente da ricevere. Affamati di martirio. Sarà una guerra lunga, una guerra difficile. Che si potrà vincere solo cercando di modificare lentamente i loro costumi più retrivi senza armi, sull’onda di una modernità che almeno tecnologicamente li affascina:a che darà frutti solo se si cercherà di recuperare i cervelli. A cominciare dall’educazione delle nuove generazioni.
Gli stadi rappresentano anche loro in qualche modo la piazza, l’agorà, lo specchio, con gli umori altalenanti dalla felicità alla ferocia, del mondo moderno. Il Colosseo dei nostri anni. E dagli stadi, dopo il sangue di Parigi, giungono contraddittori messaggi.
IN PIÙ DI CINQUECENTO ANNI LE MINACCE NON SONO CAMBIATE. ROMA E ALTRE CAPITALI SONO SOTTO TIRO. SAREMO CAPACI DI FARE FRONTE INSIEME AI SEGNALI INEQUIVOCABILI CHE LA QUOTIDIANITÀ OFFRE? AVREMO OCCHI E CUORE PER NON PREOCCUPARCI SOLO D’UNA MALRIUSCITA MONETA COMUNE?
Non sono umani, non sono nemmeno animali. Non uccidono, fanno il tiro a segno a caso, come in un videogioco, su persone innocenti, senza distinzione di razza e di religione. Non hanno motivazioni visto che le loro parole ispirate ad Hallah si basano sulla falsità d’interpretazione (almeno così ci viene detto dai cosiddetti arabi moderati, ma ho molti dubbi) dei versetti del profeta. Non sono combattenti, perché aprono il fuoco contro inermi disarmati. Non sono barbari, perché hanno una lucidità luciferina e usano alla perfezione le tecniche mediatiche più moderne e la forza delle immagini. Non sono coraggiosi, perché non affrontano un nemico in un duello alla pari. Non sono folli, perché i loro piani sono architettati e portati ad esecuzione con una razionalità perfetta e diabolica. Non sono improvvisatori, perché tutto è predisposto fin nei minimi particolari, fidando anche nell’ignavia dell’Occidente. Il loro è un viaggio nel tempo all’indietro, non vanno verso il futuro, sono i replicanti del passato più troglodita ed oscuro. Chi sono allora? Sono una perversa trasformazione genetica, nutrita di ignoranza e di odio. Sono mutanti, un’etnia sommersa, necrofora, che risponde solo all’orgasmo del sangue e della morte. Che danno e si danno. Sono ordigni con le gambe: si moltiplicano come in un virus letale o come nei film sulle invasioni della terra da altri mondi. Sono filiazioni del male supremo e di una regressione allo stadio tribale e agli ominidi (ma non uomini) delle caverne. Con le loro barbe, con le loro risate, con i loro riti macabri, con le loro minacce, con i loro tagliagole, con i loro mascheramenti e le loro armi, con le loro esecuzioni sempre più efferate e crudeli, con il loro colore, il nero, distintivo dell’Ade, con il loro disprezzo di quanto c’è di più sacro al mondo per tutti i credi: la vita. Avevamo paura dei marziani. Senza accorgerci che gli alieni erano e sono già fra noi. Ci costringono a vivere nel terrore? Non sono nemmeno terroristi, perché il loro terrore alimenta soprattutto la reazione e il coraggio. Ed incredibilmente ci aiutano a ricordare quale è il vero senso dell’umanità e da che parte stare. Senza paura, con l’orgoglio di essere, sia pure in una società dai mille difetti, almeno migliori di loro.
Sono neri, vestono di nero, si mascherano di nero, hanno bandiere nere. Nere come la notte, la notte della ragione. Nere come il buio, nere come l’Ade, nere come la morte. Si nutrono di morte, sono assetati di sangue come vampiri. Tagliano gole, decapitano, torturano, bruciano, crocifiggono. Plagiano le menti immature. Sono nemici del bello e distruggono il bello di civiltà passate, chiese monasteri, tesori archeologici. Cancellano la storia, la storia dell’umanità con la loro contro-umanità. Sono neri come scarafaggi. Gli scarafaggi quando entrano nelle case li schiacciamo, ma questi scarafaggi con zampe umane stanno tessendo indisturbati una ragnatela di terrore e di vite squarciate, continuando ad agire nella superficialità, nella disattenzione, nell’ignavia di stati che dispongono delle più avanzate armi di sterminio, che si proclamano orgogliosamente civili, moderni, democratici. Che assistono ad ogni carneficina praticamente senza battere ciglio. Mentre loro prolificano, si moltiplicano, sono una minaccia già davanti all’uscio di ogni casa. Colpiranno anche da noi. Svegliamoci, svegliatevi! Sono irriconoscibili, levantinamente subdoli, falsi, infingardi. Persino sorridenti. Sono giovani che hanno sostituito alla conoscenza il fanatismo, l’ignoranza più profonda. Covano solamente odio. Usano persino donne e bambini come mine esplodenti contro gli innocenti. Sono riusciti a colpire un po’ dovunque, uccidono in strada, sulle spiagge persone inermi, alle spalle, vigliaccamente con il volto coperto. Sono barbari necrofori incapaci di esprimere un pensiero diverso dalle loro azioni ispirate solo all’orrore, al desiderio di instillare il terrore. Terroristi dunque? Semplicemente assassini, come una setta medioevale. Combattenti? Soltanto assassini. Non c’è molto tempo per capire, per accorgerci del rischio che corriamo. Adesso basterebbe ancora poco per sterminarli, schiacciarli proprio come facciamo con gli scarafaggi. Ma domani? La sottovalutazione del pericolo è stata la causa del crollo degli imperi del passato. Accecati dai problemi economico-monetari, che minacciano il nostro benessere e concentrandoci solo su quelli, non ci rendiamo conto che stiamo già perdendo tutte le battaglie e potremmo perdere anche, contro i luciferini figli del male, la guerra finale. Forse l’Armageddon.
No expo, black block, antagonisti, anarchici, randagi, centri sociali… e che più ne ha più ne metta. Tutte definizioni che in qualche modo danno una connotazione quasi "aulica" alla devastazione gratuita e alla violenza più becera. Quella che non ha alcuna giustificazione, visto che si scaglia alla cieca contro ogni cosa. Anche contro i beni di privati ed onesti cittadini. Fra le fiamme che hanno incendiato 50 auto c’è andata di mezzo anche quella di un handicappato con tanto di bollo sul cruscotto. Ad opera di giovani e meno giovani, che pensano di avere un ruolo importante per il solo fatto di sfasciare una vetrina o di lanciare una bomba carta. Salvo presentarsi vestiti di nero con il volto coperto come i “coraggiosi” tagliatori di teste dell’isis. Forse anziché gratificarli di sigle, che parrebbero implicare motivazioni razionali, sarebbe meglio usare un linguaggio più appropriato in grado di caratterizzare le loro azioni senza senso. È ora di chiamarli una volta per tutte IDIOTI METROPOLITANI. In una comunione di feccia umana e di rifiuti della società che attraversa le frontiere. Contestare, manifestare è legittimo, ma se il confronto si riduce ad imporre le proprie idee (ma quali?) attraverso la violenza, se l’unico modo di esprimersi è la distruzione di cose e persino il tentativo di eliminare fisicamente chi serve lo stato non ci possono essere e non ci dovrebbero mai essere né se né ma. Anche da parte di chi a queste frange ha sempre strizzato l’occhio. Mentre ci assale un dubbio. Chi finanzia i loro spostamenti?
Più che uno scontro di civiltà, religioso o altro è uno scontro di culture e di secoli. Noi troppo avanti nella modernità con la mercificazione dei valori e la perdita della spiritualità, loro troppo indietro nel passato, ancorati al medio evo, mummificati in tradizioni ancestrali e nella sacralità di una fede strumentalizzata e resa fonte di odio. Mentre noi in teoria predichiamo l’amore. Difficile, se non impossibile, il dialogo. Nel nostro mondo, a dispetto delle resistenze anche violente, le donne stanno compiendo passi da gigante. In molti dei loro paesi le donne non contano nulla. Condannate se mi mettono al volante, frustate e uccise se cercano di vestirsi all’occidentale. Gettate nelle fosse e lapidate, spinte dai padri e dai fratelli, i primi a lanciare le pietre. Da una parte una civiltà che cerca, sia pure fra forti resistenze, di scoprire il suo lato femminile, dall’altra una “civiltà” strenuamente machista e tribale. Dove le armi diventano un status symbol di potere e di maturità. Come la jambyia, la lama il cui possesso nello Yemen, brodo di cultura di molto fanatismo assassino, segna allo scadere dei 14 anni, per i ragazzi, la fine dell’adolescenza. Il corrispettivo nella nostra cresima, che converte in “soldati di Cristo”. Un pugnale che dà vita alla danza dei coltelli persino durante i matrimoni. E si accompagna alle raffiche di kalashnikov verso il cielo. L’Islam gioca e si diverte con gli strumenti di morte, li ritiene irrinunciabili per l’uomo. E la donna si accetta, se a sua volta imbraccia il fucile o diventa una bomba che cammina. Colmare questo baratro appare troppo arduo. L’Occidente non ci riuscirà mai tendendo la mano. Gli unici che potrebbero farlo sono i rari paesi di un Islam aperto all’era moderna. Di cui condivide il benessere, la tecnologia e il comfort, ma non le idee. Un Islam che ancora non riesce però a separare, una volta per tutte, il suo cammino da quello retrogrado di quanti, a dispetto di tutto, rimangono “fratelli”.
Non tutti i musulmani sono uguali. Non tutti gli arabi vanno condannati. Lapalissiano. Ma sono tanti, troppi i musulmani, gli arabi che si adeguano, che si autocondannano con le loro stesse parole. “Il profeta non si tocca, se la sono cercata”. E’ in questa visione delle cose, che si annida il fondamentalismo. Un fondamentalismo, in questa caso quiescente, ma pur sempre fondamentalismo. In una “forma mentis” nella quale è infinitesimale e facilmente valicabile la differenza fra chi spara e chi non spara ancora. Il “se la sono cercata” è una mina già innescata, basta un niente per farla esplodere. C’è persino chi aggiunge: “Se lo sono meritato. Erano dei razzisti”. Razzista non è colui che usa solo la satira nei confronti dell’altro (ma non solo nei loro confronti), ma chi vede nell’altro un pericolo e un nemico. Al punto da imbracciare le armi per annientarlo, come è nei propositi di un certo Islam, sempre più contagioso. Come un morbo necroforo. E a questo punto lasciano trasecolati le parole al rosolio di fronte all’eccidio, pronunciate da alcuni esponenti politici di casa nostra. Naturalmente di sinistra. Ci riferiamo anche a quella “signora”, che discuteva in tv con Salvini, che non è certo un santo. Ma di fronte a lei pareva un gigante. Ma cosa si pretende per aprire gli occhi una volta per tutte, per alzare il livello quanto meno di attenzione? Si pensa alle vite umane o alle eventuali tessere di partito, ai sicuri voti elettorali a favore di chi non vuole fare di tutta un’erba un fascio per puro calcolo di potere? Fondamentalisti anche loro. Inconsapevoli o ignoranti. Perché basta guardare alla storia. Anche se vogliamo credere ancora nel possibile dialogo interculturale e interreligioso. Ma sino ad ora noi abbiamo sempre cercato di aprirlo. Loro solo di chiuderlo. E porgere l’altra guancia è un bell’esempio di amore cristiano, ma alla lunga può essere unicamente la controprova dell’imbecillità e del masochismo. Ancora la storia insegna che gli imperi sono caduti sempre a causa dell’incredulità, della sottovalutazione o della cecità rispetto agli eventi che suonano come allarme. Parigi val bene una mossa.
BASTA! BASTA! BASTA! Anche di fronte all’orrore si continuano a fare distinguo. Certo non tutti i musulmani uccidono e sono assassini, ma oggi sono i musulmani a uccidere invocando Dio. Come nei tempi più bui nel cammino dell’umanità. La strage di Parigi non è che l’episodio recente più spaventoso di una lunga, infinita serie di delitti e di attentati alle libertà più elementari. Non c’è pericolo maggiore delle menti possedute dalla certezza di essere nel giusto. Al punto da giustificare le più atroci ingiustizie. Anche Hitler era convinto di essere dalla parte di Dio. Bambini che esplodono, donne lapidate, inermi sgozzati, agguati a persone sole o meno … un fiume di sangue innocente nel nome di Allah. Basterà a svegliare le coscienze di un Occidente sonnolento, satollo, distratto e incredulo? Dove allignano ancora quanti riescono persino a trovare le giustificazioni per quanto sta accadendo? Certo le vignette satiriche erano una provocazione. Forse anche di dubbio gusto. Ma possono le matite e i disegni essere la miccia per una strage? Per una vendetta costellata di sacrifici umani? Come ai tempi della barbarie? ASSASSINI, ASSASSINI, ASSASSINI. Non sono che assassini, menti ottenebrate e vigliacche. Chiamarli terroristi contribuisce a fornirgli una patente di eroicità. Assassini e niente più. Mai un faccia a faccia, colpiscono a tradimento, alle spalle o meno. Finiscono su un marciapiede un uomo rantolante, che può difendersi solo alzando lo scudo delle mani nude. Incappucciati come nei rituali della follia umana. Ladri di vite umane. E’ ancora possibile un dialogo con un Islam, che non riesce e non prova nemmeno a scindere il proprio ruolo da questi Caino scellerati? Abbiamo già sentito, in casa nostra, il ritornello complice dei “compagni che sbagliano”. Ma l’Islam cosiddetto moderato tace. I “fratelli musulmani” fanno finta di niente. Mai sentita una vera condanna, al punto che viene da sospettare una certa compiacenza. Un assordante silenzio-assenso. Per cui siamo tutti sotto tiro. A meno che non si voglia dare la colpa alla CIA, ad un Occidente che compie a sua volta infiniti crimini, ma ancora non si diletta a uccidere a sangue freddo in nome di un dio. Forse non sarà una guerra di civiltà. Ma è comunque una guerra.