Il Gualtierino ridens si è fatto immortalare a Los Angeles fra alcuni mostri sacri del cinema hollywoodiano.
Roma è stata giudicata da una rivista americana la città più sporca del mondo.
Se ne è andato uno degli ultimi grandi che mi ha accompagnato quasi tutta la vita. Ha fatto l'ennesimo sberleffo al giorno dei morti ed ai suoi 80 anni. Un re come Totò, Sordi, Gassman, Tognazzi, Manfredi … devo loro le più belle risate e alcune delle più belle emozioni della mia vita. Sarò sempre riconoscente. Me ne sono rimasti pochi e poche. Non li-le nomino per scaramanzia. In compenso sono arrivati nani, ballerine e una stagione insana. La vecchiaia è come un albero che perde lentamente le foglie ed io mi sento come sotto il tiro e nel mirino di un cecchino, che colpisce sempre più vicino. E quando sarai lassù fagli una "mandrakata".
Ilaria Cucchi è una donna indubbiamente ammirevole. Ha condotto un’estenuante battaglia per portare a galla la verità circa la morte del fratello Stefano, trucidato da schegge impazzite dell’ arma dei carabinieri. Ma, detto che nessuno merita un trattamento simile, fino a provocarne la morte, nemmeno l’ ultimo dei delinquenti, va precisato anche che del giovane non si può e non si deve prendere ad esempio, perché lui non era affatto ammirevole. E i primi a saperlo pare che fossero proprio la madre e la sorella con cui aveva difficili rapporti. Eppure al suo nome si è fondata un’ Associazione e al concertone del primo maggio la piazza ha scandito”Stefano, Stefano”, come se fosse un eroe. Martire in un certo modo sì, eroe proprio no visto che spacciava droga. Ma questa è una triste vicenda fortunatamente conclusa con il trionfo della giustizia, sia pure in tempi troppo lunghi e con il baciamano che il maresciallo dei carabinieri ha fatto ad Ilaria. Ora però Ilaria si dice disposta a correre come sindaco di Roma e che più di qualcuno glielo ha chiesto. Io mi auguro che l’ idea sia solo un’ infatuazione passeggera, sull’ onda dei consensi che riscuote, della popolarità mediatica conquistata e della fallita candidatura precedente alle elezioni nel Lazio. Il Campidoglio non ha bisogno di dilettanti allo sbaraglio, anche se dotati di ottime intenzioni. Non ha bisogno di giovani donne ambiziose, ma impreparate. Basta guardare come si è ridotta la capitale con la guida di una signora tanto incapace quanto arrogante. Ci perdoni Ilaria, ma lei ne sarebbe la replica. Roma ha bisogno non solo di onestà, ma di una mano forte e diplomatica, che sappia tenere saldo il timone in un mare quanto mai inquinato e sempre in tempesta. Roma non è un diversivo, né un passatempo. Roma è la capitale d’ Italia, un biglietto da visita per tutti coloro che la visitano. Ieri con la corona d’ alloro dei Cesari, oggi con l’aureola delle buche.
La sciampista che si onora della fascia tricolore e siede in Campidoglio aveva avuto il coraggio di dire ad inizio del 2019: “Questo sarà l’ anno del riscatto”. E’ vero, solo che avevamo capito male. E’ l’anno del riscatto per pantegane, gabbiani, per la spazzatura che fanno di Roma una metropoli mai vista. Una zingara indecorosa. Maleodorante e invasa da sacchi d’ immondizia. La sciampista è la stessa che prima di vincere aveva proclamato: “Vi insegneremo a fare politica”. Anche in questo caso avevamo frainteso. Si trattava di politica del disastro, dell’ incapacità scientifica di operare in positivo, della capacità luciferina di agitare specchietti per allodole come alibi: funivie, stadi … La triste verità è che non si muove nulla, a parte il tourbillon dei suoi fidati imbroglioni. La città è abbandonata a se stessa, con la complicità dei romani veraci e di quelli di adozione, che la riempiono di ogni scarto.
Un problema che si trascina ormai da tre anni. Iniziò prendendosela con i frigoriferi che qualcuno, secondo lei, spargeva ad arte, se la prese con le piogge, perché erano troppo abbondanti, con le foglie che cadevano prima del tempo … Mai un mea culpa. Mentre chi non ha un minimo di rispetto per la dignità della metropoli che amministra dovrebbe avere il buon gusto di farsi da parte. Strade ridotte a percorsi di guerra, verde da giungla ovunque, marciapiedi impraticabili per le persone normali, figuriamoci per i disabili in carrozzella, strisce fantasma, mezzi che vanno a fuoco e senza orari … e si potrebbe continuare con la descrizione di una città diventata il set di un film dell’ orrore. Dalla grande bellezza alla grande monnezza. Forse aveva ragione la Taverna, l’ erinni grillina che fra un turpiloquio e l’ altro, aveva pronosticato che si voleva fare vincere a Roma i Cinquestelle per ferire il movimento a morte. Come puntualmente sta accadendo.
Ma a questo punto qualcuno dovrebbe scavalcare la sciampista e prendere in mano la situazione. Cosa vede il Presidente del Consiglio da Piazza Colonna, cosa vede il capo dello stato dal Quirinale? Possibile non si accorgano dello scempio che investe la città eterna? Possibile che non intervengano? Certo viaggiano in limousine, certo abitano in facsimili di regge, ma qualche sacchetto abbandonato nei loro percorsi dovrebbero pur averlo visto, qualche afrore dovrebbe essere giunto alle loro narici. Facciano qualche giretto più allargato, si rendano conto di persona. Basta poco, ad ogni angolo Roma è un accorato “j’ accuse”. E se è necessario l’ esercito, non si offendano i militari, ma ben venga l’esercito per vincere la guerra dell’ incuria e della zozzeria.
“Secondo quanto emerge da alcune intercettazioni, la Raggi chiederebbe a Bagnacani di "modificare il bilancio". Il manager, però, rifiuta: "Virginia, non possiamo fare quello che non è possibile fare". In una successiva conversazione, il sindaco rincara la dose: "I romani oggi si affacciano e vedono la mer***. In alcune zone purtroppo è così. Quando ai romani gli dico sì la città è sporca però vi aumento la Tari, ma io scateno, cioè mettono la città a ferro e fuoco altro che gilet gialli". Ma la Raggi non molla, tanto che in un'altra telefonata rincara ulteriormente: "Cambia il bilancio anche se ti dicono che la luna è piatta".
Dunque Virginiella, notoriamente incapace, è capacissima invece di barare oltre che pinocchiescamente bugiarda. Ma non “ottusa” come vorrebbe Calenda. Sotto quell’ aria smagrita e la lingua biforcuta, sempre pronta a replicare, si nasconde una faina. Che cercava di imporre i suoi diktat, da “lei non sa chi sono io”, al responsabile dell’ Ama, l’ azienda romana che rifiuta i rifiuti lasciandoli per le strade, successivamente cacciato. Pubblicamente la sindaca intervistata si lanciava in sproloqui conditi di “ci hanno lasciato un mare di debiti e non solo, stiamo facendo, abbiamo studiato, stanno per arrivare …” il tutto riferito ad un futuro virtuale. Salvo poi ammettere nel privato che i romani affacciano sulla merda e che sì la città è sporca. Probabilmente sono quasi tre anni che se ne è accorta, ma non ha mai fatto nulla, come per il resto dei problemi che asfissiano Roma e i suoi cittadini. Continuando a sorridere di fronte alla valanga di critiche che le vengono da tutte le parti. Gioconda di poter vestire ogni tanto un capo di alta firma per una prima.
L’ unica cosa che le riesce abbastanza bene. E Roma? Da quando c’è lei sembra una capitale in agonia e ad ogni problema che puntuale si ripresenta accampa scuse di una pochezza da far rabbrividire. Non è che la “caput mundi” abbia avuto anche nel passato recente sindaci da ricordare. Ma non era mai caduta così in basso. Sepolta da una valanga d’ immondizia che non è solo pattume. Sperando che finalmente se son Raggi sfioriranno.
A Roma si sta verificando uno strano fenomeno. Non cadono solo le foglie (che nessuno raccoglie). Cadono direttamente gli alberi. In una strage dovuta al vento, ma che proseguirà con l’ abbattimento di migliaia di piante pericolanti. La vezzosa sindachessa, che da oltre due anni si adopera per fare della capitale una stamberga con ottimi risultati, lungi dal fare per una volta un “mea culpa” ha detto che gli alberi cadono perché sono fascisti. Insinuando da una parte elogiando dall’ altra. Vale a dire che vengono giù per la loro vetustà, che risale al ventennio, ma implicitamente facendo capire che almeno allora si piantavano. Ha aggiunto una ulteriore minaccia questa decisamente grave e ai limiti dell’incoscienza. E cioè che il panorama della capitale cambierà. In effetti già sta cambiando, perché Roma è diventata la capitale dei tronchi mozzati visibili ovunque ai lati delle arterie. In un danno per l’ambiente forzosamente necessario, ma aggravato dal fatto che non vengono sostituiti. Inoltre quelli sani vengono alleggeriti di molti rami; ma così si finisce per allungare a dismisura i fusti, rendendoli ancora più vulnerabili alle frustate delle raffiche. Ne consegue che non solo l’ ambiente della città è a rischio. E’ a rischio un ulteriore innalzamento dell’inquinamento e delle temperature. Meno ombra più caldo, meno verde più polveri sottili. Basta camminare in estate per i lungotevere per rendersene conto. Se si procede sotto i platani si respira, se si va allo scoperto si boccheggia. Si parla tanto di effetto serra, ma si procede tranquilli alle deforestazioni e alle cementificazioni. Forse sarebbe sensato obbligare alla POLITICA DELL’ OMBRA. Un albero in più non ha mai fatto male a nessuno, un albero in meno è l’inizio della desertificazione. Discorsi di una semplicità elementare, ma forse incomprensibili per la “cheer leader” insediata in Campidoglio. Questo, dopo ben due anni e mezzo, dovrebbe essere “l’anno del riscatto”, ha detto. In effetti qualche buca si riempie, qualche operaio al lavoro si vede, qualche rinfrescatina la si fa. Poco rispetto all’ ignavia “virginiale e raggiante”, che ha caratterizzato l’amministrazione fino ad ora. Guai solo a pensarlo.
Oltre alla rabbia sta subentrando una forma di tenerezza nei confronti della signora che ha avuto l’onere e l’onore di essere la prima donna sul cadregone del Campidoglio. Per tanto tempo mi sono chiesto: ma c’è o ci fa? Ora ho capito: c’è e ci fa. Perché ad un’innata incapacità e sprovvedutezza si sposa una furbizia volpina nello scaricare sempre su altri le colpe di una Roma abbandonata e ridotta ad una vergognosa pattumiera. Roma si inonda? La colpa è delle piogge che si presentano insolitamente abbondanti. I tombini sono intasati? La colpa è delle foglie che sono cadute prima del tempo. A distanza di mesi foglie e tombini sono nelle stesse condizioni. Le buche sono ormai un capitolo leggendario, la riedizione grillina dei fori romani. La tappa del giro d’Italia viene interrotta. La Raggi squittisce: “Ma è stata una festa e la gara è stata ultimata”. Il verde pubblico è ormai una giungla incontrollata. Ci si appella alle pecore. Il problema della spazzatura si ripresenta a intermittenza. Virginella debuttò con il complotto dei frigoriferi abbandonati per strada. Topi e gabbiani la fanno da padroni. Gli alberi vengono giù come stelle cadenti. Intellettuali, gente di spettacolo, comuni cittadini, persino i sindacati denunciano l’ immobilismo. Gli stessi colleghi di movimento si mostrano imbarazzati. Non è bastato nemmeno il valzer delle poltrone. In tutto questo lei persevera nel darsi un 7. Anche se giorni fa ha ammesso che Roma è “In sofferenza”. Ora sia pure in forma ridotta è arrivato il primo verdetto dalle ultime elezioni, che ha visto sparire la grillomania. La colpa è dell’ assenteismo ai seggi. Lei dice che ci vuole “tempo e risorse”, che le hanno lasciato un’eredità disastrosa. E’ l’unica pura verità che è in grado di dire. Ma due anni di amministrazione non sono pochi . E finora a parte le uscite da mannequin con abiti griffati ad alcuni eventi, o la fascia tricolore sull’ esile figurino i romani di decente non hanno visto nulla. Al punto che sorge il sospetto che in Campidoglio ci sia un ologramma.
Roma è al dodicesimo posto fra le città più visitate del mondo. Per le bellezze di cui dispone dotrebbe essere la prima. Fra le città italiane, nella classifica per la qualità della vita, scende al ventitreesimo posto perdendo 11 posizioni. Anche se non tutti gli indicatori dipendono dalla politica. Ma la pupattola che è al vertice del Campidoglio continua a cantare vittoria: “Stiamo cambiando Roma”. E’ vero. Ma come? Evidentemente l’arroganza cresce di pari passo all’incapacità. Queste perle sono le sue ultime esternazioni. Roma si allaga? La colpa è delle foglie: sono cadute prima del tempo. Ma stanno ancora là. Per il suo incarico ha sacrificato la vita privata? E cosa pensava che fare il primo cittadino fosse solo stringere le mani dei potenti del mondo che transitano dalla capitale e fare con loro un defilée con la fascia tricolore al collo? Ma dove vive la virginiella? Non si avvede che le lamentele sono un coro? E dove va in giro? Roma è un autentico foro romano nel senso di buche, l’immondizia è dappertutto, topi e gabbiani impazzano, le strisce sono un ricordo, del verde non ne parliamo, gli alberi sono a caduta libera, gli scioperi sono sempre selvaggi anche per musei e monumenti, gli orari dei mezzi sono un optional, tutto è un abuso e abusivo, gli ambulanti sono un esercito permanente a cominciare dai gladiatori, il centro è ormai un suk, il tanfo regna, poiché le strade sono lo sfogo per i bisogni dei cani e non solo, le cicche sono ovunque anche nelle fioriere il suolo pubblico diventa privato a uso della prepotenza ... Un tempo si credeva che se un musulmano si fosse insediato nella città eterna sarebbe stato il segnale della fine del mondo. Dell’apocalisse. I musulmani in Italia ormai sono ovunque. E Roma sembra proprio una “caput mundi” alla vigilia dell’Apocalisse. Questa è la Roma ai Raggi X, aldilà delle menzogne compiaciute. Altro che cinque stelle. Quelle le vedono i romani.
RIENTRO A ROMA DOPO DUE MESI. VEDO CHE ANCORA NESSUNO HA AVVERTITO LA RAGGI CHE È IL SINDACO DI ROMA
La Virginiella raggiata comincia a farmi tenerezza. Sarà il caldo, sarà un colpo di sole, ma certo ha ragione il suo ex puparo Marra quando dice che è confusa, che ha bisogno di un esame psicologico. Dopo un anno da “sindaca” i risultati del mandato sono sotto gli occhi di tutti. Roma vede letteralmente le stelle (non le cinque di appartenenza) ! Vero è che a disastrarla non è stata lei. Ma a distanza di tutto questo tempo la pupina cosa ha fatto? Ci indichi una sola cosa fra le tante, le troppe che riguardano la vita quotidiana della capitale alla quale il suo operato ha posto un argine. Tanto meno un rimedio. Spazzatura, sporcizia, degrado, decoro, trasporti, verde, aiuole, buche, sicurezza, traffico, strisce sparite, onde verdi inesistenti, marciapiedi trabocchetto, alberi che crollano … e via così in un elenco di incapacità ormai collaudata. Dal Campidoglio lei affaccia sul foro. Forse si è abituata alle rovine. E in tutto questo che fa? Si crogiola nei massimi sistemi futuribili e nei sogni visionari: lo stadio, la teleferica … A questo punto uno si aspetta almeno un atto di contrizione, vista la sua appartenenza al cosiddetto partito degli onesti, una parola di scuse, una richiesta, almeno una, di perdono. Zero assoluto. E’ largamente, tragicamente sotto la sufficienza. E lei che fa? Si dà un sette e mezzo, roba da Messi o da Ronaldo. Il tempo passa, ma la supponenza resta. Come quando in campagna elettorale Virginia Raggi disse: “Vi insegneremo a fare politica.” Lo abbiamo visto. Al punto che verrebbe da concludere amaramente: “Aridatece i puzzoni.” Chi glielo spiega alla virginiella che fare il primo cittadino non è solo sfilare ridens con la fascia tricolore incontrando i potenti e le teste coronate della terra?
Roma è allo sfacelo. Siamo passati dall’incapacità stizzosa di Marino, all’incapacità arrogante della verginella (in quanto all’efficienza) Virginia. “Vi insegneremo a fare politica” squittiva la pupetta nei comizi preelettorali. Impudica! Convinta che fare il sindaco o la sindaca si limitasse a sfilare con la fascia tricolore e il sorrisino beota sul visino. A distanza di circa un anno dall’incarico, ereditata una città già alla canna del gas, quando ha avuto l’occasione di occuparsi dei problemi dell’amministrazione, visto che deve trascorrere tutto il tempo alle prese con gli scandali quotidiani del suo mandato? Dimissionari, inquisiti, arrestati, polizze a sua insaputa (la verità è che abbiamo una genia politica che fa politica a sua insaputa, ormai i casi sono tanti), consulenze, irregolarità, faide intestine … Mentre risuonano parole da ultima spiaggia: “una lotta fra bande, inadeguata, incapace”.
A parte i no che cosa ha fatto? Basta vedere come risponde alle domande dei cronisti per rendersi conto che non è all’altezza, che è un pesce fuor d’acqua, che non capisce un’acca e fa persino battute sulle cavallette. Della cui invasione lei è la prima responsabile. Cosa fa? Ce ne dicano almeno una i Cinquestelle, quelli da marchio grandi alberghi, quelli nati e cresciuti sul vaffa. Grillo fa quadrato, ma si rende conto di come il suo movimento produca mostri? Il manichino della Standa Di Maio se la prende con la stampa e fa addirittura liste di proscrizione da epoca del fascio. Ma nonostante tutto le simpatie per i miracolati stellati non diminuiscono. Tale e tanta è diventata l’avversione, legittima, degli italiani per i politicanti del recente passato. Ma facendo così non è che si diventa tutti Tafazzi?
Sarà ma i raggi non portano fortuna all’amministrazione di Roma. Prima quelli della bicicletta dell’incapace Marino, con il quale si pensava di avere toccato il fondo. Ma per la “grande monnezza”, in tutti sensi, che gravita su Roma il fondo è eternamente (Roma città eterna) lontano. Ora la radiografia ai raggi X della sprovveduta bambolina Raggi dimostra che in sei mesi è riuscita nel record dei record del non-fare. Eternamente alle prese con una serie di incarichi regolarmente sballati. Dando la prova seriale di non sapere formare una squadra decente. Al punto che il Campidoglio sembra la porta girevole di un grand hotel a ore e a cinque stelle: gente che entra, gente che esce.
Che la sindaca (ci scusi Napolitano) fosse troppo fragile per reggere sulle spalle il peso di un incarico che piegherebbe Atlante, era presumibile. Sarebbe bastato che si fosse puntellata con fedelissimi all’altezza. Lo sono stati: ma all’altezza del malaffare. Così il carillon della bambolina si è inceppato in continuazione. Ora dice di avere sbagliato, ammette i suoi errori, chiede scusa ai romani. Ma scherziamo? Non siamo mica all’asilo. Pensava forse che la carica di primo cittadino fosse un giochino a padron del monte? E’ nata su un “vaffa” si prenda un “vaffa” anche lei e il suo mentore, che non la può scaricare. Perché sa che se perde ora, perde anche l’Italia. Finirebbero così le illusioni di quanti credono ancora che i grillini siano la panacea di tutti i mali e soprattutto che siano diversi dagli altri. Alla prova dei fatti e delle faide intestine è dimostrato che non basta il voto di protesta di chi non ne può più dell’ horror della politica per fare di loro gli integerrimi paladini di una nuova Italia. Che dal tempo di Dante rimane più o meno la stessa: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”. Ciao, ciao bambina...
Si professavano duri e puri. Sono morbidi e impuri. Confesso che mi sono sempre meravigliato della parabola irresistibilmente ascendente dei 5 stelle. Come era possibile per un partito nato sul “vaffa” e con un nome che richiama gli alberghi extralusso? Si poteva spiegare solo con l’esasperazione legittima degli italiani per la politica politicante, per le facce immarcescibili dei soliti noti e per la corruzione imperante anche degli ignoti. In un sistema ed in una società non da cambiare, ma da rifondare.
Avremo una sindaca “stellare”? Lo vedremo. È incredibile che un partito (che altro è?) fondato sui “no” e sul “vaffa”, telecomandato da un comico, stia conquistando il paese. Confesso che ero fra quanti non prevedevano, su queste basi, lunga vita per il movimento. Sono stato smentito brutalmente dai fatti.
Le ultime elezioni hanno offerto uno sconcertante spettacolo sul fronte del centrodestra: uno storico, perfetto harakiri. La strada era in discesa come un toboga, dopo il disastro a sinistra dell’incapace Marino. Un “personaggetto” direbbe Crozza. Roma era (è) a terra, invocava un possibile salvatore. Berlusconi, Salvini e Meloni lo individuano, in un primo momento, di comune accordo, in Bertolaso. Un candidato per alcuni versi discusso e discutibile. Ma indubbiamente un uomo del fare, abituato a risolvere problemi enormi.
Ma ci voleva il signor “stronca” per accorgersi degli illeciti delle case comunali elargite a cani e porci a prezzi simbolici e d’affezione? Non era bastata l’inchiesta di Gianmarco Chiocci su “Affittopoli”, che coinvolse persino il primino della classe D’Alema? Un’inchiesta che fu seguita da “svendopoli” sugli appartamenti venduti a prezzi stracciati a politici e sindacalisti con Casini piazzato vincente.
“La bellezza ci salverà” ha detto un grande scrittore russo. Alla luce di quanto accade ai nostri giorni si può pronosticare “Il rifiuto della bellezza ci distruggerà.” Cancellare il passato significa cancellare le orme dell’umanità. Obliterare la memoria con tutti i suoi possibili insegnamenti e moniti, nel bene come nel male.
Oggi a Roma fa freddo, è nuvolo. Ma tutto sommato è una bella giornata. Uscendo di casa ho notato persone intente a pulire un fazzoletto di terra, all’inizio di via San Godenzo, chiamato giardinetto. Un spazio mini per i bambini. Da mesi era in completo abbandono.
Ignazio Marino, “l’imbellino ridens”, il marziano, l’alieno, il Bambi, Heidi se ne è andato. Per la verità l’hanno costretto ad andare via in maniera brutale e ignominiosa. Era arrivato con il vento in poppa della catastrofe di Alemanno per dimostrare cosa sapeva fare il Pd alla guida di Roma. Se ne va in una tragicommedia all’italiana e nello spettacolo più indecoroso che sia mai visto in un’amministrazione romana per incapacità reiterata. Me ne vado, anzi no, ci ripenso, non me ne vado … mi costringete ad andare via? Ventisei coltellate un po’ come Cesare (la spocchia non gli ha mai fatto difetto) ed un mandante un po’ Bruto un po’ Cassio. Un complotto fa capire. Vi hanno partecipato persino papa Bergoglio, personaggi in vista della Roma ex caput mundi: Gassman, Verdone, Proietti, Nancy Brilli, professionisti che ripuliscono le strade e milioni di cittadini? Rispetto ad un migliaio di sostenitori diabolicamente perseveranti. Più che un omicidio si è trattato di un suicidio più volte annunciato. Un suicidio, per la verità plurimo, perché in questa squallida vicenda anche il PD risulta essersi impiccato, e ne pagherà presto le conseguenze, difendendolo prima quando era già indifendibile, sparandogli addosso dopo quando ormai era come sparare sulla Croce Rossa. Nel vizio antico della sinistra italiana di incensare e poi diffamare non solo il nemico in stile purghe staliniane Se ne va lanciando strani segnali, minacce nemmeno tante velate, diari incendiari alla Nerone. Se ne va con l’”orgoglio” di quello che ha fatto. Annovera i camion bar rimossi dal Colosseo, la pedonalizzazione dei Fori imperiali e persino il “polverino” usato per l’asfalto di via Marsala ... Roba da non credere. Ma i problemi prioritari di Roma? Il traffico, i trasporti, le buche, il verde, la sporcizia, il decoro, l’ambiente, una città ridotta a merda di cane dal centro alla periferia … ? Finalmente e solo ora ha ammesso di aver fatto errori. Ma fino a ieri la colpa era sempre e solo degli altri. Se ne va ridendo come ha fatto sempre alla faccia dei cittadini. Sulla sua sbandierata onestà e sulla sua trasparenza, sbertucciato persino dai trattori, sono stati sollevati dei dubbi. Il tempo dirà se si tratta di verità o di calunnie. Certo è che ha mentito più di una volta e tanto basterebbe. La sua denuncia di mafia-capitale è arrivata in ritardo ed il suo ruolo di Zorro è tutto da verificare anche per quanto riguarda gli appalti. I chirurghi sono padroni della vita e della morte. E a volte si sentono come Dio. Si sarà pure messo contro poteri forti, ha agito a volte senza rispondere a padrone. Il guaio è che lui rispondeva ad un unico incorreggibile padrone e Dio. Il suo ego smisurato.
Marino va a casa? Sarebbe ora. Non è il caso di infierire sui perdenti come adesso molti fanno. Specie nel suo partito. Secondo il cliché implacabile del veterocomunismo mai defunto. Di cui, fra l’altro, Marino doveva essere perfettamente a conoscenza. Nella rituale debacle di un Pd, che rimane consciamente e inconsciamente legato alle sue radici cannibalesche e dal quale Renzi cerca di prendere le distanze e per questo viene avversato all’interno della sua stessa culla. Ma di qui a fare il peana o provare pena per il sindaco dimissionario ce ne corre. Perché se è vero che “l’imbellino ridens”si è messo di traverso ad alcuni poteri forti e malavitosi è ancora più vero che il maggior nemico di Marino è stato Marino stesso (dalla trasparenza al trasparente). A cominciare dal plateale “show” della pedalata assistita al debutto. Un segno di cambiamento? No, il primo segnale di una furbizia calcolata e portata avanti a puntate. Per finire con le assenze “strategiche”, l’arroganza mai contenuta, le frasi vergognose e pericolose (“carogne tornate nelle fogne”), la città “in macerie”, il non avere pronunciato mai il minimo mea culpa, addossando ogni infortunio sempre agli altri. Certo un primo cittadino non può sapere e controllare tutto, ma dovrebbe avere un minimo di orecchio su quanto accade nella sua città per cercare di mettervi riparo e fare in modo che gli incidenti non si ripetano all’infinito. Tutto questo Marino, ingessato nel suo io superbo e vanaglorioso, non l’ha mai fatto, sensibile solo all’esposizione mediatica che potesse essergli utile. Sfruttando persino un papa, che gli ha tirato quell’uppercut di cui parlò in passato sempre su un aereo. Ora la sua caduta apre un burrone pericoloso per chi lo ha sponsorizzato, tanto più che minaccia vendette e con l’ annuncio usa l’arma del ricatto. “Muoia ignazietto con tutti i filistei” (e ce ne sono tanti). Certo è clamoroso che con tutto quello che succede nel Paese il primo cittadino della capitale debba andarsene per qualche bicchiere di troppo. E’ stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Marino si dice che perseguisse uno stile anglosassone. Alla faccia visto che in passato pare abbia usato il trucco delle false e doppie ricevute anche nella sua professione, in un campionario infinito di menzogne. Come finirà? Se le sue intimidazioni hanno realmente una base, in questa Italia sgangherata e in questa capitale violentata sarà l’ennesimo perdente di successo: dalle purghe alle paghe...
La scempiaggine dell’”imbellino ridens”, alias il primo cittadino (si fa per dire) di Roma, Ignazio Marino, non finisce di stupire. Passando dall’imbucato speciale (viaggio in America) ai bucatini a sbafo. Non erano bastate le assenze a ripetizione in momenti cruciali per la capitale. Non era bastato l’aut aut di Bergoglio che lo aveva svergognato (occorrerebbe un altro verbo molto più efficace, ma la volgarità non mi è mai piaciuta) davanti al mondo intero. Ora lo sbugiardano persino gli osti: “Era a cena con la famiglia”. Mentre i bicchieri di vino, Amarone in testa, facevano lievitare allegramente il conto. Dicevano che era una persona perbene (fa il paio con la leggenda metropolitana della maggiore etica ed onestà della sinistra italiana), parlava di trasparenza e se ne faceva bello per tamponare tutte le falle, che puntualmente si aprivano nella sua disinvolta attività. Poi si scopre che con i soldi dei romani si concedeva pranzi luculliani in famiglia: li spacciava per servizi di rappresentanza. Uno come lui può guadagnare 5000 dollari ad ogni conferenza e come chirurgo non farà certo beneficenza. Eppure finiva per fare la cresta con i conti della casa (la sua). Nell’ennesima amministrazione fallimentare per Roma. Come se la città dovesse scontare chissà quali colpe. Siamo passati dal fumo di Veltroni e il suo “panem et circenses” con le notti bianche, la festa del cinema e gli stretti collaboratori presi con le mani nel sacco agli intrallazzi criminali del “mondo di mezzo” di quell’altro bellimbusto di Alemanno. Siamo passati dal troppo capace pro domo sua e camerati all’incapacità e alla furbizia stizzosa e incosciente di questo sorriso portato a spasso sotto una barbetta e in giro su una bicicletta per dare nell’occhio dei gonzi. Risultato? In vista del Giubileo Roma è nelle mani di un personaggio di cui tutti, ma proprio tutti, vorrebbero liberarsi. Sarebbe ora prima che ne combini altre, visto che è un recidivo patologico e seriale. Possibile che tutti complottino per defenestrare qualcuno che darebbe fastidio? Non mi riesce proprio di pensare ad un martire. Intanto ai romani non resta che il rospo amaro da mandare giù, mentre Ignazio sorride, fra un sorso e l’altro, di amarone.
Si stenta a crederlo. Ora Ignazio Marino, che è convinto di essere Cesare dà lezione persino al papa re sul come si risponde alle domande dei giornalisti. E per di più strumentalizza e interpreta a suo favore le parole giunte dal Vaticano in risposta alle dichiarazioni di Monsignor Paglia, che gli ha dato del “bischero” e dell’”imbucato” (vedere la foto). Mai vista tanta tracotanza, tanta spudoratezza, in un susseguirsi infinito di figure vergognose e meschine. In America un primo cittadino (si fa per dire) come questo lo manderebbero a gambe all’aria in un battibaleno. Ma viviamo nel paese più anormale del mondo. Anche perché è ormai palese che, oltre al resto (come se non bastasse) Marino, l’imbellino ridens, è un mentitore della peggiore risma. Aveva dichiarato con la solita falsa sicumera che il suo ennesimo viaggio in America non sarebbe costato nulla alle tasche dei concittadini. E’ stato dimostrato che non è affatto così. Anzi. Non solo, ma fa finta di non sapere, lui che le frequenta da tempo, che le Università americane sono abituate a pagare fior di migliaia di dollari i loro relatori. E nel dubbio ipocrita, una volta preso con le mani nella marmellata, cerca di rivoltare la frittata, dichiarando che in questo caso devolverà i soldi al fondo per Roma. Quello che si sarebbe dovuto alimentare vistosamente grazie ai magnati americani, che avrebbe dovuto incontrare e di cui non si sa più nulla. Il che fa il paio con la Panda rossa della moglie lasciata in sosta vietata (Dio li fa poi li accoppia), di cui ha pagato le multe solo perché sorpreso in flagrante. Al punto che Matteo Orfini, con il buon viso da sagrestano e responsabile del Pd romano, dopo averlo sempre difeso, parlando addirittura di accanimento nei suoi confronti (ma che altro può fare per salvare la scelta del partito?), dimostra anche lui di non poterne più affermando: “ Cerchi di governare meglio”. Ma si illude pensando che Marino possa cambiare. L’allegro chirurgo è un “gaffeur seriale”. Incapace da autentico medico di guardarsi allo specchio per scoprirvi un caso clinico inguaribile. Mentre ho il timore che, continuando così, rischio di dovere cambiare cognome.
Il sindaco imbucato che dà solo buche in una città che è tutta un buco. L’assenza (fra le infinite assenze) di pudore dell’imbellino ridens, alias il primo cittadino (si fa per dire) Ignazio Marino, non ha fine. E papa Bergoglio ha redarguito, chiaramente incavolato, il perseverare diabolico del sindaco di Roma. Monsignor Paglia gli dà persino del “bischero” e dell’imbucato senza vergogna, in bella mostra in prima fila in America, non invitato da nessuno. Ma si può andare avanti con questo personaggio alla guida della capitale del Paese? Che per la sua immagine, da tempo alle ortiche, cerca di sfruttare persino il Santo Padre al punto da renderlo “furibondo”? E’ l’ulteriore regalo di una sinistra, che perde tutto il pelo, ma non il vizio di barare. Si può andare avanti, in vista del Giubileo, con questo tragi-comico involontario che Crozza sbertuccia (e lui ride in studio), contro l’incapacità del quale si sono sollevati, come non è accaduto mai, Gassman, Proietti, Ramazzotti, Verdone, Nancy Brilli … mentre ovunque cittadini volontari sono costretti ad organizzarsi per migliorare il decoro di una metropoli stuprata. Va bene la trasparenza di cui si riempie la boccuccia, anche se nel 2014 era cambiato poco o niente sotto di lui. Ma il resto? Traffico sempre in tilt, Colosseo chiuso, marciapiedi impraticabili (specie peri i disabili), asfalto da percorso di guerra, erbacce ovunque, giardini ed aiuole abbandonati, relitti e carcasse lungo le strade, sporcizia da ogni parte, funerali da camorra, gladiatori protervi,i cani che lordano ogni angolo della città, autobus e metro impraticabili, allagamenti al primo scroscio di pioggia … Vorrei ricordare qualcosa di positivo di Marino. Non ci riesco. Ricordo solo una panda rossa in sosta vietata, una barba cresciuta a coprire il nulla, una felicità ridens per le coppie gay, una comunella con i rom, l’inaugurazione dei nasoni tecnologici per l’acqua … E le assenze? Un’infinità e tutte in circostanze fondamentali. Mai un salutare mea culpa. Anzi ogni volta replica stizzito dando la colpa agli altri. Un fenomeno di trasformismo, un primo attore degno di Zelig. Ma in fondo la colpa non è tutta sua. E’ che si confonde. Ignazio di Loyola è il fondatore dei Gesuiti, Bergoglio è gesuita, ergo anche lui l’Ignazio ridens fa parte della cerchia. Senza contare un altro Ignazio, il torero al quale si ispirò Garcia Lorca per il celebre “alle cinque della sera”.
Alle cinque della sera,
eran le cinque in punto della sera.
Un bambino portò il lenzuolo bianco, alle cinque della sera.
Per coprire il cadavere di Roma
infilzata da Ignazio
È ritornato l’imbellino semper ridens, il primo cittadino di Roma (si fa per dire). Gabrielli ha detto di averlo sentito fra “un’immersione e l’altra” per ricordare ironicamente le sue capacità di sottomarino. Forse profetizzava il fatto che sono bastati un giorno e la prima pioggia perché la città sia già sott’acqua. Ma lui ride felice, giulivo e giocondo, il Monno Liso. Nei giorni scorsi si è parlato molto delle sue assenze. Il Prefetto ha detto che di sindaco ce n’è uno solo (basta e avanza), ma ha perfidamente rammentato che nel suo ruolo può sciogliere il Campidoglio. Imbellino è sceso dall’aereo ed è andato ruffianamente con la cravatta rossa alla manifestazione antimafia. Uniche parole “Roma ha sconfitto fascismo e nazismo, sconfiggerà anche le mafie”. Il più becero tentativo di captatio benevolantiae di fronte ad un pubblico che lo fischiava e a qualcuno che spudoratamente scandiva il suo nome, in perfetta claque a pagamento. D’altronde non ci si può permettere di defenestrarlo con un Giubileo alle porte. Gli hanno messo il tutor, la balia, la badante e chi più ne ha più ne metta. Ha capito l’antifona? Sicuramente, ma come sempre ha fatto finta di non capire e sorride, sorride beato. Tanto ha compreso che anche a sinistra il rospo debbono ingoiarlo. Inoltre sta preparando un libro-vendetta-ricatto un po’ come la moglie di Hollande e qualcuno probabilmente trema. Tanto più che, come ha rincarato lo squaletto ex capo della Protezione civile, “ha una mentalità da chirurgo”. Taglia e cuce. Che cosa ha voluto dire esattamente Gabrielli? Certo non voleva essere un complimento. Ma lui se la ride. Almeno da medico, con tutte le tegole che si tira addosso e nello sfacelo di Roma, ci può consigliare il suo elisir della risata? E ti prego imbellino evita una nuova vacanza. Sarà un caso, ma come sparisce in città succede qualcosa di grave. Che avesse il sesto senso degli animali che avvertono prima del tempo i terremoti e se la squagliano veloci?
L’imbellino Ignazio è lontano in quel degli Stati Uniti. Dopo essere diventato rosso (si fa per dire) sulle spiagge immacolate delle Bahamas. Continuando una meritata (si fa per dire) vacanza. Pare che sia la cosa che gli riesca meglio. Perché se alcuni in odore di santità (non è il suo caso) sono celebri per il loro dono dell’ubiquità, il primo cittadino (si fa per dire) di Roma comincia diventare a famoso per il dono della dis-ubiquità. Perché ha la capacità di smaterializzarsi nei momenti più importanti, critici e cruciali del suo ufficio (si fa per dire). Alluvione? L’imbellino-sottomarino è negli Stati Uniti. Rivolta di Tor Sapienza? L’imbellino è a Londra. Black bloc a Porta Pia? L’imbellino è ad Auschwitz . I vigili spariscono a Capodanno? L’imbellino è a Boston. Mafia capitale? L’imbellino è a Parigi. Funerale Casamonica? L’imbellino è ai Caraibi. Si discute in Parlamento “il caso Roma”. L’imbellino non ci sarà. Assenteista a tempo pieno. Probabilmente verrà espropriato di molte competenze, Giubileo compreso, per la sequenza di assenze: un filotto diabolico. D’altronde il coraggio se uno non ce l’ha non se lo può dare. Dicono che Marino sia onesto (fallo pure disonesto). Dicono che sia un bravo chirurgo. Per ora sta amputando l’immagine di Roma. Basta guardarsi attorno. Ma lui non se ne avvede. Risponde sgarbatamente ad una anziana signora che glielo fa notare, rispolvera lo slogan sporco di sangue del “carogne tornate nelle fogne”. Solo per questo dovrebbe essere cacciato con un calcio nel sedere. Non si scherza con gli anni di piombo. Eppure è strano. Dovrebbe saper tutto della medicina. Ma un buon neurologo (se mai anche gay) non glielo ha consigliato nessuno?
Se non fosse stata una disgustosa, incredibile realtà sarebbe sembrata un ripresa cinematografica degna del set della “Roma” di Fellini. O una scena da farsa all’italiana con il padrino de noantri. Compresa la carrozza trainata da sei cavalli neri, la stessa usata per la morte di Totò. In una enfatizzazione pacchiana della morte del boss del clan, accompagnato dalla banda sulle note proprio del “Padrino” e di “My way”di Frank Sinatra, altro idolo in odore di mafia. In una sfilata senza fine di Rolls Royce, Porsche, Mercedes, la pulizia dell’Ama, scorte di carabinieri e di vigili urbani, il traffico bloccato. E dall’alto, da un elicottero senza permessi di sorvolo, una pioggia di petali di rose nemmeno Vittorio Casamonica “spaccaossa” fosse la Madonna. Un papa laico e criminale lo era, come nei cartelloni affissi sul sagrato della Chiesa di Don Bosco. Vestito di bianco come un cherubino, croce di diamanti sul petto, sotto di lui San Pietro e il Colosseo e la scritta “Il re di Roma, hai conquistato Roma, conquisterai il paradiso”. Un epitaffio che offende anche il cielo. Una funzione in pompa magna e volgare officiata da un prete-don-Abbondio, come venti anni fa per un altro Casamonica, come per Lucky Luciano. Un’ostentazione di impunità, di prepotenza, di arroganza a dispetto delle condanne. In barba a tutte le leggi, perché la legge siamo noi. Le autorità a ogni livello disinformate, ignare. Colluse? Nemmeno fossimo in un paese del Terzo Mondo. Ormai tutto stivale, con le processioni che fanno gli inchini, di fronte ai racket è unito, controllato, soggiogato. Lo sanno i capicosca, lo sanno molti degli stranieri che da tutte le latitudini arrivano per entrare nella terra dello Stato-nessuno. E se il Nord si vanta per l’Expo, mosca bianca in un paese dimezzato, nella capitale stuprata si continua ad assistere al reality-spettacolo della “grande schifezza”. Perché i mille Casamonica abbiano messo in piedi una fortuna da nababbi esibizionisti (90 milioni di euro, ma risultano nullatenenenti) le autorità lo sanno. Ma i discendenti continuano a sbraitare in Tv da agnelli sacrificali lanciando a destra e a manca maledizioni di morte, come è nella loro cultura di sinti-nomadi. Zingari venuti da un Abruzzo forte e gentile. Loro si sono votati solo alla forza e alla gentilezza per gli affiliati e i famigli, disposti solo e in ogni caso ad obbedire e a delinquere. Una grande famiglia, pare mille persone. La famiglia: croce e delizia del Dna italico. Tutti in Italia “teniamo famiglia”. Pronti in nome della famiglia a qualsiasi nefandezza. Per cui non meravigliamoci se l’Europa ci tiene alla porta. Per loro restiamo una famiglia inaffidabile: mafia, pizza e mandolino. D’altronde facciamo di tutto per continuare a meritarcelo.